ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 22
 giugno  1988,  n.  221  (Provvedimenti  a  favore del personale delle
 cancellerie  e  segreterie  giudiziarie),  cosi'  come   interpretato
 dall'art.    3,  comma  61,  della  legge  24  dicembre  1993, n. 537
 (Interventi  correttivi  di  finanza  pubblica),  promossi  con   due
 ordinanze   emesse   entrambe   il  2  febbraio  1994  dal  Tribunale
 amministrativo  regionale  del  Lazio  rispettivamente  sui   ricorsi
 riuniti  proposti  da Patrizia Degano ed altri contro il Ministero di
 grazia e giustizia ed altri e sui ricorsi riuniti  proposti  da  Aldo
 Susi  ed altri contro il Ministero di grazia e giustizia, iscritte ai
 nn. 479 e 755 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della  Repubblica  nn.  37  e  47,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  costituzione  di  Salvatore  Ambrosino  ed altri
 nonche' gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 10 gennaio 1996 il Giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
   Ritenuto che con due ordinanze di identico contenuto, emesse  il  2
 febbraio  1994  nel corso di altrettanti giudizi promossi da numerosi
 dipendenti del Ministero di grazia e giustizia e pervenute alla Corte
 costituzionale rispettivamente il 13 luglio e l'11 ottobre 1995 (R.O.
 nn. 479 e 755 del 1995), il Tribunale  amministrativo  regionale  del
 Lazio   ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  36  della
 Costituzione, questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1
 della  legge  22  giugno  1988,  n.  221  (Provvedimenti a favore del
 personale delle cancellerie e  segreterie  giudiziarie),  cosi'  come
 interpretato dall'art.  3, comma 61, della legge 24 dicembre 1993, n.
 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica);
     che   l'art.  3,  comma  61,  della  legge  n.  537  del  1993  -
 autoqualificandosi come norma interpretativa dell'art. 1 della  legge
 n.  221  del  1988,  con  il quale e' stata estesa al personale delle
 cancellerie e segreterie giudiziarie  l'indennita'  attribuita  dalla
 legge  19  febbraio  1981,  n.  27  ai  magistrati  -  stabilisce che
 l'indennita' corrisposta al personale amministrativo  giudiziario  e'
 da  considerare nella misura vigente alla data 1 gennaio 1988, quindi
 senza l'adeguamento automatico triennale previsto per i magistrati;
     che,  secondo  le  ordinanze  di  rimessione,   l'interpretazione
 imposta    dalla    norma   denunciata,   discostandosi   da   quella
 giurisprudenziale   e   non   consentendo   l'adeguamento   periodico
 dell'indennita',   determinerebbe   una   lesione  del  principio  di
 eguaglianza  (art.  3  della  Costituzione),  giacche'  non   sarebbe
 ragionevole   la   diversita'  di  trattamento  del  personale  delle
 cancellerie e segreterie giudiziarie,  rispetto  ai  magistrati,  nel
 calcolo  di  indennita'  riferite ad attivita' connesse.   Inoltre la
 progressiva svalutazione dell'emolumento,  non  giustificata  da  una
 corrispondente   diminuzione   quantitativa   e   qualitativa   delle
 prestazioni richieste al  personale  amministrativo  giudiziario  ne'
 collegata  a  situazioni  di  emergenza,  lederebbe  il  principio di
 adeguatezza e proporzionalita'  della  retribuzione  (art.  36  della
 Costituzione);
     che   in  entrambi  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza
 delle questioni di legittimita' costituzionale, del tutto analoghe ad
 altre in precedenza decise dalla Corte con  la  sentenza  n.  15  del
 1995;
     che  in uno dei giudizi (r.o. n. 755 del 1995) si sono costituite
 alcune  delle  parti  private  del  processo  principale,   chiedendo
 l'accoglimento della questione, in quanto l'interpretazione autentica
 disposta  dall'art.  3, comma 61, della legge n. 537 del 1993 sarebbe
 irragionevole ed in contrasto con i  principi  di  eguaglianza  e  di
 proporzionalita' della retribuzione.
   Considerato  che  i  due  giudizi,  avendo  ad  oggetto le medesime
 disposizioni e proponendo questioni identiche, possono essere riuniti
 per essere decisi congiuntamente;
     che una questione di legittimita' costituzionale analoga a quelle
 ora  sollevate  e'  stata  gia'  dichiarata  non  fondata dalla Corte
 (sentenza n. 15 del  1995).  L'art.  3,  comma  61,  della  legge  24
 dicembre  1993, n. 537, che interpreta l'art. 1 della legge 22 giugno
 1988, n. 221, non irragionevolmente esclude l'estensione al personale
 amministrativo del sistema di adeguamento automatico  dell'indennita'
 previsto  per  i  magistrati: la diversita' di regime giuridico delle
 indennita' in questione e' giustificata dalla mancanza di omogeneita'
 tra le due diverse categorie di dipendenti e dal  diverso  meccanismo
 di determinazione del loro trattamento retributivo, basato solo per i
 magistrati sull'aggiornamento periodico nella misura percentuale pari
 alla  media  degli  incrementi  realizzati  dai  pubblici dipendenti,
 anziche' sulle regole comuni del pubblico impiego applicate invece al
 personale amministrativo giudiziario;
     che, inoltre, il  principio  di  proporzionalita'  e  sufficienza
 della  retribuzione  non  implica  l'indicizzazione  delle indennita'
 corrisposte, dovendo in ogni caso essere valutata la retribuzione nel
 suo complesso e non con riferimento ad uno solo  degli  elementi  che
 concorrono a comporre il trattamento retributivo totale;
     che  analoghe  questioni  sono  state  dichiarate  manifestamente
 infondate (ordinanze nn. 451 e 98 del 1995);
     che non vengono ora addotti profili nuovi e  diversi  rispetto  a
 quelli gia' esaminati dalla Corte;
     che,    conseguentemente,    le    questioni    di   legittimita'
 costituzionale devono essere dichiarate manifestamente infondate.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.