ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, del decreto-legge 13 settembre 1991, n. 299 (Disposizioni concernenti l'applicazione nell'anno 1991 dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili di cui all'art. 3 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, i versamenti dovuti a seguito delle dichiarazioni sostitutive in aumento del reddito dei fabbricati e l'accertamento di tali redditi, nonche' altre disposizioni tributarie urgenti), convertito in legge 18 novembre 1991, n. 363 promosso con ordinanza emessa il 30 marzo 1995 dalla Corte di cassazione sui ricorsi riuniti proposti da Impresa Generale Affissioni Pubblicita' S.p.a. contro Comune di Napoli, Comune di Napoli contro Impresa Generale Affissioni Pubblicita' S.p.a., iscritta al n. 523 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1995; Visto l'atto di costituzione della S.p.a. Impresa Generale Affissioni Pubblicita'; Udito nella udienza pubblica del 23 gennaio 1996 il giudice relatore Renato Granata. Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio di impugnazione del lodo emesso dalla commissione arbitrale di cui al regio decreto-legge 25 gennaio 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460, la Corte di cassazione - con riferimento agli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione - ha sollevato (con ordinanza del 30 marzo 1995) questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 4 bis, primo comma, del decreto-legge 13 settembre 1991, n. 299, convertito nella legge 18 novembre 1991, n. 363, nella parte in cui - in caso di mancato accordo delle parti in ordine alla revisione delle misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso nei contratti di concessione del servizio per l'accertamento e la riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicita' - demanda la revisione stessa alla commissione arbitrale suddetta. In particolare la Corte rimettente - nel richiamare le pronunce con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' di varie previsioni di arbitrato obbligatorio (sentenze nn. 49, 206 e 232 del 1994) - rileva che dalla giurisprudenza costituzionale emerge il principio generale che il fondamento dell'arbitrato, sulla base del combinato disposto degli artt. 24, primo comma (diritto di agire in giudizio e correlativo esercizio), e 102, primo comma, della Costituzione (riserva della funzione giurisdizionale ai giudici ordinari), risiede nella libera scelta delle parti, perche' soltanto la scelta dei soggetti coinvolti (intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all'art. 24, primo comma, della Costituzione) puo' derogare al precetto contenuto nell'art. 102, primo comma, della Costituzione. Considerato in diritto 1. - E' stata sollevata questione incidentale di legittimita' costituzionale - in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione - dell'art. 4-bis, primo comma, del decreto-legge 13 settembre 1991, n. 299 (Disposizioni concernenti l'applicazione nell'anno 1991 dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili di cui all'art. 3 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, i versamenti dovuti a seguito delle dichiarazioni sostitutive in aumento del reddito dei fabbricati e l'accertamento di tali redditi, nonche' altre disposizioni tributarie urgenti), convertito nella legge 18 novembre 1991, n. 363, nella parte in cui - in caso di mancato accordo delle parti in ordine alla revisione delle misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso convenuto nei contratti di concessione del servizio per l'accertamento e la riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicita' e dei diritti sulle pubbliche affissioni - demanda la revisione stessa alla commissione arbitrale di cui al regio decreto-legge 25 gennaio 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460, per sospetta violazione del principio secondo cui la previsione ex lege della giurisdizione arbitrale e' costituzionalmente legittima soltanto se rimessa alla libera scelta delle parti. 2. - La questione e' fondata. Principio piu' volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale e' quello per cui la legittimita' dell'istituto dell'arbitrato presuppone necessariamente il suo carattere facoltativo sicche' l'eventuale previsione, come nella fattispecie, di un'ipotesi di arbitrato obbligatorio ex lege rappresenta una inammissibile compressione del diritto di azione e di difesa (art. 24, primo comma, della Costituzione) ed una negazione della tutela giurisdizionale (art. 102, primo comma, della Costituzione). Ed infatti con sentenza n. 232 del 1994 questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 18, quinto comma, del decreto-legge n. 359 del 1987, convertito nella legge n. 440 del 1987, nella parte in cui demandava la revisione alla commissione arbitrale prevista dall'art. 1 del citato regio decreto-legge n. 36 del 1931, ritenendolo in contrasto con l'art. 102, primo comma, della Costituzione, con connesso pregiudizio del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione. Parimenti con sentenza n. 206 del 1994 questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 14, terzo comma, del decreto-legge n. 318 del 1986, convertito nella legge n. 488 del 1986, nella parte in cui, attraverso il rinvio all'art. 25, secondo comma, del decreto-legge n. 55 del 1983, convertito nella legge n. 131 del 1983, demandava detta revisione alla commissione arbitrale suindicata, nonche', conseguentemente, l'illegittimita' costituzionale del richiamato art. 25, secondo comma, del decreto-legge n. 55 del 1983. Analoga dichiarazione di illegittimita' costituzionale ha colpito l'art. 26, settimo comma, del decreto-legge n. 153 del 1980, convertito nella legge n. 299 del 1980 (sentenza n. 49 del 1994). Anche nella fattispecie la disposizione censurata - dopo aver previsto che, con effetto dal 1 gennaio 1992, le tariffe in materia di imposta comunale sulla pubblicita' e diritti sulle pubbliche affissioni sono aumentate del 30 per cento - prescrive altresi' che le misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso, convenute nei contratti di concessione del servizio per l'accertamento e la riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicita' e dei diritti sulle pubbliche affissioni, devono essere revisionate in relazione alle maggiori riscossioni derivanti da detto aumento di tariffe; e stabilisce altresi' che, in caso di mancato accordo tra le parti, la revisione e' demandata (necessariamente, quindi) alla suddetta commissione arbitrale, configurando cosi' un'ipotesi di arbitrato obbligatorio. Soccorre quindi la medesima ratio decidendi delle citate pronunce di questa Corte sicche' deve dichiararsi l'illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.