LA II CORTE D'ASSISE D'APPELLO Ordinanza nel procedimento a carico di Tomassoli Massimiliano Fabio imputato del delitto di cui agli artt. 575 codice penale e 4 legge n. 110/75, nato a Roma il 18 luglio 1965. Ha pronunciato la seguente ordinanza 1. - La difesa dell'imputato nei motivi di appello ed all'udienza odierna, prima dell'apertura del dibattimento, ha chiesto che sia dichiarata la nullita' della sentenza pronunciata in data 14.12.1994 dalla Corte di assise di Novara, rilevando che il presidente, in precedenza, aveva partecipato in qualita' di presidente del tribunale del riesame alla decisione emessa sulla richiesta ai sensi dell'art. 309 di riesame del provvedimento cautelare, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Novara, nei confronti del Tomassoli, indagato per il delitto di cui agli artt. 575 codice penale e 4 legge 110/75. In subordine ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' che possa partecipare al giudizio il giudice che abbia proceduto, come nella specie, al riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva ai sensi dell'art. 309 dello stesso codice in riferimento agli artt. 97 e 101 della Costituzione. 2. - L'eccezione di nullita' e' infondata. Il codice di procedura penale vigente ha ribadito all'art. 177 c.p.p. il principio di tassativita' delle nullita', nel senso che l'inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento e' causa di nullita' soltanto nei casi previsti dalla legge. L'art. 34, secondo comma, nella sua attuale formulazione, non prevede che non possa partecipare al giudizio il giudice che, in qualita' di componente del tribunale ha partecipato al riesame delle ordinanze che dispongono una misura cautelare. Pertanto deve escludersi che sussista nullita', della sentenza e degli altri atti compiuti dalla Corte di assise di Novara per violazione dell'art. 178 comma 1 lett. a) o qualsiasi altra nullita'. Ne' puo' questa Corte, per il principio di tassativita', dichiarare la nullita' della sentenza impugnata sulla base della sentenza n. 432/1995 della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede che possa partecipare al giudizio il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato, poiche' tale sentenza opera solo nei limiti indicati nel dispositivo della sentenza stessa. 3. - La questione di legittimita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., sollevata, in subordine dalla difesa, non e manifestamente infondata ed e' rilevante ai fini del giudizio. La Corte costituzionale con sentenza del 30 dicembre 1991 n. 502 dichiaro' non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 secondo comma, nella parte in cui non prevede che possa partecipare al giudizio il giudice che abbia proceduto al riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva personale ai sensi dell'art. 309 dello stesso codice con riferimento agli artt. 76 e 25 Cost. La stessa Corte, chiamata, in prosieguo, ad esaminare la materia delle incompatibilita' ha enucleato alcuni principi di base che unitamente al mutamento del quadro normativo a seguito della legge 8 agosto 1995 n. 332, che costituiscono utili punti di riferimento per la valutazione delle possibili situazioni di asserita incompatibilita', non previste dall'art. 34, secondo comma del codice. 4. - L'analisi del problema delle incompatibilita' disciplinate dall'art. 304, secondo comma, come la Corte ha sottolineato, con particolare ampiezza nella sentenza n. 432/95 la - piu' recente in ordine di tempo - non si esaurisce e non puo' esaurirsi nell 'esame della differenza tra valutazioni di tipo indiziario, che vengono compiute in sede di indagini preliminari, e giudizio sul merito dell'accusa all'esito del dibattimento, ma deve anche considerare, piu' specificamente, la possibilita' che alcuni apprezzamenti sui risultati delle indagini preliminari determinino una anticipazione di giudizio suscettibili di minare l'imparzialita' del giudice. Se e' vero, infatti, che le situazioni processuali prese in esame, quali quella della decisione circa l'applicazione, il mantenimento o la revoca di una misura cautelare personale e quella della decisione di merito sulla fondatezza dell'accusa esistono evidenti differenze, nondimeno occorre prendere atto che i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'art. 375 c.p.p. primo comma per l'applicazione o il mantenimento di misure cautelari si sostanziano pur sempre in una serie di elementi probatori individuati nel corso delle indagini preliminari, idonei a supportare il giudizio di una consistente ragionevole probabilita' di colpevolezza dell'imputato. Pertanto e' quantomeno possibile che, in siffatte ipotesi, si verifichino i medesimi effetti che l'art. 34 mira ad impedire e cioe' che la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato sia o possa apparire condizionata dalla precedente conoscenza degli atti da parte del giudice, e del giudizio da lui espresso, nella fase delle indagini preliminari e concernente la sussistenza di gravi indizi circa la colpevolezza dell'imputato. 5. - In questa ottica, la questione sollevata dalla difesa dall'imputato, cui ha aderito il p.g. appare non manifestamente infondata. Il tribunale del riesame - che ai sensi dell'art. 309 c.p.p. puo' confermare, revocare o modificare il provvedimento cautelare emesso dal g.i.p. - e' chiamato a compiere una valutazione, ancor piu' pregnante (perche' deve tenere conto anche degli elementi di prova emergenti dagli atti e sui quali si fonda il provvedimento coercitivo, oltre che degli elementi eventualmente prospettati in udienza dal p.m. e dalla difesa) di quella che compiuta dal giudice delle indagini preliminari, al momento dell'emissione del provvedimento, sottoposto a riesame, sicche' anche nell'ipotesi esaminata - e cioe' di partecipazione di uno dei componenti il tribunale che ha esaminato l'ordinanza applicativa della misura cautelare personale e, successivamente partecipa al giudizio, contro la stessa persona, si prospetta una situazione simile o identica a quella presa inconsiderazione dalla Corte nella sentenza n. 432/95. Ne deriva che l' art .34, secondo comma, considerato sotto questo profilo, potrebe essere in contrasto con il principio enunciato dall'art. 3, 25 e 76 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale uno dei componenti del tribunale, che ha partecipato al riesame della misura cautelare, nei confronti dell' imputato. La questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa e' rilevante ai fini del giudizio e non e' manifestamente infondata.