LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza. Letta l'istanza proposta ex art. 49, comma II c.p.p. da Pahor Samo, confermata e ribadita all'odierna udienza, appellante avverso la sentenza di data 16 febbraio 1988 del tribunale di Trieste che lo aveva condannato alla pena di mesi 5 di reclusione per i reati di cui agli artt. 337, 582, 585 in relazione all'art. 576 n. 1, 61 n. 2 e 10 c.p., e con la quale si chiede la remissione del presente procedimento alla Corte di cassazione in quanto, asseritemente, fondata su fatti nuovi rispetto a quelli precedentemente fatti valere; vista la eccezione di incostituzionalita' degli artt. 46, 47 e 49 c.p.p. sollevata all'odierna udienza dal p.g. con riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 97, 101 e 112 Cost.; Rilevato che l'imputato con atti del 9 marzo 1993 e del 5 ottobre 1993 ha proposto altre istanze di remissione che la Corte di cassazione con sentenze, rispettivamente, del 5 maggio 1993 e 19 gennaio 1994 ha rigettato non ritenendo sussistere, nella fattispecie, motivi idonei alla transalatio iudicii, considerata dalla suprema Corte ipotesi del tutto eccezionale; Atteso che la predetta Corte ha fin qui sempre escluso ogni possibilita' di sindacato da parte del giudice di merito sulla ammissibilita' o meno della istanza di rimessione, anche nel caso, come quello in esame, di reiterazione della stessa fondata, come la presente, su motivi solo apparentemente nuovi (Cass. 3839/92 e 13 novembre 1990); Considerato che, con ordinanza del 2 dicembre 1993 questa Corte aveva espressamente, ed inutilmente, richiesto alla suprema Corte di cassazione, quale giudice delle leggi, di fornire espressamente la sua interpretazione della norma in esame, paventando anche il pericolo di una prossima prescrizione dei reati; Rilevato, peraltro, che una interpretazione come quella sin qui offerta dalla suprema Corte contrasta in modo palese con il principio della obbligatorieta' dell'azione penale (art. 112 Corte Cost.) evidente essendo che ove il giudice di merito dovesse limitarsi a trasmettere alla Corte di cassazione ogni istanza di remissione, pur infondata, l'imputato potrebbe fino alla maturazione della prescrizione, nella fattispecie di verificazione assai prossima, sottrarsi al processo ed al conseguente giudizio del giudice, rendendo vano, nella sostanza se non nella forma, il principio costituzionale di riferimento; che anche il principio e l'escamotage suggeriti dalle sez. un. della Cassazione (Cass. sez un. 6925/95) non appaiono assolutamente appaganti ed idonei a raggiungere il fine di giustizia sotteso alla presente denuncia di illegittimita' costituzionale; Atteso che l'incidente di costituzionalita' ha, quanto meno, il pregio della sterilizzazione del termine di prescrizione del reato (art. 159 c.p.), termine sempre piu' vicino alla consunsione; Ritenuto che con sentenza n. 460 datata 19-26 ottobre 1995 la Corte costituzionale ha dichiarato "inammissibile la questione di legittimita' Costituzionale degli artt. 46 comma 3 e 49 ultimo comma, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento all'art. 112 della Costituzione dalla Corte di appello di Trieste" in quanto, leggesi nella motivazione della citata sentenza, non era stato coinvolto nella denuncia della corte di merito l'art. 47, comma 1, del codice di rito, che sancisce per il giudice l'obbligo di fermarsi alle soglie della sentenza e perche' l'invocato principio costituzionale (art. 122) e' inidoneo, ad avviso della Corte, a garantire, oltre il momento iniziale dell'impulso dato dal pubblico ministero, l'efficienza del processo penale, che pure e' bene costituzionalmente protetto; Atteso che nulla impedisce a questa Corte di merito - come sembra suggerire anche la Corte costituzionale nella predetta sentenza - di "coinvolgere" nella presente denuncia di illegittimita' costituzionale anche il predetto art. 47 c.p.p. il quale, nell'imporre al giudice di merito di fermarsi alle soglie della sentenza, (di diverso parere sembra siano le sez. un. della Cassazione - sent. 12 maggio - 17 giugno 1995 n. 6925, citata) consente all'imputato remittente di conseguire comunque il fine (prescrizione del reato) per il quale propone reiteratamente l'istanza di rimessione, anche per avventura infondata; che, anche il richiamo all'art. 112 come parametro di riferimento che, ad avviso della Corte Costituzionale "sarebbe" inidoneo a garantire, oltre il momento di impulso iniziale dato dal pubblico ministero, l'efficienza del processo penale, che pure e' bene costituzionalmente protetto, va necessariamente ribadito ed ampliato sia perche' ritiene, da un lato, questa Corte che il predetto principio debba essere inteso come volto a tutelare non solo il momento di impulso ma anche i successivi svolgimenti processuali dell'azione penale, quanto meno fino a quanto una sentenza non sia stata pronunciata quale risposta all'impulso dato dal p.m. sia in quanto, dall'altro, appare opportuno affiancare ad esso il richiamo all'art. 101, comma 2, Costituzione dal momento che la normativa processual-penalistica denunciata finirebbe - in contrasto con il menzionato principio costituzionale - con l'assoggettare il giudice non soltanto alla legge bensi' anche alle iniziative piu' o meno legittime dell'imputato o di piu' imputati accomunati da un'unica strategia dilatoria, ed agli artt. 3 e 97 Cost., sotto il profilo della irragionevolezza delle disposizioni ordinarie in esame a garantire l'uguaglianza fra cittadini ed il perseguimento del fine "del buon andamento" della amministrazione della giustizia; che, infine, ritiene la Corte di poter qui invocare anche la violazione dell'art. 25, primo comma, Cost., laddove recita che "Nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge" evidente essendo che l'istituto della remissione consente che l'imputato, fruendo artatamente della prescrizione, si sottragga non solo al giudice assegnatogli dalla legge, bensi', in definitiva, ad ogni e qualsiasi giudice; che la questione insorta si pone come essenzialmente pregiudiziale e rilevante rispetto alla possibilita' di questo giudice a decidere la fattipecie in esame;