IL TRIBUNALE
   Ha  pronunziato  la seguente ordinanza nel procedimento a carico di
 Buccino  Salvatore;  alla  pubblica  udienza  dibattimentale  del  15
 dicembre 1995;
   Premesso che:
     con  decreto  del 2 novembre 1995 emesio dal g.i.p. - sede veniva
 disposto il giudizio - innanzi a questa Sezione -  nei  confronti  di
 Buccino  Salvatore, in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 628,
 comma terzo, n. 1 c.p.; 61, n. 2, c.p., 10 e 14 legge n. 497/74;
     in data 13 luglio 1995 veniva emessa dal tribunale  del  riesame,
 composto  dai  medesimi  magistrati oggi investiti della celebrazione
 del  dibattimento  -  a  seguito  di  istanza  di   riesame   avverso
 l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal g.i.p. - sede
 in  data  30 giugno 1995 nei confronti del Buccino - ordinanza con la
 quale veniva confermato il predetto provvedimento custodiale;
                   Tanto premesso in fatto, osserva
   La  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n.  432  del   1995,
 pervenendo   a   diversa   conclusione  rispetto  al  suo  precedente
 orientamento sul punto (cfr. sent. n. 502 del 1991), ha ritenuto  che
 la  decisione  emessa  dal  g.i.p.  in tema di sussistenza dei "gravi
 indizi di colpevolezza" - di cui all'art. 273 c.p.p. - involgendo  un
 giudizio  di  merito  circa  l'idoneita'  degli  elementi  raccolti a
 fondare  una  elevata  probabilita'  di  condanna,   non   puo'   non
 riflettersi  sulla serenita' ed imparzialita' di giudizio, qualora il
 medesimo giudice  partecipi  al  collegio  chiamato  a  decidere  sul
 medesimo fatto.
   In  tal  senso  la  Corte,  nella  succitata  sentenza, ha ritenuto
 sussistente  il  pericolo  che  "la  valutazione   conclusiva   sulla
 responsabilita'  dell'imputato  sia,  o  possa apparire, condizionata
 dalla cosiddetta forza della prevenzione, e cioe' da quella  naturale
 tendenza  a  mantenere  un  giudizio gia' espresso o un atteggiamento
 gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento".
   L'articolato ragionamento della Corte e le assai condivisibili -  e
 da  piu' parti auspicate - conclusioni cui la stessa e' pervenuta non
 possono - ad avviso del collegio - non  far  porre  la  questione  di
 legittimita'   costituzionale   anche  nella  fattispecie  in  esame,
 considerato che il tribunale del riesame deve procedere  anch'esso  a
 quelle  valutazioni - con tutti gli amplissimi poteri riconosciutigli
 dall'art. 309 c.p.p. - gia' effettuate dal g.i.p.
   Nel  caso  di  specie  -  come gia' precisato in premessa - tutti i
 componenti dell'attuale collegio hanno fallo parte del tribunale  del
 riesame che, con la sopra menzionata decisione, ritenne sussistenti i
 gravi  indizi  di colpevolezza nei confronti di Buccino Salvatore, in
 ordine ai medesimi fatti su  cui  oggi  il  collegio  e'  chiamato  a
 pronunciarsi.
   Tale  situazione  processuale,  come  piu'  sopra evidenziato, puo'
 concretare quel pericolo di "prevenzione" che ha indotto la  Corte  a
 pervenire   alla   declaratoria   di   illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  34, comma secondo, c.p.p..
   La  questione,  per  tutto  quanto  sinora  osservato,  ictu  oculi
 rilevante e non manifestamente infondata.
   In  ordine  a  tale  ultimo  parametro  va solo aggiunto che ove si
 consentisse la partecipazione al giudizio dibattimentale del  giudice
 componente  il  collegio  del  tribunale  per  il  riesame  che abbia
 ritenuto sussistere i  gravi  indizi,  ne  deriverebbe  una  evidente
 violazione  dei  principi  costituzionali  di  parita' di trattamento
 normativo di situazioni analoghe (art. 3 Cost.), della inviolabilita'
 della difesa in ogni stato e grado del procedimento (art.  24,  comma
 secondo, Cost.), nonche' della stessa presunzione di non colpevolezza
 sino a condanna definitiva (art. 27, comma secondo, Cost.).
   Ed   invero,  ove  si  consentisse  l'identita'  di  giudice  nelle
 situazioni  su  richiamate,  evidente  sarebbe   la   disparita'   di
 trattamento   rispetto   al   cittadino   giudicato  da  giudici  non
 "prevenuti" (nei sensi precisati  dalla  Corte  costituzionale  nella
 menzionata  sentenza),  nonche' il pregiudizio arrecato all'esercizio
 del diritto di  difesa  rispetto  ad  un  siffatto  giudice,  che  al
 contempo  non apparirebbe garantire adeguatamente all'imputato il suo
 diritto a  non  essere  considerato  colpevole  sino  a  sentenza  di
 condanna.
   La  sussistenza di tali presupposti di fatto e di diritto impone al
 Tribunale di sollevare la sopraesposta questione di costituzionalita'
 - gia' sollevata in ordine ad analoghe situazioni  processuali  (cir.
 ord.  del  22  settembre  1995  in  Gazzetta  Ufficiale  n. 48 del 22
 novembre 1995), con conseguente sospensione del presente  processo  e
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.