ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  38  (recte:
 art.  2,  numero  38)  della  legge  16  febbraio 1987, n. 81 (Delega
 legislativa al Governo della Repubblica per  l'emanazione  del  nuovo
 codice di procedura penale) e degli artt. 369, 554, 350, commi 2, 3 e
 7,  514,  comma  1,  e  503, comma 3, del codice di procedura penale,
 promosso con ordinanza emessa il 25 ottobre 1994 dal pretore di Lecce
 - sezione distaccata di Casarano nel procedimento penale a carico  di
 Pantaleo Pietruccia, iscritta al n. 347 del registro ordinanze 1995 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 25, prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 24 gennaio 1996 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto che il pretore di Lecce - Sezione distaccata di  Casarano,
 ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  38  (recte:  art.
 2, numero 38) della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa
 al  Governo  della  Repubblica  per  l'emanazione del nuovo codice di
 procedura penale) e degli artt. 369 e 554  del  codice  di  procedura
 penale,  nella  parte  in  cui  "prevedono nel procedimento pretorile
 soltanto l'informazione di garanzia sin dal primo atto  al  quale  il
 difensore  ha  diritto  di assistere senza nessun termine ragionevole
 per informare  l'indagato  -  nei  modi  piu'  adeguati  e  opportuni
 possibili  - che e' stato iniziato un procedimento a suo carico e non
 si ritiene ancora di chiedere l'archiviazione o  compiere,  comunque,
 atti istruttori o disporre il decreto di citazione a giudizio davanti
 al pretore";
     che  in  subordine  viene sollevata, in riferimento agli artt. 3,
 24,  secondo  comma,  e  112   della   Costituzione,   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  554,  comma 1, del codice di
 procedura penale, nella parte in cui autorizza il pubblico  ministero
 a  rinviare  l'imputato  a  giudizio senza compiere alcuna indagine e
 senza prima sentire l'indagato;
     che in ulteriore subordine viene sollevata, in  riferimento  agli
 artt.   24  e  112  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 350, commi 2, 3 e 7, 514, comma 1, e  503,
 comma  3,  del  codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui
 "escludono l'acquisizione  e  l'utilizzabilita'  delle  dichiarazioni
 spontanee  rese  dall'indagato  o assunte alla presenza del difensore
 dalla p.g., se non limitatamente all'ipotesi di contestazione di  cui
 all'art. 503 s.c.";
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate;
   Considerato  che  con  la  questione  principale  il  giudice a quo
 richiede a questa Corte di rielaborare, "nei  modi  piu'  adeguati  e
 opportuni  possibili",  l'istituto  della  informazione  di garanzia,
 cosi' formulando un petitum che  palesemente  fuoriesce  dai  confini
 istituzionalmente  assegnati  al controllo di costituzionalita' delle
 norme per investire una gamma indifferenziata di possibili scelte che
 vanno  riservate  alla   esclusiva   sfera   della   discrezionalita'
 legislativa,   il   che  rende  il  quesito  proposto  manifestamente
 inammissibile;
     che con  la  prima  delle  questioni  subordinate  il  rimettente
 solleva  censure  identiche  a  quelle  gia' affrontate e risolte con
 l'ordinanza n. 137 del 1995, sicche', non deducendo il giudice a  quo
 profili  nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione ora
 proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata;
     che  l'ultima  delle  sollevate   questioni   e'   manifestamente
 inammissibile  perche'  prospettata  in  via  del tutto ipotetica, in
 quanto,  considerato  che   un   profilo   di   utilizzazione   delle
 dichiarazioni  precedentemente  rese puo' venire in discorso soltanto
 in sede di esame e contestazioni, e posto che l'istruzione probatoria
 non  risulta  essere  neppure  iniziata,  qualsiasi  censura  che  si
 rifletta  sui  limiti di utilizzazione probatoria delle dichiarazioni
 rese  nel  corso  delle  indagini  dall'imputato  appare   priva   di
 attualita'  e  rilevanza, al punto che il "pregiudizio" che lo stesso
 rimettente profila a sostegno della impugnativa non puo'  che  essere
 formulato  in termini di mera eventualita', "a seconda del contenuto"
 di tali dichiarazioni;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87,  e  9,  secondo  comma,  delle  norme  integra-tive per i giudizi
 davanti alla Corte costituzionale.