IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza visti gli atti del procedimento penale n. 367/95 r.g.n.r. a carico di Ortogni Gavino per i reati di porto e detenzione abusiva d'arma, porto a detenzione abusiva d'arma clandestina, ricettazione, concorso in falso materiale e contraffazione in pubblici sigilli; OSSERVA IN FATTO Durante la fase delle indagini preliminari del procedimento penale indicato questo giudice ha convalidato l'arresto di Ortogni Gavino ed emesso, nei suoi confronti, ordinanza di custodia cautelare in carcere. Successivamente ha provveduto sulle relative istanze di revoca, presentate dal detenuto. Durante l'udienza preliminare fissata l'imputato non ha prestato il consenso alla proposta di patteggiamento formulata dal p.m. ed ha chiesto ed ottenuto, previo consenso del p.m. e valutazione di decidibilita' allo stato degli atti del g.u.p., di essere giudicato secondo le forme del rito abbreviato. In sede di giudizio abbreviato questo giudice si trova ora a dover giudicare l'imputato Ortogni Gavino, nei cui confronti ha emesso ordinanza di applicazione di misure cautelari. Questo giudice ritiene di dover sollevare d'ufficio la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p. con riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, cost., nella parte in cui tale norma non prevede che non possa partecipare al giudizio abbreviato il giudice per le indagini preliminari che ha adottato misure cautelari personali durante la fase delle indagini preliminari. IN DIRITTO Tale questione di illegittimita' costituzionale appare rilevante nell'ambito del procedimento in corso e non manifestamente infondata. Rilevante poiche' questo giudice ha emesso ordinanze di applicazione di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'odierno imputato che ha chiesto (ed ottenuto) di essere giudicato con rito abbreviato. Non manifestamente infondata per le ragioni che ci accingiamo ad esporre. Nella "convinzione di dover affermare un piu' pregnante significato dei valori costituzionali del giusto processo (e del diritto di difesa che ne e' componente essenziale), ed all'intervenuto mutamento del quadro normativo a seguito della recente legge 8 agosto 1995, n. 332" la Corte costituzionale con la sentenza n. 432/95 e' giunta a conclusioni che si discostano dalla sua precedente giurisprudenza in tema di "incompatibilita' determinata da atti compiuti nel procedimento" (art. 34 c.p.p.), sulla base di una motivazione che rende legittimo il dubbio di legittimita' costituzionale del medesimo articolo anche con riferimento al giudizio abbreviato. La Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato, sostenendo che la valutazione del g.i.p. in sede cautelare "comporta la formulazione di un giudizio non di mera legittimita' ma di merito (sia pure di tipo prognostico e allo stato degli atti) sulla colpevolezza dell'imputato", e quindi tale da "determinare un'anticipazione di giudizio suscettibile di minare l'imparzialita' del giudice". Nelle numerose pronuncie che hanno preceduto la n. 432/95 la Corte ha avuto modo di enucleare dei principi, utilizzati quali canoni interpretativi per il vaglio di costituzionalita', in materia di incompatibilita'. In particolare: la ratio della disciplina delle incompatibilita' e' quella di evitare che la valutazione di merito del giudice possa essere (o possa ritenersi che sia) condizionata dallo svolgimento di determinate attivita' nelle precedenti fasi del procedimento o della previa conoscenza dei relativi atti processuali (sent. 496/90, 401/91, 124/92), convertendosi in una duplicita' di giudizio di merito sul medesimo oggetto; l'incompatibilita' ha rilievo solo rispetto al "giudizio", cioe' rispetto alla decisione sul merito della regiudicanda, e non anche a decisioni assunte ad altri fini (sent. 401/91), come nel caso di adozione di misure cautelari: i provvedimenti sulla liberta' personale non comportano una valutazione che si traduca ... in un giudizio della res judicanda (sent. 502/91); in sostanza le decisioni de libertate comportano una valutazione puramente indiziaria che mira alla (e si esaurisce nella) verifica delle condizioni che legittimano la provvisoria restrizione di tale liberta' (sent. 502/91 e 124/92); per "giudizio" deve intendersi "qalsiasi tipo di giudizio, cioe' ogni processo che in base ad un esame delle prove pervenga ad una decisione di merito, compreso quello che si svolge con il rito abbreviato" (sent. 401/91, e sent. 124/92); in sintesi "il rischio che la valutazione conclusiva di responsabilita' sia, o possa, apparire condizionata dalla propensione del giudice a confermare una propria precedente decisione e' cosi' pregnante da poter concretamente incidere sulla garanzia di un giudizio che sia il frutto genuino ed esclusivo degli elementi di valutazione e di prova assunti nel processo e del dispiegarsi della difesa delle parti" (sent. 124/92). Nella prospettiva che ora interessa (misure cautelari e giudizio abbreviato) mentre la Corte aveva sinora respinto le eccezioni di incostituzionalita' riguardo alla valutazione svolta in sede cautelare (da parte dell'organo del riesame ex art. 309 c.p.p.) ritenendola coerentemente una valutazione puramente indiziaria che mira alla (e si esaurisce nella) verifica delle condizioni che legittimano la provvisoria restrizione di tale liberta' (sent. 502/91 e 124/92); con la sentenza 432/95 la valutazione del g.i.p. in sede di accoglimento della richiesta di misura cautelare da parte del p.m. e' stata ritenuta non piu' puramente indiziaria ma "di contenuto sulla probabile fondatezza dell'accusa, cui si aggiunge una valutazione, anch'essa di merito, come le citate sentenze nn. 124 e 186 del 1992 hanno sottolineato, sull'inesistenza di condizioni legittimanti il proscioglimento". In sostanza alle ipotesi (gia' prese in esame dalla Corte) di imputazione coattiva e di rigetto di una richiesta di applicazione di pena concordata, la Corte equipara la valutazione (contenutistica e con identico oggetto) effettuata dal g.i.p. in sede cautelare che lo rende incompatibile come giudice del dibattimento. Identita' d'oggetto che non viene scalfita - sempre secondo la Corte - neppure dalla incompletezza delle indagini svolte sino al momento dell'adozione della misura cautelare, sulla scorta di un'argomentazione di pura eventualita': "in linea generale dando l'ordine di formulare l'imputazione o rigettando la richiesta di patteggiamento (che peraltro puo' essere formulata anche durante le indagini preliminari) il g.i.p. esamina un quadro tendenzialmente completo delle indagini stesse, ma non e' detto che allorquando adotti un provvedimento di custodia cautelare ne abbia un quadro necessariamente incompleto: questo dipende solo dal momento in cui vengono ravvisate da parte del p.m. le esigenze cautelari indicate nell'art. 274 c.p.p.; il che puo' accadere dopo notevole lasso di tempo dall'inizio delle indagini, o anche al termine delle stesse". Una tale ratio decidendi espressa dalla Corte (sent. 432/95) con specifico riferimento al giudizio dibattimentale, ed ispirata al fine di evitare "che la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato sia, o possa apparire, condizionata dalla cosiddetta forza della prevenzione, e cioe' da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento", appare ancor piu' calzante per l'ipotesi di giudizio abbreviato, nell'ambito del quale "i medesimi elementi che nella fase delle indagini erano semplici indizi vengono sostanzialmente apprezzati come prove" (sent. 432/95), elementi indiziari che il g.i.p. ha gia' valutato nel momento in cui ha emesso la misura cautelare. E rende pienamente fondata la prospettazione della questione di costituzionalita' della norma anche con riguardo al rito abbreviato, in quanto in contrasto sia con riferimento all'inviolabile diritto di difesa, quale espressione del valore costituzionale del giusto processo (art. 24), sia al principio d'uguaglianza (art. 3, secondo comma), posto che per casi analoghi e' gia' prevista l'incompatibilita' alla funzione di giudizio per il giudice ha abbia gia' svolto una valutazione di merito delle risultanze delle indagini preliminari. La necessita' di chiarire le ipotesi di incompatibilita' che la stessa Corte ha definito tassative (con conseguente divieto di interpretazione analogica - sent. 502/91) ha provocato l'immediata sollevazione del dubbio costituzionale dell'art. 34 c.p.p. anche con riferimento alla composizione dell'organo del riesame e di quello dibattimentale, oltre all'ipotesi ora in esame, gia' pendente dinanzi al giudice delle leggi. La fondatezza del dubbio costituzionale, nel caso di specie, parrebbe confortata dalla costante giurisprudenza della medesima Corte costituzionale che ha sempre ritenuto che non fosse sufficiente, ai fini dell'incompatibilita', una mera duplicita' di valutazioni di merito da parte dello stesso giudice (i.e. decisione di merito), ma occorresse un giudizio di merito, inteso quale cognizione del materiale processuale che sfoci nell'alternativa decisoria del proscioglimento o della condanna. In assenza di una tale limitazione (duplicita' di giudizi di merito) la Corte ha affermato che "ne risulterebbe una radicale negazione del concetto stesso di procedimento, inteso quale ordinata sequenza di atti, ciascuno dei quali legittima, prepara e condiziona quello successivo; e di conseguenza, poiche' ogni provvedimento ordinatorio o istruttorio implica o puo' implicare una delibazione del merito, ne deriverebbe un'assurda frammmentazione del procedimento, con l'attribuzione di ciascun segmento di esso ad un giudice diverso". Non ci si puo' esimere, peraltro, dall'evidenziare che l'intervento della Corte costituzionale appare quanto mai auspicabile, poiche' il giudizio abbreviato presenta peculiarita' di cui non si puo' non tener conto, se non scolorando la sua tipicita', prima fra tutte il fatto di essere frutto di una scelta di strategia processuale (nel pieno esercizio del diritto di difesa) lasciata alla discrezionalita' dell'imputato che lo chiede, (seppure con la garanzia del doppio filtro del consenso del p.m. e della decidibilita' allo stato degli atti), ben sapendo che verra' giudicato dallo stesso giudice che ha emesso l'ordinanza cautelare durante le indagini preliminari, e che ha a disposizione l'intera sequela degli atti raccolti durante la fase istruttoria, anche di quelli che non potrebbero entrare nella piattaforma probatoria dibattimentale. Senza considerare, poi, che sono le stesse disposizioni dell'ordinamento giudiziario che individuano il giudice del rito abbreviato nello stesso giudice che ha emesso provvedimenti nel corso delle indagini preliminari (art. 7-ter ord. giud.). Alla luce di quanto sinora esposto va, pertanto, disposta la sospensione degli atti del presente procedimento ex art. 23, legge n. 87/53.