IL PRETORE
   Letta     la    memoria    illustrativa    della    eccezione    di
 incostituzionalita' dell'ultimo comma dell'art. 21 legge n. 319/1976,
 cosi' come introdotto dal decreto-legge 15 novembre 1993,  convertito
 con modifiche nella legge n. 172/1995;
   Rilevato  che  in  essa  si  lamenta  da  parte  del p.m. un palese
 contrasto della detta norma con i principi sanciti negli artt. 3,  9,
 10 e 32 della Costituzione per i seguenti motivi:
     quanto  all'art.  3 della Costituuione, deduce il p.m. che l'aver
 la  legge  depenalizzato  gli  scarichi  senza  autorizzazione  delle
 pubbliche   fognature,   servite  o  meno  da  impianti  pubblici  di
 depurazione, mantenendo pero'  la sanzione penale  per  chi  effettua
 scarichi  produttivi  senza provvedimento autorizzatorio, costituisce
 violazione del  principio  di  uguaglianza,  facendosi  dipendere  la
 qualificazione  del  fatto  come  reato  o  meno,  dalla qualita' del
 soggetto   titolare   dello   scarico,   imprenditore   o    pubblico
 amministratore,  laddove  per  quanto  riguarda  gli  scarichi  delle
 pubbliche fognature, attesa la loro natura mista, niente  toglie  che
 in  queste  sversino  anche  insediamenti  produttivi,  con un carico
 inquinante di gran lunga maggiore di quelli civili, producendo  cosi'
 effetti  analoghi,  senza  che  pero'  per  questi  sia  prevista una
 sanzione penale, a quelli  derivanti  dallo  sversamento  diretto  su
 suolo  o  in  acque pubbliche di scarichi da insediamenti produttivi,
 per i quali invece la sanzione penale e' rimasta;
     quanto agli artt. 9, secondo  comma,  e  32  della  Costituzione,
 rileva  l'istante  che  la  norma  in  esame  lederebbe  beni,  quali
 l'ambiente  e  la  salute  pubblica,   costituzionalmente   protetti,
 depotenziandone la tutela;
     quanto,  infine all'art. 10 della Costituzione, il rappresentante
 della pubblica accusa eccepisce che la    normativa  in  oggetto  non
 avrebbe  tenuto  nel  debito  conto  la direttiva CEE n. 271 del 1991
 laddove, all'articolo 2, distingue tra  acque  reflue  domestiche  ed
 industriali,  prevedendo per la classificazione delle prime una serie
 di requisiti, e sarebbe in palese contrasto con  la  normativa  della
 Comunita'  in  tema  di  inquinamento,  che  impone  ai  Paesi membri
 l'adozione di tutte le misure necessarie  a  prevenire  ripercussioni
 negative degli scarichi sull'ambiente.
   Tutto cio' premesso;
                             O s s e r v a
   Mette  conto preliminarmente affermare la rilevanza della questione
 dipendendo dalla risoluzione della legittimita' costituzionale  della
 norma,  l'esito  di  questo  giudizio penale, essendo la permanenza o
 meno in vigore di essa, preguidiziale rispettivamente all'assoluzione
 o alla condanna degli odierni prevenuti.
   Va  parimenti  dichiarata  la  non  manifesta  infondatezza   della
 questione  sollevata dal pubblico ministero anche se relativamente al
 solo articolo 3 della Costituzione.
   Quanto  a  tale  ultimo  contrasto, condivide lo scrivente i motivi
 addotti dal pubblico ministero, rappresentando la norma in esame  una
 disparita'  di  trattamento  tra  titolari di scarichi produttivi che
 sversano direttamente in acque pubbliche  o  sul  suolo,  e  scarichi
 produttivi  che  sversano  anch'essi  su  detti corpi recettori pero'
 attraverso la pubblica fognatura. Per i primi infatti rimarrebbero le
 sanzioni penali, che invece non sono piu' previste per chi sversa  in
 pubbliche   fognature  e  per  gli  stessi  pubblici  amministratori,
 titolari  di  detti  ultimi  scarichi.  A  questo  si   aggiunga   la
 considerazione  che  la  detta  normativa costituisce un disincentivo
 alla  realizzazione  di  impianti  di  depurazione,   essendo   ormai
 parificata  la  situazione in cui tali strutture esistano a quella in
 cui manchino del tutto.
   Non sono di converso condivisibili le argomentazioni addotte  dalla
 pubblica  accusa  a  sostegno  dell'eccepito contrasto della norma in
 esame con gli artt. 9, secondo comma, e  32  della  Costituzione,  in
 quanto non si puo' dire che i beni protetti da dette norme l'ambiente
 e  la  salute,  non  tovino  tutela  nella  normativa  statale o piu'
 specificatamente in quella oggetto del presente  sindacato,  restando
 una  scelta  del legislatore quella di comminare per la violazione di
 un dettato, comunque diretto a prevenire ripercussioni negative degli
 scarichi sull'ambiente e sulla salute  pubblica,  sanzioni  penali  o
 amministrative,  senza tacere peraltro che queste ultime, non essendo
 per esse  previsto  l'istituto  della  sospensione  condizionale,  ed
 incidendo  piu' direttamente su interessi patrimoniali, possano avere
 maggior  natura  deterrente  ed  assurgere  quindi  a  piu'  incisivo
 strumento di tutela.
   Discorso  analogo  va  fatto  quanto  al denunciato contrasto della
 nuova  normativa  in  materia  di  scarichi  con  l'art.   10   della
 Costituzione.  Se e' vero infatti che gli atti normativi degli organi
 legiferanti  della  Comunita'  europea  vincolano  i  Paesi membri ad
 adeguare la normativa statale  ai  principi  in  essi  contenuti,  e'
 altrettanto  vero  che  l'ingerenza dell'Ente sovranazionale non puo'
 spingersi fino ad imporre allo Stato  aderente  il  tipo  di  tutela,
 penale  o  amministrativa,  da  pedisporre  in  un  determinato campo
 oggetto di attivita' normativa comunitaria.
   Ne consegue che  quanto  alla  pretesa  violazione  dgli  artt.  9,
 secondo comma, 32 e 10 della Costituzione, la questione va dichiarata
 manifestamente infondata.