ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2 e 3, della legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge), promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1995 dal pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra FNLE CGIL - FLERICA CISL e Azienda Consorziale Servizi Reno, iscritta al n. 382 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1995; Visti l'atto di costituzione della FNLE - CGIL territoriale di Bologna nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 1996 il giudice relatore Cesare Ruperto; Ritenuto che nel corso di un procedimento ex art. 28 della legge n. 300 del 1970 - instaurato dalla FNLE-CGIL e dalla FLERICA-CISL al fine di ottenere la dichiarazione dell'antisindacalita' delle trattenute dei contributi operate dall'Azienda consortile servizi Reno, in occasione di uno sciopero tenutosi senza l'osservanza dell'obbligo di preavviso minimo di dieci giorni - il pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 23 marzo 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 39 e 40 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2 e 3, della legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge); che - premessa la concreta applicabilita' nella fattispecie de qua delle disposizioni di cui al citato art. 4, comma 2 - osserva il rimettente come il prospettato vulnus ai richiamati parametri costituzionali derivi dall'attribuzione al datore di lavoro del potere di applicare sanzioni disciplinari a carico delle associazioni sindacali (sottoposte, cosi', proprio al soggetto contro il quale esercitano lo sciopero, in assenza di ogni garanzia procedurale che disciplini l'irrogazione delle sanzioni stesse), con sensibile incidenza sulla vita e sulla stessa ragion d'esistere di queste e con conseguente menomazione dei principi relativi alla liberta' sindacale e al diritto di sciopero, peraltro riaffermati, nelle sue opzioni ideologiche di fondo, dalla legge n. 146 del 1990; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilita' delle questioni o, in alternativa, per la restituzione degli atti al giudice a quo, non avendo il rimettente tenuto conto della sentenza n. 57 del 1995, con la quale questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del comma 2 dell'impugnato art. 4; che si e' altresi' costituita la FNLE-CGIL, in persona del segretario territoriale, deducendo il sostanziale superamento delle odierne questioni di costituzionalita' per via delle motivazioni e del decisum della citata sentenza n. 57 del 1995; Considerato che, con la sentenza n. 57 del 1995, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 12 giugno 1990, n. 146, "nella parte in cui non prevede che la sospensione dei benefici di ordine patrimoniale ivi previsti avvenga su indicazione della Commissione di cui all'art. 12"; che contestualmente la Corte, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo anche l'art. 13, lettera c), della citata legge n. 146 del 1990, "nella parte in cui non prevede che la segnalazione della Commissione sia effettuata anche ai fini previsti dal comma 2 dell'art. 4"; che in particolare - ritenuta un'irragionevolezza interna allo stesso sistema sanzionatorio riguardante i sindacati - questa Corte ha affermato che l'irrogazione delle misure patrimoniali, previste dal comma 2 dell'art. 4, non possa prescindere da quel presupposto procedimentale (le cui fasi, non sottratte al generale canone audiatur et altera pars, risultano scandite dal successivo art. 12), che, rispetto alla garanzia della liberta' sindacale sancita dall'art. 39 della Costituzione, "si configura come un requisito minimo indispensabile per l'insorgenza del potere sanzionatorio, ricollegando questo ad una imparziale valutazione delle circostanze rilevanti ed in tal guisa sottraendolo, nel momento genetico, alla unilaterale determinazione di un soggetto, quale il datore di lavoro, portatore di interessi potenzialmente contrapposti"; che - proprio in considerazione della ratio legis correlata alla estraneita' delle problematiche riguardanti il rapporto tra diritto di sciopero ed interessi dell'impresa rispetto alla tutela degli interessi degli utenti approntata dalla normativa de qua - e' stato percio' ritenuto che la segnalazione della Commissione di garanzia, quale soggetto super partes dotato di alta competenza, "si impone come necessario presupposto dell'azione sanzionatoria"; che, conseguentemente, in ragione dello specifico thema decidendum prospettato dal rimettente, il quale non ha tenuto conto della menzionata pronuncia di incostituzionalita' della denunciata norma, la questione relativa al comma 2 del citato art. 4 va dichiarata manifestamente inammissibile; che l'ulteriore questione di legittimita' costituzionale del comma 3 dello stesso articolo risulta - stante l'esplicita affermazione dello stesso rimettente, secondo cui nel giudizio a quo non viene in contestazione la sanzione della esclusione dei sindacati dalle trattative - manifestamente inammissibile per la sua evidente irrilevanza; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.