IL PRETORE
   Visti:
     gli atti difensivi delle parti;
     l'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903;
     la   sentenza   29-31   dicembre   1993,   n.   495  della  Corte
 costituzionale;
     l'art. 23 e l'art. 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87;
     l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1;
     l'art. 1 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1;
     gli artt. 70, 71, 72, 73, 81, 101, 102, 104, 111, 134, 136 e  137
 della Costituzione;
   Ha pronunciato, dandone integrale lettura, la seguente ordinanza ai
 sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e
 dell'art.  23  della  legge  11 marzo 1953, n. 87, di rimessione alla
 Corte costituzionale di  questioni  di  legittimita'  costituzionale,
 rilevate  d'ufficio,  nella  causa  r.g.  n.  4464/95,  in materia di
 previdenza  ed  assistenza  obbligatoria,   promossa   da   Gregorini
 Giovanna,  elettivamente  domiciliata  in Brescia presso l'avv. Luigi
 Gritti e la dott.ssa Antonella Podavitte, i quali la rappresentano  e
 difendono  in  forza  di procura a margine dell'atto introduttivo del
 giudizio, ricorrente, contro l'I.N.P.S. -  Istituto  nazionale  della
 previdenza   sociale,   in   persona   del   presidente  pro-tempore,
 rappresentato e difeso dai dott.  procc.    Oreste  Manzi  e  Alfonso
 Faienza,  procuratori  per mandati alle liti a rogito del dott. Lupo,
 notaio  in  Roma,  con  domicilio  eletto  nel  proprio  ufficio   di
 avvocatura in Brescia, via Cefalonia n. 49, convenuto.
   1.  -  Brevi premesse sulle deduzioni e conclusioni formulate dalle
 parti in causa.
   Nelle conclusioni la parte ricorrente chiede a questo  pretore,  di
 dichiarare  il  diritto di parte ricorrente alla riliquidazione della
 pensione  di  reversibilita'  in  base  alla  sentenza  della   Corte
 costituzionale  n.  495/93  di  cui  alla  narrativa del ricorso, con
 conseguente fruizione della prestazione  pensionistica  spettante  ai
 superstiti  in  ragione  del  60% della pensione diretta integrata al
 minimo gia' in godimento e che sarebbe spettata al coniuge  deceduto,
 oltre  alla  perequazione  automatica  alle  scadenze  di  legge;  di
 dichiarare il conseguente diritto della ricorrente a percepire  tutti
 gli  arretrati  nell'ambito  della  prescrizione  decennale o, in via
 subordinata nei limiti della decadenza triennale (?) ex art. 6  della
 legge  n. 166/1991; di condannare  l'INPS al pagamento a favore della
 ricorrente di tutte le somme dovute per il riconoscimento dei diritti
 di cui sopra, oltre i danni da svalutazione  monetaria  ed  interessi
 legali  con  decorrenza  dal  centoventunesimo giorno successivo alla
 domanda amministrativa (ai sensi dell'art. 7 della legge n.  533/73),
 in  applicazione  delle  sentenze  n.  156/91 e n. 394/92 della Corte
 costituzionale, nonche' al pagamento delle spese, diritti ed  onorari
 di giudizio, con distrazione a favore dei procuratori antistatari.
   L'INPS,  ha  espresso le seguenti, riportate testualmente, graduate
 conclusioni: respingere il ricorso "in via preliminare,  per  carenza
 dei requisiti fattuali di cui alle premesse di fatto necessari.
   Nel   merito:  respingere  il  ricorso  siccome  inammissibile  per
 scadenza del termine di decadenza  per  agire  in  giudizio  previsto
 dalle vigenti disposizioni.
   In  via subordinata: respingere la domanda per carenza di interesse
 in quanto il  ricorrente  gode  di  pensione  di  reversibilita'  per
 importo integrato al minimo o superiore.
   Respingere   la   domanda   di  riliquidazione  della  pensione  di
 reversibilita' rapportata al trattamento minimo del  dante  causa  in
 quanto riferita a periodi anteriori alla pubblicazione della sentenza
 della Corte costituzionale in materia".
   L'istituto  resistente  ha, inoltre, pur senza addurre argomenti di
 supporto, senza assumere conclusioni  specifiche  e  senza  sollevare
 formale  eccezione  di  legittimita'  costituzionale,  sostenuto  che
 l'interpretazione dell'art. 22 della legge n.  903/1965  nei  termini
 additivi  voluti dalla sentenza 495/93 srebbe, comunque, in contrasto
 con l'art. 81 della Costituzione.