ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 8
 luglio 1980, n. 319 (Compensi  spettanti  ai  periti,  ai  consulenti
 tecnici,  interpreti  e  traduttori  per  le  operazioni  eseguite  a
 richiesta dell'autorita' giudiziaria), promossi:
     1) con ordinanza emessa  il  10  maggio  1995  dal  tribunale  di
 Bergamo   nel  procedimento  di  opposizione  proposto  dal  pubblico
 ministero presso la Procura circondariale di Bergamo  contro  Roberto
 Breda,  iscritta  al  n. 503 del registro ordinanze 1995 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  38,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1995;
     2) con ordinanza emessa il 5 giugno 1995 dal tribunale di Bergamo
 nel  procedimento  di  opposizione  proposto  dal  pubblico ministero
 presso la Procura circondariale di Bergamo contro Crippa, iscritta al
 n.   506 del registro ordinanze  1995  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  39, prima serie speciale, dell'anno
 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 10 gennaio 1996 il giudice
 relatore Fernando Santosuosso.
                            Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un  procedimento  in  camera  di   consiglio
 conseguente  all'impugnazione, da parte del pubblico ministero presso
 la Procura circondariale di Bergamo, di un decreto emesso dal pretore
 di Treviglio col quale venivano liquidate ad  un  perito  centottanta
 vacazioni,  il  tribunale  di  Bergamo,  investito  del  reclamo,  ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4  della
 legge  8  luglio  1980,  n.  319  (Compensi  spettanti  ai periti, ai
 consulenti  tecnici,  interpreti  e  traduttori  per  le   operazioni
 eseguite a richiesta dell'autorita' giudiziaria), in riferimento agli
 artt. 3 e 36 della Costituzione.
   A  parere  del  giudice  a  quo,  infatti, i periti ed i consulenti
 tecnici, liquidati col sistema delle vacazioni (com'e'  avvenuto  nel
 caso    di    specie),    verrebbero    a   subire   un   trattamento
 ingiustificatamente deteriore rispetto a quello previsto per i periti
 e i consulenti tecnici liquidati secondo le tabelle di cui al  d.P.R.
 27 luglio 1988, n. 352.
   Tale     trattamento,     in     considerazione,    tra    l'altro,
 dell'impossibilita' per il  giudice  di  liquidare  piu'  di  quattro
 vacazioni  al  giorno,  oltre a determinare un'ingiusta disparita' di
 trattamento tra le due categorie di ausiliari del giudice, violerebbe
 anche  l'art.  36  della  Costituzione,  costringendo  il  giudice  a
 liquidare  compensi  irrisori  o,  comunque,  non  proporzionali alla
 quantita' e qualita' del lavoro svolto e non conformi ai  criteri  di
 sufficienza della retribuzione.
   Con successiva ordinanza, emessa nel corso di altro procedimento in
 camera  di  consiglio  conseguente  all'impugnazione,  da  parte  del
 pubblico ministero presso la Procura circondariale di Bergamo, di  un
 decreto emesso dal Pretore di Treviglio, col quale venivano liquidate
 ad  un  perito  duecentottanta  vacazioni,  una  diversa  sezione del
 medesimo tribunale di Bergamo  ha  sollevato  identica  questione  di
 legittimita' costituzionale.
   2.  - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura   generale  dello  Stato,  eccependo  preliminarmente
 l'inammissibilita'   della   questione   proposta    per    imprecisa
 formulazione del petitum.
   Nel  merito, la difesa erariale ha fatto osservare che non sussiste
 violazione dell'art. 3 della Costituzione, perche' il diverso sistema
 retributivo previsto dalla legge in esame per  i  consulenti  tecnici
 compensati  con  onorari  fissi,  variabili  o  commisurati al tempo,
 corrisponde  a  diversita'  di  prestazioni,  il  che  giustifica  il
 differente trattamento.
   E  non potrebbe chiedersi alla Corte costituzionale, d'altra parte,
 di  andare  ad  aggiornare  l'attuale  compenso  stabilito  per  ogni
 vacazione,  in quanto cio' si tradurrebbe in una sentenza additiva su
 materia riservata alla competenza del legislatore.
   Parimenti, la difesa erariale ha  osservato  che  non  sussiste  la
 lamentata  violazione  dell'art.  36  della  Costituzione, poiche' la
 Corte costituzionale, con sentenza 10 giugno  1970  n.  88,  ha  gia'
 stabilito  che  il lavoro svolto dai consulenti tecnici d'ufficio non
 si  presta  ad  essere  inquadrato  in   uno   schema   che   involga
 necessariamente  un'esatta  corrispondenza tra prestazioni compiute e
 retribuzione erogata.
                         Considerato in diritto
   1. - La questione che il tribunale di Bergamo  sottopone  all'esame
 di  questa  Corte  e'  se  l'art. 4 della legge 8 luglio 1980, n. 319
 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti  tecnici,  interpreti  e
 traduttori  per  le  operazioni  eseguite  a richiesta dell'autorita'
 giudiziaria), nella parte  in  cui  stabilisce  che,  in  assenza  di
 prestazioni  professionali  previste  nelle  tabelle con retribuzione
 fissa o variabile, il compenso  venga  determinato  dal  giudice  col
 sistema  delle  vacazioni  e  col  divieto  per  il giudice stesso di
 liquidare piu' di quattro vacazioni al giorno, sia in contrasto:
     a)  con  l'art.  3  della  Costituzione,   per   l'ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  tra  i  consulenti  tecnici retribuiti a
 vacazioni e quelli retribuiti  secondo  tabella  (ossia  con  onorari
 fissi   o  variabili),  data  la  sostanziale  equiparabilita'  delle
 situazioni personali;
     b) con  l'art.  36  della  Costituzione,  in  quanto  i  compensi
 liquidabili  ai  consulenti  tecnici  in  base  alla  norma impugnata
 sarebbero irrisori  a  fronte  del  lavoro  svolto,  con  conseguente
 contrasto  con  i  principi  di  sufficienza e proporzionalita' della
 retribuzione.
   2. -  Data  l'identita'  delle  questioni  sollevate,  deve  essere
 disposta la riunione dei giudizi per essere decisi congiuntamente.
   3.    -    Preliminarmente   deve   esser   disattesa   l'eccezione
 d'inammissibilita' avanzata dall'Avvocatura generale dello Stato,  in
 quanto  dalla  motivazione dell'ordinanza di rimessione emerge che il
 petitum perseguito dal  giudice  a  quo  e'  volto  ad  estendere  ai
 consulenti  tecnici  retribuiti  a  vacazioni,  l'applicazione  di un
 sistema di liquidazione dei compensi analogo a  quello  di  cui  alla
 tabella  approvata  con il d.P.R. n. 820 del 1983 come sostituito dal
 d.P.R. 24 luglio 1988, n. 352.
   4. - Nel  merito  la  questione  e'  infondata  in  riferimento  ad
 entrambi i parametri costituzionali invocati.
   Il  tribunale constata che gli onorari di cui alla legge n. 319 del
 1980 liquidabili sulla base  del  criterio  delle  vacazioni  fissate
 dall'art.  4  nella misura di #. 18.000 per la prima (composta di due
 ore) e di #. 10.000 per le successive tre  vacazioni  consentite  per
 ogni giorno di attivita' - gia' esigui all'atto dell'aumento del 1988
 e  non  adeguati  ogni  tre  anni  come prescritto dall'art. 10 della
 citata legge - sono divenuti ancor piu' irrisori  per  effetto  della
 sopravvenuta  svalutazione  monetaria.  E  lo  stesso  art. 4, ultimo
 comma, vincola il magistrato "sotto la sua personale  responsabilita'
 a  calcolare  il  numero  delle  vacazioni  da liquidare con rigoroso
 riferimento  al  numero  delle  ore  che  siano  state   strettamente
 necessarie".
   D'altra  parte, non puo' negarsi che ai predetti effetti inflattivi
 si sottraggono invece quei compensi che, secondo le tabelle  previste
 dal  d.P.R. n. 352 del 1988, sono calcolati a percentuale rispetto al
 valore del bene o  delle  altre  utilita'  oggetto  dell'accertamento
 peritale.
   Senonche'  tale  disparita'  di  trattamento  riguarda  pur  sempre
 situazioni obiettivamente disomogenee, tant'e' che la  stessa  legge,
 mentre consente (art. 3) l'applicazione analogica degli onorari fissi
 e  variabili  (art.  2)  anche  per  le  prestazioni  simili a quelle
 espressamente previste nelle tabelle, impone nel contempo di adottare
 (art. 4) il diverso  sistema  delle  "vacazioni"  (commisurazione  al
 tempo impiegato) per le indeterminate prestazioni non riconducibili a
 quelle   previste   dalle  tabelle  o  a  quelle  ad  esse  analoghe.
 Quest'ultimo  sistema  di  liquidazione   ha,   pertanto,   carattere
 meramente  residuale  e  di  chiusura rispetto a quello della tabella
 degli onorari fissi e  variabili,  il  quale  dovrebbe,  nell'intento
 legislativo,  coprire  quasi  tutta  l'area  delle materie, sempre se
 accompagnato da un  periodico  aggiornamento  delle  stesse  e  delle
 relative tariffe.
   Ne'   puo'   argomentarsi  diversamente  in  base  alla  precedente
 pronuncia di questa Corte (n. 230 del 1989)  invocata  dal  tribunale
 rimettente,  dal  momento  che  essa riguardava il diverso caso della
 mancata  estensione  all'attivita'  del  custode  in  materia  penale
 dell'indennita'  spettante  al  custode  in  materia  amministrativa,
 ritenuto dalla Corte meritevole  di  essere  legalmente  disciplinato
 trattandosi  di  "attivita'  ontologicamente  identica in entrambe le
 ipotesi".
   5. - Al divario  della  misura  degli  onorari  derivante  dai  due
 sistemi  di  liquidazione,  previsti  per  la differente natura delle
 rispettive prestazioni, puo' ovviarsi con meccanismi  di  adeguamento
 degli  onorari  stessi  all'andamento  dei  valori monetari. Per tale
 motivo la citata legge n. 319 del 1980 ha  stabilito  (art.  10)  che
 l'adeguamento  degli onorari avvenga, non in modo automatico, ma ogni
 tre anni, in base alle variazioni accertate dall'ISTAT,  con  decreto
 del  Presidente della Repubblica su proposta del Ministro di grazia e
 giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro.
   Pertanto  l'attuale  inadeguatezza  degli  onorari commisurati alla
 durata ed il loro divario rispetto agli onorari a percentuale  si  e'
 andato  notevolmente aggravando col passare del tempo non per difetto
 legislativo,  ma  bensi'  per  il  deplorevole  inadempimento   delle
 autorita'  indicate.  A  tale  inerzia e' possibile ovviare con altri
 rimedi, ma non invocando l'intervento del giudice delle leggi.
   E' pur  vero  che  non  sono  mancate  pronunce  di  illegittimita'
 costituzionale (cosi' le sentenze nn. 288 del 1994 e 497 del 1988) di
 norme  nella  parte  in cui non prevedevano meccanismi di adeguamento
 automatico al valore monetario, ma quei casi  avevano  ad  oggetto  i
 trattamenti  speciali  per  la  disoccupazione  involontaria,  volti,
 quindi, ad assicurare mezzi adeguati  alle  esigenze  dei  lavoratori
 meritevoli di tutela sociale.
   6.  -  In  ordine  al  secondo  parametro  invocato  (art. 36 della
 Costituzione), secondo il tribunale rimettente "la considerazione che
 si tratti di  un  ufficio  legalmente  dovuto,  non  assimilabile  ad
 un'attivita'  lavorativa in senso proprio, non elimina il problema, e
 quindi (gli onorari) devono  effettivamente  rappresentare  un  serio
 ristoro  per  i  professionisti  che  prestano  la  loro opera per la
 giustizia, e che, tra l'altro, non possono  rifiutarsi  di  adempiere
 all'incarico (cfr.  art. 366 cod. pen.)".
   In  proposito questa Corte ha gia' avuto occasione (sentenza n.  88
 del 1970) di osservare che l'art.  36  della  Costituzione  "e'  male
 addotto, innanzitutto perche' il lavoro svolto dai consulenti tecnici
 d'ufficio  non  si  presta  a  rientrare in uno schema che involga un
 necessario e logico confronto tra prestazioni e retribuzione e quindi
 un qualsiasi giudizio sull'adeguatezza e sufficienza di quest'ultima.
 Ed in secondo luogo, perche' non c'e' modo di valutare in che  misura
 quel  lavoro  giochi  nella  complessiva  attivita'  di coloro che in
 concreto lo svolgono e come i compensi per le relative operazioni  (a
 parte  l'impossibilita' o difficolta' di coglierne la totale entita')
 concorrano alla  formazione  dell'intero  reddito  professionale  del
 singolo prestatore".
   Nella  richiamata  decisione  la Corte conclude affermando che: "La
 situazione in cui si trovano i consulenti d'ufficio,  e  che  non  e'
 dissimile  da  quella  delle categorie dei periti, degli interpreti e
 dei traduttori, potrebbe anche apparire tale da suggerire  iniziative
 o  modifiche  sul  terreno legislativo nel rispetto delle esigenze di
 carattere  pubblico  e  privato  concorrenti  nello  svolgimento  del
 processo  civile. Ma essa non conduce, a proposito delle norme che la
 comportano, ad alcuna violazione dell'art. 36, comma primo".
   7. - Puo' solo aggiungersi che il  riferimento  fatto  dall'art.  2
 della  legge  n.  319  del  1980  alle tariffe professionali non puo'
 qualificarsi   come   rinvio   recettizio,   ma   rappresenta    solo
 l'indicazione   di   un   possibile,   non  tassativo,  parametro  di
 liquidazione, limitatamente comunque agli onorari fissi e variabili e
 sempre con  il  contemperamento  dovuto  alla  "natura  pubblicistica
 dell'incarico".
   Conclusivamente, questa Corte non puo' non rinnovare l'auspicio che
 -  in  attesa  di  norme migliori - le autorita' indicate dalla legge
 impugnata  provvedano  a  rispettare   le   scadenze   triennali   di
 adeguamento  dei  compensi  dovuti  in base alle variazioni accertate
 dall'ISTAT.