IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza  visti  gli  atti  del
 procedimento a carico di Fortunato Giovanni, attualmente in stato  di
 arresti  domiciliari  presso la sua abitazione, imputato dei reati di
 cui agli articoli 56, 629 c.p.  e 4 della legge n. 110/1975;
   Rilevato che questo giudice ha  applicato  misura  di  custodia  in
 carcere  all'esito  dell'udienza di convalida del fermo di p.g. e che
 detta misura e' stata tramutata dal tribunale del riesame in  arresti
 domiciliari;
   Rilevato  che  alla odierna udienza preliminare l'imputato ha fatto
 richiesta di rito abbreviato, che il p.m. ha prestato il suo consenso
 e che questo giudice ha ammesso il  rito  ritenendo  il  procedimento
 definibile allo stato degli atti;
   Rilevato  che a questo punto il difensore ha sollevato eccezione di
 incostituzionalita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. in  relazione
 agli  articoli  3,  24,  secondo  comma,  e  25,  primo  comma, della
 Costituzione, nella parte in cui non prevede  la  incompatibilita'  a
 partecipare  al rito abbreviato del g.i.p. che ha applicato nel corso
 delle indagini la misura cautelare, richiamando  il  contenuto  della
 sentenza della Corte costituzionale n. 432/1995 e alcune ordinanze di
 rimessione gia' pronunciate da altri giudici sullo stesso argomento;
                             O S S E R V A
   La  richiesta avanzata dalla difesa e basata sui principi affermati
 dalla Corte con la decisione n. 432/1995 impongono e rendono doverosa
 la  prospettazione  del  dubbio  di  costituzionalita'  anche   della
 situazione del g.i.p. che dopo aver emesso una misura cautelare venga
 poi  chiamato a celebrare il rito abbreviato. Tale necessita' nasce a
 parere di chi  scrive  dall'invito,  implicitamente  ma  chiaramente,
 contenuto  nella  sentenza  citata ad affrontare da parte dei giudici
 anche questo sospetto di illegittimita' costituzionale fondato  sulla
 "possibilita'  che  alcuni apprezzamenti sui risultati delle indagini
 preliminari determinino un'anticipazione di giudizio suscettibile  di
 minare  l'imparzialita'  del  giudice".  L'intera  sentenza riferisce
 chiaramente di analogie tra il caso trattato e quello attuale  e  con
 il richiamo alla necessita' di riaffermare i valori costituzionali di
 un  giusto  processo  impone  implicitamente  al  singolo giudice, su
 richiesta di un imputato detenuto, di sollevare la questione.
   In via  preliminare  tuttavia,  questo  giudice  ritiene  di  dover
 valutare   anche   gli   elementi   che   militano   a  favore  della
 costituzionalita' della norma e segnala le seguenti osservazioni:
     il rito abbreviato e' si un giudizio di merito, ma per sua natura
 celebrato da un giudice che deve conoscere tutti gli atti  d'indagine
 compiuti  dal p.m. e ora, a seguito della modifica dell'art. 38 disp.
 trans., anche dalla difesa, e in cio'  si  distingue  totalmente  dal
 giudizio ordinario;
     i  motivi  per  i quali il legislatore aveva previsto questo rito
 erano di dare all'imputato la  possibilita'  di  scegliere  se  farsi
 giudicare o meno da un giudice che avesse cognizione piena e non solo
 eventualmente  parziale degli atti d'indagine compiuti, ed infatti il
 rito e' una scelta dell'imputato;
     questa  incompatibilita'  creerebbe,  soprattutto   nei   piccoli
 tribunali nei quali spesso vi e' un unico g.i.p., due figure distinte
 quella  del giudice delle indagini e quella del giudice dell'udienza,
 e cio' oltre che determinare gravi problemi organizzativi, sarebbe in
 contrasto col principio di unicita' del giudice;
     la   suddetta   impostazione   comporterebbe   come   conseguenze
 inevitabili  ulteriori  frazionamenti  delle indagini perche' vi sono
 altre decisioni che impongono al giudice di effettuare la valutazione
 sui gravi indizi, come ad esempio le intercettazioni telefoniche;
     l'incompatibilita' dovrebbe necessariamente investire non solo il
 giudice che ha applicato la misura ma anche quello  che  comunque  ha
 deciso  su  una  misura,  ben  potendo  esserci  casi  nei  quali pur
 valutandosi i gravi indizi non  si  ritenga  sussistano  le  esigenze
 cautelari,  ed  anche  il  giudice  che  ha rigettato la richiesta di
 applicazione della misura in quanto ha comunque espresso un  giudizio
 sulla  non  esistenza  di gravi indizi, e tutto cio' distruggerebbe i
 principi di economicita'  delle  risorse  umane  nella  gestione  dei
 procedimenti  ed  in  ultimo  l'intera  impostazione  del  codice  di
 procedura;
     in  molti  casi  concreti non e' affatto vero che il giudizio che
 presiede all'applicazione di una misura sia definitivo, ma spesso  e'
 basato  solo  su  atti forniti dalla p.g. o dal p.m. senza che si sia
 instaurato  alcun  contraddittorio  e  quindi  grazie  agli  obblighi
 imposti  dai  nuovi  articoli 291, primo comma, e 292, comma 2c-bis e
 2-ter c.p.p. la rivalutazione  dei  gravi  indizi  e  delle  esigenze
 cautelari  e'  divenuto  un principio inderogabile del sistema ed uno
 strumento di controllo;
     tale situazione diventa conclamata ogni qualvolta la misura viene
 applicata, come nel caso di specie, in sede di convalida dell'arresto
 o del fermo;
     la riforma della custodia cautelare che ha determinato la Corte a
 pronunciare   la   incostituzionalita'    richiamata,    mentre    ha
 profondamente   inciso  sulle  esigenze  cautelari  non  ha  innovato
 minimamente sulla valutazione  dei  gravi  indizi  se  non  imponendo
 obblighi di motivazione ulteriori e piu' specifici;
     la     totale    equiparazione    che    detta    eccezione    di
 incostituzionalita'  contiene  tra  giudice  che  conosce  e  giudice
 prevenuto  contravviene  a  ogni  principio deontologico, logico e di
 economia processuale.
   Queste obiezioni non consentono certo di eliminare il  sospetto  di
 incostituzionalita'  della  norma  e i principi del giusto processo e
 della imparzialita' assoluta del giudice richiamati dalla Corte nella
 sentenza impongono di  dichiarare  non  manifestamente  infondata  la
 eccezione  sollevata  dalla  difesa,  intendendosi  qui riportata per
 intero, questione inoltre chiaramente rilevante nel  procedimento  di
 cui ci si occupa.