ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2751-bis,
 numero  3,  del  codice  civile,  promosso  con ordinanza emessa il 4
 aprile 1995 dalla Corte d'appello di Genova nel  procedimento  civile
 vertente  tra  S.r.l.  Caccavale e Jecco e Fallimento S.p.a. Galante,
 iscritta al numero 343 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  25,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1995;
   Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Caccavale  e Jecco S.r.l. e
 Fallimento  Galante  S.p.a.,  nonche'  l'atto   di   intervento   del
 Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito nella udienza pubblica del 9 gennaio 1996 il Giudice relatore
 Renato Granata;
   Uditi gli avv.ti Lucio V. Moscarini per Caccavale e Jecco S.r.l.  e
 Giorgio  Schiano  di  Pepe  per il Fallimento Galante S.p.a., nonche'
 l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri.
                            Ritenuto in fatto
   1.  - Nel corso del giudizio d'impugnazione promosso dalla societa'
 Caccavale e Jecco S.r.l. nei confronti del Fallimento Galante S.p.A.,
 avente ad oggetto il carattere  privilegiato,  o  meno,  del  credito
 vantato  dalla societa' appellante, la Corte d'appello di Genova, con
 ordinanza  del  13 aprile 1995, ha sollevato questione incidentale di
 legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento  all'art.  3   della
 Costituzione  - dell'art. 2751-bis (rectius: art. 2751-bis numero 3),
 del codice civile nella parte in cui non limita il riconoscimento del
 privilegio a favore dell'agente-persona fisica e dell'agente-societa'
 di persone, quando in queste l'attivita' di agente  sia  direttamente
 svolta  dagli  agenti-soci ed il lavoro abbia funzione preminente sul
 capitale.   In particolare  secondo  la  prospettazione  della  Corte
 rimettente  sarebbe  violato  il  principio di eguaglianza perche' la
 garanzia del privilegio trova sempre applicazione nei  confronti  dei
 crediti   degli   agenti   anche   operanti   in   forma  societaria,
 ricollegandosi cosi' la medesima disciplina a situazioni  che  invece
 sono  diverse  e che quindi avrebbero dovuto essere differenziate. Ed
 infatti, mentre le altre ipotesi previste dallo stesso art.  2751-bis
 si  riferiscono  a casi nei quali si pone una esigenza di particolare
 tutela del lavoro, sia esso subordinato o svolto nelle forme  di  cui
 ai numeri 2 e 4 della medesima disposizione, ovvero a casi nei quali,
 sia  pure  in  forma  societaria,  l'attivita'  svolta  dai  soci  si
 caratterizza per l'esclusione di un fine di lucro o comunque  per  la
 preminenza  del  lavoro  rispetto  al  capitale  (nn.    5  e 5-bis),
 viceversa, nel caso del numero 3, si  verificherebbe  una  del  tutto
 irragionevole  parificazione  tra  salario  e  profitto,  atteso che,
 secondo la giurisprudenza della Corte di  cassazione,  il  privilegio
 sarebbe  sempre  sussistente,  anche  nel  caso di credito vantato da
 agente operante in forma di societa'.
   2. -  Si  e'  costituita  la  societa'  Caccavale  e  Iecco  S.r.l.
 chiedendo,  anche  con  successiva  memoria,  che  la  questione  sia
 dichiarata infondata ritenendo insussistente la denunciata violazione
 del principio di eguaglianza, atteso  che  la  giustificazione  della
 garanzia e' da ricercare nelle caratteristiche del credito (che trova
 la  sua  fonte  in un'attivita' continuativa) piuttosto che in quelle
 dei singoli soggetti creditori.
   3.  -  Si  e'  costituito  anche  il  Fallimento   Galante   S.p.A.
 concludendo,  in adesione alle argomentazioni della Corte rimettente,
 per la incostituzionalita' della disposizione censurata.
   4. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  infondata.  Osserva  in
 particolare l'Avvocatura che la norma censurata non ha operato alcuna
 generica  equiparazione  tra  retribuzione  di attivita' lavorativa e
 profitto dell'attivita' economica esercitata da  imprese  societarie;
 ma si e' solo limitata a non distinguere, nella ipotesi del contratto
 di  agenzia,  tra  il  caso  dell'agente persona fisica e dell'agente
 costituito in forma di societa' commerciale; cio'  perche'  l'obbligo
 continuativo  di far concludere contratti a una impresa commerciale e
 di concluderli in sua rappresentanza esige di solito che l'agente  vi
 dedichi la sua personale attivita' professionale.
                         Considerato in diritto
   1.  - E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale -
 in riferimento all'art. 3 della  Costituzione  -  dell'art.  2751-bis
 (rectius:  art.  2751-bis  numero 3) del codice civile nella parte in
 cui non limita il riconoscimento del privilegio a favore dei  crediti
 dell'agente   all'ipotesi  dell'agente-persona  fisica  ed  a  quella
 dell'agente-societa'   di   persone   sempre  che  in  tali  societa'
 l'attivita' di agente sia direttamente svolta dagli agenti-soci ed il
 lavoro  abbia  funzione  preminente  sul  capitale;  in  particolare,
 sarebbe   violato  il  principio  di  eguaglianza  sotto  il  profilo
 dell'uguale  trattamento  di  situazioni  differenziate   perche'   -
 diversamente  dalle  ipotesi considerate negli altri numeri dell'art.
 2751-bis cit. - la garanzia del privilegio trova sempre  applicazione
 per il solo fatto che creditore sia un agente e quindi anche nel caso
 di  agente  operante  in  qualsiasi forma societaria ed a prescindere
 dalla rilevanza del fattore-lavoro rispetto al capitale.
   2. - La questione e' inammissibile.
   Deve premettersi che l'originaria formulazione dell'art.  2751  del
 codice  civile  prevedeva  al  numero 6 il credito dell'agente per le
 provvigioni maturate negli ultimi sei mesi del rapporto, nonche'  per
 l'indennita'  di  fine rapporto; previsione questa che seguiva quella
 analoga in favore del lavoratore  subordinato  e  che,  unitamente  a
 quest'ultima, realizzava soltanto in parte l'intento dichiarato nella
 Relazione  al  Re  (n.  1130)  di  "estendere a qualunque prestazione
 d'opera, sia materiale  sia  intellettuale,  il  privilegio  ..."  in
 questione.    In realta' - dopo la generalizzazione del privilegio in
 favore del lavoratore subordinato (art. 66 legge n.153 del 1969) - e'
 solo con la legge n. 426 del 1975 di modifica  della  disciplina  dei
 privilegi  che si amplia ulteriormente l'area della tutela del lavoro
 con la confluenza, nell'art. 2751-bis del codice  civile  di  ipotesi
 varie:    al  lavoratore  subordinato  e  all'agente si aggiungono il
 prestatore  d'opera  intellettuale,  il   coltivatore   diretto,   il
 mezzadro,  il  colono,  l'imprenditore  artigiano,  le cooperative di
 produzione e lavoro.  Successivamente l'art. 18 della legge n. 59 del
 1992 ha infine esteso il privilegio anche alle  societa'  cooperative
 agricole ed ai loro consorzi.
   Questa   progressiva   estensione   delle   categorie  dei  crediti
 garantiti,  pur  nella  prospettiva  (chiaramente  risultante   dalla
 discussione  parlamentare  che  ha  accompagnato  la formazione della
 legge n. 426 del 1975 citata) di un  allargamento  della  tutela  del
 lavoro  personale  in  senso  stretto  e  di  quello  a  quest'ultimo
 assimilabile, ha lasciato  inalterato  il  riferimento  oggettivo  al
 rapporto  di  agenzia senza che - secondo il diritto vivente, fissato
 dalla giurisprudenza della Corte di cassazione -  possa  distinguersi
 sotto il profilo soggettivo tra l'agente costituito da persona fisica
 e quello costituito da una societa'. Quindi plausibilmente il giudice
 rimettente  muove  dalla  premessa della indistinta assimilazione, al
 fine  in  esame,  di  qualsivoglia  agente,  anche  se  una   diversa
 ricostruzione  sistematica  sia ritenuta possibile da una parte della
 giurisprudenza di merito e  della  dottrina,  le  quali  operano  una
 distinzione  nell'ambito della categoria dell'agente si' da riservare
 il privilegio unicamente all'agente persona fisica o societa' in  cui
 l'apporto  del  fattore  lavoro  sia preminente rispetto a quello del
 capitale, ed anche se, con riferimento al numero 2 del medesimo  art.
 2751-bis  del codice civile, la stessa giurisprudenza di legittimita'
 opera proprio tale distinzione ritenendo che il  privilegio  relativo
 alla  retribuzione  del  prestatore  d'opera  intellettuale  non  sia
 estensibile ai crediti delle societa' di revisione contabile.
   3.  - Cio' premesso, deve rilevarsi che - ancorche' lo scrutinio di
 costituzionalita' sia consentito, come richiesto dal giudice  a  quo,
 all'interno  di  una  specifica  norma  attributiva  di un privilegio
 (sentenza n. 84 del 1992)  -  l'esame  del  merito  e'  nella  specie
 precluso  da  una  liminare  ragione  di inammissibilita' che risulta
 dalla stessa prospettazione dell'ordinanza di  rimessione,  la  quale
 invoca una pronuncia additiva per restringere l'ambito della garanzia
 soltanto  all'agente-persona  fisica e all'agente-societa' di persone
 sempre che in tali societa' l'attivita' di  agente  sia  direttamente
 svolta  dagli  agenti-soci ed il lavoro abbia funzione preminente sul
 capitale. Infatti il giudice a quo, formulando tale richiesta, non fa
 altro che proporre l'adozione di un modello normativo, correlato alla
 struttura soggettiva dell'agente, diverso  da  quello  prescelto  dal
 legislatore,  in  tema di fruizione della garanzia, fra i molteplici,
 diversi modelli dallo stesso legislatore  adottati  in  relazione  ad
 altre,  diverse  fattispecie.  Cosi' l'art.   409 numero 3 cod. proc.
 civ., al fine  dell'applicazione  del  rito  delle  controversie  del
 lavoro,  distingue in ragione del carattere prevalentemente personale
 dell'opera prestata, mentre quanto alla previdenza e  all'obbligo  di
 iscrizione  al  relativo  Fondo  l'art.  5  della legge n.12 del 1973
 distingue tra agenti-persone fisiche ed agenti - che pur operando  in
 societa'  -  siano  illimitatamente  responsabili,  da  un  lato,  e,
 dall'altro, agenti operanti in forma  di  societa'  di  capitali.  Ed
 ancora  un  terzo,  ed  ulteriormente  diverso,  modello  e' previsto
 dall'art. 6 della legge n. 204 del 1985, che al fine  dell'iscrizione
 all'albo, prevede un'unica disciplina sia per l'agente-persona fisica
 che  per  l'agente-societa';  modello  - quest'ultimo - che e' quello
 recepito anche dalla disposizione censurata secondo l'interpretazione
 della Corte di cassazione.
   Orbene il modello sostitutivo proposto dal giudice  rimettente  con
 riferimento  alla  materia dei privilegi di cui e' causa - secondo il
 quale dovrebbe distinguersi fra le persone fisiche e le  societa'  di
 persone  nelle  quali  l'attivita' lavorativa sia direttamente svolta
 dal socio ed il lavoro sia preminente sul capitale, da  un  lato,  e,
 dall'altro,  tutte  le  altre  societa'  di  persone e le societa' di
 capitali - e', a sua volta, ancora diverso da quelli sopra ricordati,
 essendo soltanto analogo, ma non identico, a quello di cui al  numero
 5   del   medesimo  art.  2751-bis  del  codice  civile,  concernente
 l'imprenditore artigiano.  Infatti,  secondo  l'art.  3  della  legge
 quadro n. 443 del 1985, e' impresa artigiana, oltre alla individuale,
 anche  quella costituita in forma cooperativa - escluse le societa' a
 responsabilita' limitata e le societa' per azioni - a condizione  che
 la  maggioranza  dei soci, o uno nel caso di due soli soci, svolga in
 prevalenza  lavoro  personale  o  che  nell'impresa  il  lavoro   sia
 preminente sul capitale.
   Poiche'  -  dunque  - la pronunzia additiva richiesta dal giudice a
 quo per la rimozione  del  vulnus  da  lui  denunziato  risponderebbe
 comunque non ad una soluzione costituzionalmente obbligata, bensi' ad
 una  delle  diverse  soluzioni  possibili,  la  questione  come sopra
 proposta risulta inammissibile.