IL PRETORE
   Premesso:
     che in data 27  novembre  1995  e'  stata  celebrata  udienza  di
 convalida  dell'arresto  operato  dalla p.g. nei confronti di El Bani
 Labri, cittadino  non  appartenente  ai  paesi  dell'Unione  Europea,
 arresto  avvenuto  in data 26 novembre 1995 in stato di flagranza del
 reato di cui agli artt. 624, 625 n. 2 e 7, 81, secondo comma, c.p.;
     che nella medesima sede, in procinto di celebrare il  contestuale
 rito  direttissimo,  nella  fase  degli  atti  preliminari,  il  p.m.
 anticipava la sua richiesta di espulsione dello  straniero  ai  sensi
 dell'art.  7 del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489;
   Considerato  che nel caso in esame risulterebbe comunque adottabile
 un provvedimento di espulsione, ai sensi dell'art. 7 della  legge  n.
 39/1990,  come  sostituito  dall'art.  7, primo comma, della legge n.
 489/1990, cioe' l'espulsione  come  "pena  alternativa"  disposta  su
 richiesta di parte, e nello specifico dal p.m.;
   Rilevato quanto appresso esposto:
     a)  il recente d.-l. n. 489/1995 "Disposiziorn urgenti in materia
 di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso
 e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini  non  appartenenti
 all'Unione  Europea",  con  l'art.  7,  che  prevede l'espulsione dal
 territorio dello Stato e norme sanzionatorie, ha introdotto  profonde
 modifiche  all'art.  76  e  7-bis cosi' come formulati dal precedente
 decreto Martelli, convertito con legge n. 39/1990  e  successivamente
 in  parte  modificato  dal d.-l. n. 187/1993, convertito con legge n.
 290/1993.
   L'art. 7 nella nuova formulazione, prevede  cosi'  al  primo  comma
 l'espulsione quale misura di sicurezza sic et simpliciter applicabile
 agli  stranieri  ritenuti  socialmente  pericolosi  e che siano stati
 condannati o che abbiano patteggiato la pena ai sensi  dell'art.  444
 c.p.p. per uno dei reati di cui agli artt. 380 o 381 c.p.p.
   Ai sensi dell'art. 211 c.p., la misura di sicurezza aggiunta a pena
 detentiva  va eseguita dopo l'esecuzione della pena o dopo l'avvenuta
 estinzione di questa. Percio'  presupposto  indefettibile,  anche  ai
 fini  dell'ipotesi  che  qui  rileva, e' che la condanna sia divenuta
 irrevocabile, cosi' da dar luogo all'espiazione della pena inflitta.
   Tale presupposto, invece, sembra essere stato del tutto pretermesso
 dall'art. 7, primo comma, del d.-l. n. 489/1995 laddove questa norma,
 rubricata "espulsione come misura di  sicurezza",  non  preveda,  per
 l'appunto che la condanna dello straniero o l'applicazione della pena
 patteggiata  ex art. 444 c.p.p., debbano essere definite con sentenza
 irrevocabile.
   Una  siffatta  disposizione  appare  a  questo  giudice  in  palese
 contrasto con l'art. 27, primo comma, della Costituzione.
   Infatti,  l'espulsione  anticipata  dello straniero, come misura di
 sicurezza applicabile in  mancanza  dell'accertamento  definitivo  ed
 incontrovertibile della sua penale responsabilita', sembra rispondere
 esclusivamente  ad  una funzione di prevenzione e repressione sociale
 del fenomeno immigratorio, funzione afflittiva  e  sanzionatoria  nei
 confronti   dell'extracomunitario,   in   totale  spregio  della  cd.
 "presunzione di innocenza", enunciata  dall'art.  27,  secondo  comma
 della Costituzione.
   Allo  stesso  tempo,  l'art.  7, primo comma, del d.-l. n. 489/1995
 viola anche il principio di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
 Costituzione   in  quanto  priva  di  giustificazione  e'  la  palese
 disparita'  di   trattamento   riservata   al   cittadino   straniero
 extracomunitario  che,  comunque  destinatario della norma penale, in
 quanto presente sul  territorio  nazionale,  e  quindi  sottoposto  a
 procedimento penale, subisce, per effetto di questa nuova disposinone
 di  legge,  l'esecuzione  preventiva  di  una  misura di sicurezza in
 mancanza di una sentenza di condanna definitiva;
     b) nel caso in esame, stante  l'avvenuto  arresto  in  flagranza,
 nonche'   la  richiesta  del  p.m.  in  ordine  all'espulsione  dello
 straniero troverebbe comunque applicazione, quale norma rilevante  ai
 fini del procedimento a quo, la disposizione di cui all'art. 7, comma
 3  del  d.-l. n. 489/1995, "Espulsione a richiesta di parte", in base
 alla  quale,  nei  confronti  degli  stranieri arrestati per un reato
 diverso da quelli elencati all'art. 407, comma 2, n. 1, 2, 3, 4, 5, 6
 c.p.p., quale per l'appunto il furto aggravato per cui  e'  processo,
 e' disposta l'espulsione immediata con ordinanza motivata del giudice
 che   procede,  individuato  ex  art.  279  c.p.p.,  su  richiesta  o
 dell'interessato medesimo, o del suo difensore, o ancora del pubblico
 ministero.
   La presente disposizione che  va  ad  inserirsi  quale  art.  7-ter
 all'interno  della  legge  n.  39/1990,  riproduce nella sostanza una
 parte del contenuto del precedente art. 7, comma  12-bis  (comma  che
 era  stato  aggiunto dal d.-l. n. 187 del 1993) della legge Martelli,
 ora sostituito dal sopracitato art. 7,  comma  1,  d.-l.  n.  39/1990
 (espulsione quale misura di sicurezza).
   Tale  art.  7-ter  introduce pero' due importanti novita': la prima
 consiste nel fatto che l'espulsione a richiesta  di  parte  ora  puo'
 essere  disposta anche nei casi di arresto in flagranza, oltre che di
 applicazione della custodia cautelare, e che la parte  legittimata  a
 fare  richiesta  non  e'  piu'  solo il diretto interessato, cioe' lo
 straniero o il suo difensore, ma anche il p.m.
   La natura e la funzione di questa fattispecie di espulsione non  e'
 chiara.
   La  ratio  sottesa  all'art. 7, comma 12-bis e segg. introdotti dal
 d.-l.  n.  187/1993  si  deve  rinvenire  nel  fine  di  ridurre   il
 sovraffollamento  delle  carceri, dando allo straniero la facolta' di
 richiedere, in alternativa alla custodia cautelare o alla detenzione,
 l'espulsione dal territorio nazionale.
   Si trattava pertanto di una peculiare figura di pena  "alternativa"
 alla  detenzione,  applicabile  anche  ante  judicium,  in virtu' del
 principio  del  favor  rei,  essendone  presupposto   necessario   la
 manifestazione   della  volonta'  in  tal  senso  dell'imputato,  non
 potendosi altrimenti pervenire al  provvedimento  di  espulsione  per
 impulso dell'ufficio giudicante o del p.m.
   La  nuova  disposizione  normativa  introdotta  dal  decreto-legge,
 altera radicalmente la struttura della norma, introducendo con l'art.
 7-ter la facolta' di chiedere l'espulsione dello straniero  anche  in
 capo al pubblico ministero, nella fase ante judicium o comunque anche
 in   assenza  di  condanna  divenuta  definitiva,  perdendo  cosi'  i
 connotati e le finalita' proprie della pena alternativa.
   Dovendosi  pertanto  configurare   alternativamente   come   misura
 alternativa  o  misura  di sicurezza, il terzo comma, dell'art. 7-ter
 introdotto dall'art. 7, terzo comma, d.-l.  n.  89/1995  si  pone  in
 contrasto con gli artt. 3 e 27, secondo comma, della Costituzione per
 l'ingiustificabile  e  irragionevole  violazione  del principio della
 presunzione di non colpevolezza, dovendosi al riguardo richiamare  le
 osservazioni di cui al punto a).