ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  560,  561  e
 562  del  codice  di  procedura  penale, in relazione agli artt. 554,
 comma 1, e 555 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza
 emessa il 9 maggio 1995 dal Pretore di Torino nel procedimento penale
 a  carico  di  Tuorto  Domenico,  iscritta  al  n.  438  del registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 24 gennaio 1996 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto che  il  Pretore  di  Torino  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale degli artt. 560, 561 e 562 del codice di
 procedura penale, in relazione agli artt. 554, comma 1, e  555  dello
 stesso codice, nella parte in cui consentono al pubblico ministero di
 emettere  direttamente  ed  autonomamente  il  decreto di citazione a
 giudizio dell'imputato, deducendone il contrasto:
     1) con l'art. 3 della Costituzione, in quanto l'eventuale carenza
 di indagini  del  pubblico  ministero  non  puo'  essere  colmata,  a
 differenza  di  quanto  avviene  nei  procedimenti  di competenza del
 tribunale, con nessun meccanismo  di  integrazione  probatoria  prima
 della  citazione a giudizio, con negativi riflessi sulla possibilita'
 di celebrare il giudizio abbreviato;
     2) con l'art. 24 della Costituzione, in quanto nel rito pretorile
 sussiste una "impossibilita'  di  integrazione  probatoria  da  parte
 della  difesa  prima  del  rinvio a giudizio" potendo l'imputato aver
 appreso dell'esistenza del procedimento soltanto con la  citazione  a
 giudizio;
     3)  con l'art. 76 della Costituzione, in relazione alla direttiva
 numero 37) della legge-delega 16 febbraio 1987, n.  81,  giacche'  il
 potere-dovere del pubblico ministero di compiere accertamenti anche a
 favore  dell'indagato  dovrebbe  comportare  un  adeguato  potere  di
 controllo da parte del giudice;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
   Considerato che il giudice a quo, nel censurare la  disciplina  che
 regola  il  provvedimento  di  rinvio  a  giudizio  nel  procedimento
 pretorile, omette di indicare  quale  dovrebbe  essere  la  soluzione
 costituzionalmente  imposta,  sicche' il quesito risulta formulato in
 termini tali da sollecitare l'adozione di una pronuncia  sui  generis
 secondo  linee  che  questa  stessa  Corte  e' invitata a ricercare e
 costruire;
     che,  d'altra  parte,   e'   lo   stesso   rimettente   ad   aver
 conclusivamente   osservato   come,  per  superare  lo  "sbarramento"
 determinato dalla mancanza della udienza preliminare nel procedimento
 davanti al  pretore,  si  sarebbe  potuto  introdurre  un  meccanismo
 analogo   a  quello  stabilito  per  il  giudizio  immediato,  ovvero
 prevedere  "altri  sistemi  di  controllo  da   parte   del   giudice
 sull'attivita'  del  pubblico  ministero, prima del rinvio a giudizio
 dell'imputato", rendendo cosi' evidente la pluralita' delle possibili
 opzioni secondo le quali pervenire alla auspicata ricomposizione  del
 sistema;
     che,  pertanto,  richiedendosi  a  questa Corte un intervento che
 rientra nella esclusiva sfera della discrezionalita' legislativa,  la
 questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.