ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 127, comma
 10, e 141-bis, del codice di procedura penale promosso con  ordinanza
 emessa  il  2  settembre 1995 dal giudice per le indagini preliminari
 presso il tribunale di Lucca nel  procedimento  penale  a  carico  di
 Pietroluongo  Antonio  ed  altri,  iscritta  al  n.  730 del registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 febbraio 1996 il giudice
 relatore Enzo Cheli;
   Ritenuto  che  nel  corso  del  procedimento  penale  a  carico  di
 Pietroluongo  Antonio  e  Mei Riccardo, con ordinanza del 2 settembre
 1995, il giudice per le indagini preliminari presso il  tribunale  di
 Lucca  ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 127, comma 10, del
 codice di procedura penale, nella parte in cui consente, "di regola",
 per    l'arrestato,    solo    la     verbalizzazione     riassuntiva
 dell'interrogatorio,  e  dell'art.  141-bis  del  codice di procedura
 penale - relativamente all'inciso "e che non si svolga in udienza"  -
 nella  parte  in  cui non contempla l'interrogatorio dell'arrestato o
 del fermato tra le ipotesi obbligatorie di verbalizzazione integrale;
     che il giudice rimettente, premettendo che il processo a  quo  si
 trova  nella  fase  dell'udienza  camerale  di convalida dell'arresto
 degli indagati, nel corso della quale e' necessario procedere al loro
 interrogatorio secondo le modalita' previste dagli artt. 64 e ss. del
 codice di procedura penale, osserva che l'art. 141-bis  dello  stesso
 codice,  introdotto  dalla  legge  8 agosto 1995, n. 332, prevede - a
 pena di inutilizzabilita' dell'atto - che  ogni  interrogatorio,  che
 non  si  svolga  in  udienza,  di  persona  che si trovi, a qualsiasi
 titolo, in stato di detenzione, deve essere documentato integralmente
 con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva;
     che nell'ordinanza di rimessione si afferma quindi che la persona
 arrestata o fermata, pur rientrando tra i soggetti detenuti e dovendo
 essere sottoposta a un interrogatorio che non  differisce  da  quello
 cui  e'  sottoposta la persona in stato di custodia cautelare, non e'
 compreso tra i destinatari della norma di garanzia prevista dall'art.
 141-bis del codice di  procedura  penale,  dal  momento  che  la  sua
 audizione  si  svolge  in  un'udienza  in  camera di consiglio, e che
 pertanto, nella  fattispecie,  l'interrogatorio  degli  indagati  nel
 giudizio  a  quo dovrebbe essere verbalizzato secondo la disposizione
 dell'art. 127 del codice di procedura penale;
     che, ad avviso del giudice rimettente, le norme impugnate  ledono
 l'art.   3  della  Costituzione,  dal  momento  che  determinano  una
 irragionevole   disparita'   di   trattamento   tra   le    posizioni
 sostanzialmente  omogenee  in  cui  si  trovano  i soggetti detenuti,
 considerando anche che la posizione della persona arrestata,  per  la
 quale  non  e'  ancora  intervenuta  una  decisione  giurisdizionale,
 giustifica semmai un aumento delle garanzie  processuali  rispetto  a
 coloro che si trovano in stato di custodia cautelare;
     che  nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  per  chiedere che la questione sollevata sia
 dichiarata inammissibile o infondata;
   Considerato che, come emerge dagli  atti,  la  questione  e'  stata
 sollevata  contestualmente  al  provvedimento con il quale il giudice
 rimettente, ritenuta l'impossibilita' di procedere all'interrogatorio
 ex art. 391 cod. proc.  pen.,  non  ha  convalidato  l'arresto  degli
 indagati,  senza  sospendere  il procedimento a quo, come risulta dal
 dispositivo dell'ordinanza di rimessione;
     che il giudice a quo ha, pertanto, esaurito la propria cognizione
 relativa alla fase cautelare concernente  la  convalida  dell'arresto
 degli   indagati,  e  che  di  conseguenza  la  questione  sollevata,
 risultando  priva  del  requisito  della  pregiudizialita'  e   della
 rilevanza   nel  giudizio     a  quo,  va  dichiarata  manifestamente
 inammissibile;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.