LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 531/95/ORD nel giudizio di responsabilita' amministrativa, iscritto al n. 4874 del registro di segreteria, promosso dal procuratore regionale nei confronti dei signori: Russello Vincenzo, Brucculeri Salvatore, Alaimo Calogero nato il l6 gennaio 1943, Alaimo Calogero nato il 4 luglio 1951, Ferraro Giovanni, Ippolito Domenico, Lo Bue Calogero, Volpe Gioacchino, rappresentati e difesi dagli avv.ti Girolamo Rubino, M. Giovanna Vittorelli e Giovanni Maniscalco Basile; Volpe Angelo, residente a Castrofilippo, via Nazionale n. 124; Facciponte Salvatore, residente a Castrofilippo, via Rubbe' n. 5; Lo Bello Agostino, residente a Castrofilippo, Cap. Mag. Inzalaco n. 9; Uditi all'udienza del 27 settembre 1995 il relatore, consigliere dott. Luciana Savagnone, il pubblico ministero nella persona del vice procuratore generale dott. Pino Zingale e l'avv. Girolamo Rubino, il quale ha chiesto riconoscersi pregiudizialmente la sua legittimazione ad esercitare il proprio patrocinio nel presente giudizio anche in udienza, previa rimessione degli atti alla Corte costituzionale per l'annullamento delle norme che tale legittimazione escludono, come piu ampiamente esposto in memoria depositata il 25 settembre 1995, alla quale si e' richiamato; al che si e' opposto il ritenendo la norma contestata sicuramente legittima in quanto non eccedente l'ambito della discrezionalita' riservata al legislatore ordinario; cio' dopo avere obiettato che l'avv. Rubino non avrebbe potuto essere ammesso a parlare neanche, come e' avvenuto limitatamente alla sola questione pregiudiziale; Visti gli atti e i documenti di causa. Fatto e diritto 1. - L'avv. Girolamo Rubino, non iscritto all'albo dei cassazionisti, ha depositato in data 25 settembre 1995 - una memoria con la quale ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli articoli 3 legge 21 marzo 1953, n. 161 e 4 r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578, conv. in legge 22 gennaio 1934, n. 36, alla luce del sopravvenuto art. 6 del d.-l. n. 453/1993, conv. in legge n. 19/1994 (per il combinato disposto di tali norme, i professionisti iscritti all'albo degli avvocati o dei procuratori sono ammessi ad esercitare il patrocinio davanti alla Corte dei conti nei giudizi pensionistici e, se non abilitati al patrocinio in Cassazione, a svolgere il loro ministero anche negli altri giudizi tranne che in udienza pubblica), sotto diversi profili e nei seguenti termini testuali: violazione dell'art. 3 della Costituzione, (irragionevole disparita' di trattamento tra giudizi pensionistici e giudizi di responsabilita'); per violazione dell'art. 33, quinto comma della Costituzione ("e' prescritto un esame di stato per l'abilitazione all'esercizio professionale"), giacche' se e' vero che va fatto un effettivo e serio accertamento dei requisiti tecnici di chi aspira all'esercizio di una professione attraverso un esame di stato, e' altresi' vero che nessuno esame di stato e' obbligatorio per l'accesso all'albo dei c.d. "cassazionisti"; violazione dell'art. 4 della Costituzione, ("Diritto al lavoro"), giacche' la c.d. "li di lavorare" sostanzia la pretesa a che i pubblici poteri si astengano da qualsiasi intervento rivolto ad impedire l'attivita' di lavoro dei privati e/o il modo di esercizio di una professione, dopo il superamento del relativo esame di abilitazione; per ulteriore violazione dell'art. 3 della Costit. (irragionevole disparita' di trattamento) e dell'art. 33 della Costit. (obbligo dell'esame di stato per l'abilitazione all'esertizio professionale) in relazione all'art. 72 r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578, nel testo novellato dall'art. 1 legge 28 maggio 1936, n. 1003, secondo cui gli avvocati "ex combattenti" possono essere iscritti nell'albo speciale dopo quattro anni di esercizio professionale; per ulteriore violazione degli art. 3 e 33 della Costit. in relazione all'art. 8 legge 9 febbraio 1982 n. 31, secondo cui gli avvocati dialtri paesi comunitari (lussemburghesi, greci, etc.) sono ammessi al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori dopo otto anni di esercizio professionale, sia pure "di concerto" con un avvocato italiano, mentre, tenendo conto dell'assurda distinzione esistente nel nostro Ordinaniento tra procuratore legale ed avvocato, nel nostro paese sono richiesti ben quattordici anni di esercizio della professione forense per l'ammissione al detto patrocinio. In limine, la Sezione ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale come nel seguito precisata e motivata quanto alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza. 2. - Ai sensi dell'art 3, primo comma, della legge 21 marzo 1953, n. 161, gli appelli e i ricorsi alle Sezioni riunite della Corte dei conti sono sotoscritti, a pena di inammissibilita', dalle parti ricorrenti e da un avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. Se la parte non ha sottoscritto, l'avvocato che firma in suo nome deve essere munito di mandato speciale. Ai sensi del successivo secondo comma, invece, in tutti gli altri giudizi di competenza della Corte dei conti le parti non possono comparire alla pubblica udienza se non a mezzo di un avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. Deriva dal combinato disposto di dette disposizioni che nei giudizi diversi da quelli di cui al primo comma, la parte puo' agire o resistere nel processo anche con l'assistenza o la rappresentanza di professionisti iscritti all'albo degli avvocati o dei procuratori, ma costoro non possono, poi, comparirre all'udienza pubblica. Recentemente, l'art. 6 del d.-l. 15 novembre 1993, n. 453 conv. con mod. nella legge 14 gennaIo 1994, .n. 19 ha previsto, relativamente ai giudizi pensionistici, che "i ricorsi possono essere proposti anche senza patrocinio legale, ma i ricorrenti non possono svolgere oralmente, in udienza, le proprie difese. L'assistenza legale dei ricorrenti puo' essere svolta da professionisti iscritti all'albo degli avvocati o dei procuratori". Per effetto di tali disposizioni, pertanto, nei giudizi pensionistici rientranti nella competenza della Corte dei conti e' venuto meno l'obbligo delle parti di comparire all'udienza a mezzo di avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione, mentre un tale obbligo persiste relativamente ai giudizi di responsabilita' ainministrativa. Stante il descritto assetto normativo, la Sezione non puo' pertanto, nel presente giudizio di responsabilita', ammettere alla discussione l'avv. Girolamo Rubino, non essendo lo steso in possesso del requisito dell'ammissione al patrocinio in Corte di cassazione. Da qui la rilevanza della verifica della L.C. della suddetta discriminazione. 3. - Dei profili di l.c. sopra riportati, quelli dal secondo all'ultimo appaiono manifestamente infondati, poiche' si risolvano per un verso o per l'altro in valutazioni negative circa il merito di scelte che appartengono alla discrzionalita' del legislatore ordinario. Tale si ritiene la scelta di richiedere, per ilpatrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, un dterminato periodo di esrercizio della professione di avvocato, rrequisito aggiuntivo che con valutazione non sindacabile nel merito, ne' sotto il profilo dell'art. 33.5 ne' sotto il profilo dell'art. 4 della Costituzione, il legislatore ricollega alla particolare rilevanza attribuita dall'ordinamento ad alcuni organi di giurisdizione. Parimenti incensurabile sotto il profilo dell'art. 3 si ritiene la diversificazione di tale requisito aggiuntivo a favore degli ex combattenti, evidentemente per compensarli dello svantaggio che altrimenti subirebbero rispetto ai colleghi non impediti nell'esercizio della professione dalla professione dalla prestazione del servizio bellico. Analogo rilievo vale per il confronto con i professionisti di altri paesi C.E.E., ammessi in Italia al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori "purche' dimostrino di avere esercitato la professione per almeno otto anni (art. 8 legge 9 febbraio 1982, n. 31), anche se i requisiti per l'accesso alla professione sono diversi da Stato a Stato e quindi i professionisti di alcuni Stati possono risultare avvantaggiati ove si confrontino i periodi complessivi di esercizio. Il Collegio ritiene infatti che rientri nel corretto uso della discrezionalita' del legislatore la soluzione accolta, consistente nel riconoscere pari valore formale alla abilitazione alla professione conseguita in uno qualsiasi degli Stati C.E.E. (in armonia con la Direttiva n. 77/249) e, sulla base di tale valutazione di equivalenza, richiedere per tutti una ulteriore pari esperienza di otto anni tenuto conto del disposto dell'art. 33 r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578, per l'accesso al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori italiane. 4. - Ad avviso del Collegio, non e' invece manifestamente infondato il primo profilo di illegittimita', che il Collegio stesso con le seguenti considerazioni precisa ed integra, avvalendosi per quanto occorra del potere di sollevare questioni di l.c. anche d'ufficio. Come gia' detto, la norma del secondo comma, dell'art. 3 legge n. 161 del 1953, dopo l'entrata in vigore dell'art. 6 d.-l. n. 453/1993, legge 19/1994, preclude agli avvocati non cassazionisti il patrocinio in udienza nei soli giudizi diversi da quelli pensionistici. Cio' pone la norma stessa contrasto con l'art. 3 della Costituzione per la palese irrazionalita' del suo cosi' ridotto contenuto. Infatti la competenza per i giudizi penzionistici come per tutti gli altri e' attribuita alle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti in primo grado ed a tre Sezioni centrali in grado d'appello. Per cui la riserva a favore dei cassazionisti per quanto riguarda il patrocinio in udienza in entrambi i gradi, ma limitatamente ai giudizi non pensionistici, non ha riguardo alcuno al "rango" del giudice; ne' a particolari materie, poiche' per ogni altra prestazione difensiva davanti alla Corte dei conti in qualsiasi materia non sussiste discriminazione tra cassazionisti e non cassazionisti. La assoluta irrazionalita' della discriminazione, oltre a porre di per se' la norma in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, determina anche un ingiustificato maggiore onere per le parti private nei nei soli giudizi non pensionistici, constringendole a ricorrere ad un avvocato cassazionista per svolgere in udienza quelle stesse difese alle quali fuori udienza e' abilitato un non cassazionista. Profilo che attiene alla disposizione del secondo comma, dell'art. 24 della Costituzione, e che integra quelli gia' rilevati da questa Sezione, con riferimento alla stessa norma, nella precedente ordinanza di rimessione n. 144/95 del 22 marzo 1995, e che qui si confermano.