IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza. Curotti Paola, nel corso delle indagini preliminari, presentava richiesta di applicazione della pena (art. 447 c.p.p.) in ordine al reato p. e p. dall'art. 176, primo e diciannovesimo comma Cod. strad., per aver eseguito, mentre si trovava alla guida dell'autovettura tg. MN/565086, l'inversione del senso di marcia nell'area antistante il casello autostradale di Cremona, portandosi nella carreggiata opposta. Fatto commesso il 28 aprile 1995. All'udienza fissata per la decisione, il difensore eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 176, ventiduesimo comma, decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, in relaz. all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente per un periodo da sei mesi a due anni, anche in assenza di qualsiasi pericolo concreto per gli utenti, come nell'evenienza descritta in imputazione, mentre per la violazione di ogni altra norma della circolazione, commessa negli stessi spazi e dalla quale derivino danni alle persone (lesioni personali colpose e omicidio colposo), la durata della sanzione puo' variare da quindici giorni ad un anno (art. 222 Cod. strad.). L'esame della prospettata censura impone alcune osservazioni generali, che consentiranno di delineare il quadro normativo di riferimento. In proposito si osserva che l'art. 176, primo e diciannovesimo comma, cod. strad. vieta, sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle autostrade, di invertire il senso di marcia, di attraversare lo spartitraffico e di percorrere la carreggiata o parte di essa nel senso di marcia opposto a quello consentito. La ratio della norma e' di garantire che la circolazione in quei punti critici si svolga in condizioni di sicurezza, impedendo agli utenti una condotta idonea a mettere in pericolo l'incolumita' delle persone e delle cose. Il divieto ha un valore assoluto, poiche' tali manovre sono sempre proibite, salvi i casi previsti da specifiche disposizioni (art. 176, dodicesimo e quattordicesimo comma), che devono essere interpretate in modo restrittivo e sono insuscettibili di applicazione analogica (art. 14 disp. sulla legge in generale). La contravvenzione in esame e' reato di pericolo, che puo' essere commesso con dolo o colpa, essendo, pero', necessario che l'azione sia cosciente e volontaria, secondo la regola fissata dall'art. 42, quarto comma, cod. pen. Nel caso sottoposto al vaglio giudiziale, la manovra vietata fu compiuta nell'area antistante il casello autostradale, dove pure opera il divieto penalmente sanzionato. Al fine di verificare la correttezza di quest'ultimo assunto (cio' rientra nei compiti di questo giudice, ai sensi dell'art. 444 in relazione all'art. 129 c.p.p., ma il discorso consente anche di inquadrare il problema nelle sue coordinate essenziali, per cogliere i profili di incostituzionalita' della norma), si precisa che l'art. 2, terzo comma, lett. a), cod. strad., nel fissare le caratteristiche minime di un'autostrada, cosi' la definisce: "strada extraurbana o urbana a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra priva di intersezioni a raso e di accessi privati, dotata di recinzioni e di sistemi di assistenza all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da appositi segnali di inizio e fine. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio ed aree di parcheggio, entrambe con accessi dotati di corsie di decelerazione ed accelerazione". La definizione amplia quella del codice abrogato, attraverso numerosi dettagli, ma lascia sostanzialmente invariato il concetto di arteria riservata alla circolazione di autoveicoli e motoveicoli, cioe' a particolari categorie di utenti. Da un punto di vista meramente descrittivo, i dati strutturali dell'autostrada sono i lunghi rettilinei con curve ad ampio raggio, le limitate pendenze, l'eliminazione completa delle intersezioni a raso, mediante la creazione di soprapassaggi o sottopassaggi in corrispondenza di incroci con ferrovie e strade ordinarie, la larghezza delle carreggiate, adeguate alle particolarita' del traffico, l'installazione di rifornimenti, l'assistenza in caso di infortuni. L'uso dell'arteria in esame e' subordinato al pagamento di un pedaggio, ma questa circostanza non costituisce un elemento essenziale dell'autostrada, poiche' alcuni tratti, attesa la loro finalita' di interesse pubblico, sono percorribili gratuitamente. E' bene evidenziare che nessun utente, per il solo fatto della prestazione del pedaggio, acquista la possibilita' di un uso piu' ampio rispetto a quello di ogni altro utente. Tutti, pur pagando il pedaggio, fruiscono della strada secondo la sua normale destinazione e l'uso del bene rimane "uso comune e non uso speciale". Il versamento del pedaggio avviene nelle stazioni esistenti "sulle autostrade" - cosi' testualmente l'art. 176, undicesimo comma, cod. strad. - all'altezza delle quali i conducenti devono arrestarsi in corrispondenza delle apposite barriere. Codesti punti di esazione sono preceduti e seguiti (in entrata e in uscita) da un'area di ampiezza variabile, il cui scopo e' di consentire l'ordinario incolonnamento e il deflusso dei veicoli, secondo le indicazioni date dalla segnaletica o dal personale addetto. Gli spazi de quibus appartengono alla sede autostradale. Siffatta conclusione si basa non solo sull'argomento letterale fornito dal citato articolo 176, undicesimo comma, ma trova un equivoco riscontro normativo nell'art. 2, terzo comma, lett. a) cod. strad., il quale prevede che l'autostrada "e' contraddistinta da appositi segnali di inizio e fine". L'importanza di siffatta precisazione non puo' sfuggire all'interprete, essendo indiscutibile che la disciplina della circolazione trovi la sua fonte nella legge e nei provvedimenti emessi dalle autorita' competenti resi manifesti dagli appositi segnali. Orbene, in corrispondenza di ogni accesso autostradale, dove cioe' iniziano a valere le speciali regole, e' installato, in conformita' al disposto degli articoli 39 ss. cod. strad. e 135 d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (regolamento esecuzione codice stradale), un cartello che comprende due segnalazioni: quella di "inizio autostrada" e il riepilogo dei divieti di transito connessi con il regime autostradale. Il cartello "fine autostrada" e' posto, invece, al termine del nastro autostradale, e comunque oltre la stazione di uscita, per indicare che da quel punto cessa la vigenza di quelle regole di circolazione. Poiche' i segnali rappresentano la manifestazione visibile della volonta' dell'autorita' competente, i cui provvedimenti amministrativi sono conosciuti dagli utenti solo quando siano resi noti mediante quei simboli esteriori, deriva una inferenza particolare in ordine al problema che ne occupa: su tutto il tracciato compreso idealmente tra i due segnali indicati (inizio e fine autostrada) e, percio', sulle aree che precedono e seguono i caselli nei due sensi, operano le norme proprie della circolazione autostradale. Bisogna tener presente che l'inversione del senso di marcia, per il disposto dell'art. 176, primo comma, e' vietata sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle strade di cui all'art. 175, primo comma, il quale contempla non solo le autostrade, ma anche le strade extraurbane principali e le altre strade individuate con decreto del Ministro dei lavori pubblici, su proposta dell'ente proprietario, e da indicare con apposita segnaletica d'inizio e fine. E' facile da cio' arguire che gli utenti di queste ultime arterie hanno la possibilita' di apprendere gli obblighi imposti solo dai segnali, onde una conferma ulteriore delle argomentazioni esposte. D'altronde, il principio in base al quale l'utente della strada ha ragione di fare affidamento sull'inesistenza di pericoli (intendendo per pericolo la situazione potenzialmente causativa di un evento di danno) e' valido anche in questi spazi, dove spesso la presenza di numerosi veicoli in arrivo e in partenza impone cautele non minori rispetto a quelle adottate in altri tratti del percorso. E' appena il caso di osservare che la mancanza di un eventuale spartitraffico nulla prova, quando si pensi che l'area, attesa la sua conformazione, e' suscettibile di essere utilizzata da parte degli addetti ai servizi dell'autostrada, di polizia stradale e di soccorso, per esigenze peculiari indicate dalla legge. Lo spazio indicato dev'essere, inoltre, qualificato "carreggiata", ai sensi dell'art. 3, primo comma, n. 7 cod. strad., il quale indica la carreggiata come "parte della strada destinata allo scorrimento dei veicoli". Siffatta definizione, che costituisce un dato intrinseco della norma di cui deve chiarire il senso e vincola l'interprete nel procedimento logico diretto a cogliere la volonta' della legge, puo' essere compiutamente intesa solo se venga correlata a quella di circolazione, che esprime l'idea centrale della fenomenologia della viabilita'. In proposito, si ricorda che, sotto l'aspetto tecnico, circolare e' "il susseguirsi di alternate fasi di accelerazione, traslazione, rallentamento o arresto" che non si esaurisce nello spostamento dei veicoli da un luogo all'altro (non si parla delle persone e degli animali, di cui in autostrada e' vietata la circolazione, eccezion fatta per le aree di servizio e di sosta (art. 175, sesto comma). La circolazione, ai sensi dell'art. 3, primo comma, n. 9 cod. strad., e' "il movimento, la fermata e la sosta dei veicoli ... sulla strada", per cui comprende anche momenti ed episodi che rappresentano la temporanea sospensione della marcia. La norma non include l'arresto, vale a dire l'interruzione della marcia dovuta ad esigenze di circolazione (art. 157, primo comma, lett. a), ma l'omissione e' priva di particolare significato, non essendo dubbio che tale circostanza influisce sull'evolversi del fenomeno circolatorio. Tenendo presenti le suesposte considerazioni, il concetto giuridico di carreggiata si specifica in una significazione tipica e riguarda la parte della sede autostradale non riservata ne' alla fermata ne' alla sosta ne' all'arresto, ma allo "scorrimento" dei veicoli, inteso come movimento o spostamento lineare degli stessi, secondo un percorso tracciato, e che puo' avvenire in modo piu' o meno veloce, purche' non si creino intralci o pericoli per la circolazione. Questa interpretazione, lungi dall'estendere il contenuto del termine "scorrimento", gli attribuisce il carattere suo proprio e lo tipizza sotto il profilo dinamico, permettendo di affermare che lo spazio esistente nei pressi dei caselli, il quale, in via eccezionale e nei casi consentiti, svolge una funzione polivalente, dev'essere inteso come "carreggiata" nel senso piu' compiuto, perche' destinato allo scorrimento dei veicoli prima e dopo il pagamento del pedaggio. La manovra di inversione di marcia in tale spazio e', percio', vietata ai sensi dell'art. 176, primo e diciannovesimo comma del codice della strada. Infatti, il conducente pone in essere un grave fattore di turbamento della circolazione, dal momento che gli altri utenti, percorrendo una strada con direzione obbligatoriamente orientata, contano su un assetto di marcia conforme a quanto le norme della circolazione impongono. Non rileva piu' di tanto che la velocita' sia ridotta nelle aree in questione, volta che l'intensita' della velocita' incide in modo notevole nella scelta punitiva, ma non rappresenta il presupposto di applicazione della disposizione, la cui operativita' e' subordinata solo alla sussistenza del pericolo di danni a persone o cose. Avendo acquisito codesti concetti di fondo, e' possibile sviluppare, con la disponibilita' di adeguati strumenti valutativi, il discorso in ordine al trattamento sanzionatorio della violazione. Pare opportuno precisare che il vigente codice della strada, allo scopo di assicurare l'osservanza delle norme della circolazione, ha predisposto un impianto repressivo composito, con larga prevalenza di sanzioni amministrative, e il ricorso alle pene criminali in un limitato numero di casi. La soluzione parapenalistica e' soddisfacente, poiche' sembra in linea con i moderni orientamenti di politica criminale, che vogliono circoscrivere l'impiego dello strumento penale alle situazioni ritenute piu' significative sotto il profilo sociale. Il momento piu' originale della normativa codicistica si coglie nell'ampliato numero di sanzioni accessorie di carattere interdittivo, che si affiancano alle sanzioni principali penali a amministrative. Questo sistema binario si rivela particolarmente afflittivo e consente l'attuazione delle strategie impiegate dai pubblici poteri per rendere piu' sicura la circolazione e offrire una risposta efficace contro i comportamenti pericolosi dovuti a inosservanza delle norme stradali. L'infrazione del divieto previsto dall'art. 176, primo e diciannovesimo comma, oltre alla pena principale congiunta dell'arresto e dell'ammenda, comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida (art. 176, ventiduesimo comma), ma non v'e' dubbio che le condotte incriminate possono, in talune circostanze, essere realizzate senza che sussista un pericolo concreto e attuale, in quanto non vi sono, ad esempio, altri veicoli nella zona interessata alla manovra. Pure in questa evenienza, la patente del contravventore dev'essere sospesa per un periodo non inferiore a mesi sei. L'esperienza insegna che gli automobilisti paventano, ancor piu' della pena principale, la sanzione amministrativa accessoria in esame che "comprime con inevitabile danno economico la liberta' di circolazione - tanto sentita da questa societa' - e reprime in maniera piu' acconcia lo scorretto esercizio di essa" (Cass. pen. ss.uu. 19 dicembre 1990, ric. Capelli, in Foro It. 1991, II, 205 ss). Occorre, tuttavia, evidenziare che, quando dalla violazione di altre norme della circolazione, commessa negli stessi spazi, derivano danni alle persone, la sospensione della patente, ai sensi dell'art. 222 cod. strad. e' cosi' fissata: a) da quindici giorni a tre mesi in caso di lesione personale colposa lieve; b) da uno a sei mesi nel caso di lesione colposa grave o gravissima; c) da due mesi ad un anno nel caso di omicidio colposo. La disarmonia rispetto all'art. 176 e' evidente e non pare giustificabile rispetto all'art. 3 della Costituzione, poiche' il pericolo del danno, che la disposizione stradale intende neutralizzare, viene sanzionato in maniera piu' grave del danno stesso. Trattasi di un esempio di palese arbitrarieta' della soluzione normativa, un vizio che puo' essere censurato dalla Corte costituzionale, la quale, pur affermando di non essere abilitata, ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, a esercitare scelte di spettanza esclusiva del legislatore, ammette di avere il potere "di ricondurre le deroghe ingiustificate e le arbitrarie eccezioni alle regole gia' stabilite dalla legge ovvero ai principi generali univocamente desumibili dalla legge" (Corte costituzionale 18 ottobre 1983, n. 314). Orbene, il principio di sistematicita' del diritto, come non contraddizione delle parti che lo compongono, non esclude, secondo l'insegnamento di autorevole dottrina, "la possibilita' di differenziazioni, ma esclude soltanto quelle incompatibili con la logica del sistema". Ogni differenziazione richiede, pero', di essere riconducibile ad un proprio criterio giustificativo. Il legislatore, dunque, ha il dovere di "equiparare il trattamento giuridico delle situazioni analoghe e, al contrario, di differenziare il trattamento delle situazioni diverse". Nell'ipotesi considerata cio' non si verifica, poiche' chi opera un'inversione di marcia, che magari non determini alcun pericolo effettivo, subisce la sospensione della patente per un periodo maggiore rispetto a chi, violando altra norma di comportamento, cagioni danni alle persone, con lesione di beni aventi rango costituzionale primario, come quelli della salute e della vita. Siffatta disciplina, caratterizzata da intrinseca irrazionalita', per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, rende non manifestamente infondata la questione di legittimita' prospettata. La rilevanza della questione e' indiscutibile, poiche' l'imputata, ove la censura fosse condivisa vedrebbe migliorata la propria posizione sanzionatoria complessiva, anche partendo dal minimo edittale previsto per la piu' grave delle ipotesi dell'art. 222, che ben puo' costituire un parametro di comparazione, tenuto presente il disvalore giuridico dell'infrazione del divieto fissato dall'art. 176, primo e diciannovesimo comma e graduando la sanzione amministrativa accessoria in base agli indici di cui all'art. 218.