IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Rilevato  che  la  difesa  di  Vicario  Maria  Concetta ha eccepito
 l'illegittimita' costituzionale:
     a) dell'art. 384 c.p., primo comma, in relazione agli artt.  3  e
 29  Cost.  nella  parte  in  cui  non  prevede  la  estensione  della
 scriminante ivi contenuta pure al  convivente  more-uxorio  anche  in
 relazione all'art.  199, comma terzo, lett. a) c.p.p.;
     b)  dell'art.  384,  secondo  comma  c.p. in relazione all'art. 3
 Cost. nella parte in cui non prevede la estensione della causa di non
 punibilita' anche al delitto di  favoreggiamento  personale  ma  solo
 alla ipotesi di cui all'art. 371-bis, 372 e 373 c.p.;
   Ritenuto   che   il   presente   giudizio   puo'   essere  definito
 indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
 costituzionale   sub  a)  versando  in  ipotesi  in  cui  non  appare
 configurabile per la Vicario la "necessita'" di salvare il Miceli  da
 un  grave  ed  inevitabile  nocumento  nella  liberta'  o  nell'onore
 difettando  l'attualita'  e   concretezza   del   nocumento   nonche'
 l'inevitabilita' dello stesso;
     che   invece  l'eccezione  di  legittimita'  costituzionale  come
 prospettata  sub  b)   oltre   ad   essere   rilevante   non   appare
 manifestamente   infondata  limitatamente  alle  ipotesi  in  cui  la
 condotta di cui all'art 378 c.p. si realizza  mediante  dichiarazioni
 rese alla p.g.;
     che   infatti   Vicario   Maria   Concetta   quando  ha  reso  le
 dichiarazioni da cui scaturisce l'imputazione per il reato  p.  e  p.
 dall'art.  378  c.p.  ai  CC. di Longi era convivente more uxorio del
 Miceli;
     che la causa di non punibilita' prevista dall'art.  384,  secondo
 comma,  c.p.,  presuppone  il  fatto  commesso  da  chi per legge non
 avrebbe dovuto essere  assunto  come  persona  informata  sui  fatti,
 testimone  etc.  o  avrebbe dovuto essere avvertito della facolta' di
 astenersi dal rendere informazioni, testimoniare etc.;
     che l'art. 199 c.p.p., comma terzo, lett. a) prevede la  facolta'
 di  astenersi  dal  testimoniare  anche per il convivente more-uxorio
 limitatamente ai fatti verificatisi o appresi  dall'imputato  durante
 la convivenza coniugale;
     che   la  facolta'  di  astenersi  dal  testimoniare  e'  secondo
 consolidato orientamento giurisprudenziale principio generale che  si
 applica  alla  p.g. allorche' proceda ex art. 351 c.p.p., considerato
 che le dichiarazioni rese dal teste alla p.g. assumono ex artt. 500 e
 512 c.p.p. lo stesso valore processuale di  quelle  rese  davanti  al
 p.m.;
     che  pertanto,  sussistendo  il medesimo presupposto (facolta' di
 astenersi)  non  appare  manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 384, secondo comma c.p. perche'
 in contrasto con l'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede la non
 punibilita'   anche   in  relazione  al  delitto  di  favoreggiamento
 personale limitatamente alla ipotesi realizzata con  la  condotta  di
 cui sopra;
     che  l'art.  199  c.p.p.,  quale  presupposto di una causa di non
 punibilita', e' norma di diritto sostanziale, applicabile, in  quanto
 norma   piu'   favorevole,  anche  ai  fatti  commessi  anteriormente
 all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale;
     che conseguentemente va sollevata  la  questione  di  legitimita'
 costituzionale della norma richiamata nei termini di cui sopra;