IL GIUDICE PER LE UDIENZE PRELIMINARI Vista la richiesta di applicazione della misura di sicurezza della espulsione di cui all'art. 7 d.-l. n. 489/95 presentata all'udienza preliminare dal p.m. nell'ambito del proc. n. 9/94 g.u.p. nei confronti degli imputati minorenni stranieri non appartenenti all'unione europea D.D. e D.F. (la cui identita' e' accertabile in atti); Visto l'art. 7 d.-l. n. 489/95, nel quale si prevede che gli stranieri appartenenti ad una delle categorie indicate nell'art. 1 legge 27 dicembre 1956 n. 1423, come sostituito dall'art. 2 legge 3 agosto 1988 n. 327 siano "segnalati dall'autorita' di pubblica sicurezza al pubblico ministero, il quale, nelle quarantotto ore successive, puo' proporre, al pretore del luogo in cui la persona si trova, l'applicazione delle misure di prevenzione dell'espulsione"; Ritenuto che tale articolo attribuisca all'autorita' giudiziaria il potere di applicare una misura che appare di carattere amministrativo, posto che la misura in questione puo' essere applicata anche allo straniero "extra comunitario" che non abbia commesso reato alcuno, essendo sufficienti meri "elementi di fatto" dai quali dedurre che egli trae i mezzi di sussistenza da "traffici delittuosi o attivita' delittuose" o che egli e' dedito alla commissione di reati "che offendono o mettano in pericolo l'integrita' fisica o morale dei minorenni, la sanita', la sicurezza e la tranquillita' pubblica"; Rilevato che il tenore dell'art. 7 decreto-legge cit. non lascia dubbi in merito all'applicabilita' della procedura in questione anche ai minorenni che abbiano compiuto il sedicesimo anno di eta', secondo le medesime previsioni stabilite per l'espulsione degli stranieri non appartenenti all'unita' europea maggiorenni; Rilevato che l'art. 31 della Costituzione stabilisce che la Repubblica - "protegge ... la gioventu', favorendo gli istituti necessari a tale scopo" e che l'art. 3 della Costituzione, nel sancire il principio di eguaglianza tra i cittadini italiani, introduce, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. sent. 104/69, 177/74) un principio applicabile anche agli stranieri, quando si tratti della tutela dei diritti inviolabili dell'uomo garantiti anche ad essi, in conformita' dell'ordinamento internazionale; Ritenuto che tra tali principi debba essere necessariamente annoverato il principio sancito dall'art. 25, primo comma, della Costituzione, secondo il quale "nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge"; Rilevato che nell'ordinamento giuridico della Repubblica Italiana ogni valutazione relativa alla devianza minorile, sia che essa si manifesti con la consumazione di reati, sia che essa si manifesti in mere irregolarita' di condotta, tali da non integrare gli estremi di reato (anche, ovviamente, nell'ipotesi in cui non si riesca ad acquisire le prove dell'avvenuta consumazione di reati) e' riservata dalla legge, sin dal 1934, al Tribunale per i Minorenni; Rilevato che tale competenza esclusiva si estende anche all'adozione di provvedimenti di carattere amministrativo, in caso di condotta deviante non riconducibile (in tutto o in parte) alla violazione della legge penale; Ritenuto che tale competenza abbia carattere esclusivo, non solo in quanto il Tribunale Minori (organo giurisdizionale a composizione mista, nel quale operano esperti in materia di psicologia dell'eta' evolutiva, antropologia, criminologia, ecc...) e' un giudice indiscutibilmente specializzato, ma anche in quanto tale suo carattere deriva dalla peculiare idoneita' a valutare non solo la gravita' oggettiva della condotta trasgressiva, ma, anche e soprattutto, le condizioni personali del minore, con riferimento, ovviamente, anche ai legami familiari e sociali; Ritenuto che tutto cio' debba essere necessariamente oggetto di opportuna valutazione da parte del giudice prima dell'adozione della misura in questione, anche ove si consideri che l'art. 7 decreto-legge cit. prevede che il pubblico ministero, ricevuta la segnalazione dell'autorita' di pubblica sicurezza, possa (dunque ove ritenga che cio' sia opportuno) proporre al pretore l'applicazione della misura in questione; Rilevato che il tenore letterale del cit. art. 7 lascia chiaramente intendere che la valutazione dell'opportunita' dell'adozione del provvedimento della espulsione debba avere come termini di riferimento non solo la persona dello straniero da espellere, ma anche l'ambito sociale nel quale egli risulta essere inserito; Ritenuto che, trattandosi di minorenne di eta' compresa tra il sedicesimo e il diciottesimo anno di eta', sia la valutazione della personalita' del soggetto dalla condotta irregolare che la valutazione dell'ambito familiare e sociale di appartenenza debbano essere compiute necessariamente dal p.m. prima e dal giudice poi, essendo evidente e concreto il pericolo che si possa incidere su delicati equilibri personali e sociali del minore, o che si possa determinare anche la disgregazione di nuclei familiari o formazioni sociali significative per il minore medesimo; Ritenuto che tale possibilita' determini un ulteriore profilo d'incostituzionalita' dell'art. 7 decreto-legge cit., in quanto l'art. 2 Cost. "riconosce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'"; Ritenuto, infine, che le considerazioni sopra esposte dimostrino l'incostituzionalita' dell'art. 7 decerto-legge cit. anche nell'ipotesi in cui la misura dell'espulsione dovesse ritenersi di carattere penale; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;