IL TRIBUNALE Premesso che con ordinanza in data 4 maggio 1995, ai sensi dell'art. 309, il tribunale del riesame di Avellino confermava il provvedimento con cui e' stata disposta la applicazione nei confronti degli imputati della misura cautelare coercitiva della custodia in carcere, che del Collegio giudicante chiamato a svolgere le funzioni di giudice dibattimentale all'Udienza odierna fanno parte, in vesti di presidente e giudice a latere, i medesimi giudici che hanno composto il Collegio del tribunale di riesame che ebbe a pronunciare l'ordinanza di cui sopra; considerato che la Corte costituzionale, modificando il proprio precedente orientamento, espresso nella sentenza n. 502/1992, ha di recente dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma secondo, c.p.p. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il Giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato, sentenza n. 432/1995; Ritenuto che sia ravvisabile una palese analogia tra la situazione presa in esame dalla Corte e quella relativa al caso di specie, in quanto le valutazioni che il tribunale del riesame deve compiere, attraverso lo strumento del riesame, previsto dall'art. 309, configurato dal legislatore come mezzo di impugnazione di merito, hanno lo stesso oggetto relativamente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle altre condizioni legittimanti l'adozione della misura cautelare e sono dello stesso tenore di quelle che la Corte, con la sentenza n. 432/1995, ha reputato idonee a radicare in capo al g.i.p. una situazione di incompatibilita', fondata sul principio della cosiddetta prevenzione;