IL PRETORE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  nella  causa  vertente  tra
 Scaramozzino Angelo e l'Ente nazionale di previdenza e assistenza per
 i consulenti del lavoro;
   Letti gli atti di causa e l'allegata documentazione;
   Considerata   l'eccezione   di  incostituzionalita'  sollevata  dal
 ricorrente in relazione all'art. 7 della legge 5 agosto 1991, n. 249,
 per contrasto con gli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione;
   Ritenuto:
   Sulla rilevanza della sollevata questione:
     nessun dubbio puo'  avanzarsi  in  ordine  a  tale  requisito  in
 cosiderazione  del fatto che il ricorrente e' in possesso di tutte le
 condizioni richieste, sia in base alla precedente legge n.  1100/1971
 che   alla   nuova  normativa  (eccezione  fatta  per  la  denunciata
 incompatibilita') per il godimento della  pensione  di  inabilita'  e
 precisamente:
      inabilita' lavorativa permanente ed assoluta, come risulta dalla
 documentazione medica versata in atti;
      iscrizione   all'Ente   precedente   all'evento   e  regolarita'
 contributiva per i cinque anni richiesti dalla legge; e  che  l'unico
 ostacolo giuridico che si frappone al godimento del chiesto beneficio
 e'  costituito  dall'art.  7  della  legge n. 249/1991 che, innovando
 totalmente  rispetto  alla   precedente   disciplina,   sancisce   la
 incompatibilita'  tra la pensione di inabilita' (o di invalidita') ed
 altro trattamento pensionistico diretto a carico di diverso  istituto
 previdenziale;
   Considerato,  a  tale  ultimo  fine,  che  il ricorrente fruisce di
 pensione diretta I.N.P.S. per il personale a rapporto di  impiego  di
 detto  istituto  a  far data dal maggio 1972 e che, avendo presentato
 domanda di pensione di inabilita' all'Ente di previdenza e assistenza
 per i consulenti del  lavoro,  in  epoca  successiva  all'entrata  in
 vigore della normativa di riforma dell'Ente la disciplina applicabile
 e'  sicuramente  quella  meno favorevole, benche', in data precedente
 egli avesse maturato tutte le condizioni necessarie  per  il  sorgere
 del corrispondente diritto.
   Sulla non manifesta infondatezza della questione:
     l'art.  7  della  legge  5  agosto 1991, n. 249, incide anzitutto
 negativamente, su posizioni di  aspettativa  giuridica  compiutamente
 formatasi,  atteso che, al momento dell'entrata in vigore della nuova
 normativa,  il  ricorrente,  avendo  gia'  maturato  i  requisiti  di
 iscrizione ed assicurativi per godere della pensione di inabilita' ed
 essendo  gia' presente la denunciata patologia invalidante, riteneva,
 legittimamente, di poter godere della  prestazione  pensionistica  in
 precedenza spettante.
   La modificazione legislativa in peius non appare, inoltre, sorretta
 da  esigenze  inderogabili,  se  non quelle di natura economica della
 Cassa di previdenza ed assistenza per i Consulenti del lavoro che non
 possono, tuttavia, spingersi al punto  di  comprimere,  sopprimendolo
 totalmente,   il  diritto  di  beneficiare  di  adeguate  prestazioni
 assistenziali quale il diritto alla pensione di  inabilita'  per  chi
 versi  in  stato  di  totale  incapacita'  all'esercizio di attivita'
 lavorativa.
   L'incompatibilita' posta dalla  norma,  infatti,  e'  assai  ampia,
 ricomprendendo  qualsiasi  forma  di pensione diretta e, dunque, come
 nel caso che qui interessa, anche  la  pensione  di  anzianita',  poi
 trasformatasi   in   pensione   di   vecchiaia   al   compimento  del
 sessantacinquesimo  anno  di   eta',   la   quale   non   ha   natura
 assistenziale,  essendo sganciata totalmente da requisiti reddituali,
 e realizza, invece  l'esclusiva  finalita'  di  riconoscimento  e  di
 premio  nei  confronti  del  lavoratore  che  abbia  partecipato  con
 assiduita' alla produzione sociale.
   L'art. 7 della legge n.  249/1991  rende,  pertanto,  tra  di  essi
 incompatibili trattamenti assicurativi, a carico di istituti diversi,
 aventi  natura  giuridica e finalita' affatto differenti, vanificando
 aspettative legittimamente acquisite e giunte ad un elevato grado  di
 consolidamento,  tanto  da  minare  l'affidamento del cittadino nella
 certezza del diritto, senza la mediazione,  peraltro,  di  un  regime
 transitorio  che  tenga  conto  di  dette  situazioni. Ne' puo' dirsi
 preservata l'adeguatezza della prestazione previdenziale,  posto  che
 l'art.  7 denunciato sancisce l'incompatibilita' assoluta, perfino in
 presenza di ipotesi in cui, a  seguito  del  detto  cumulo,  non  sia
 raggiunto  un  importo pari al minimo garantito come, invece, prevede
 ad esempio la  legge  n.  1338/1962  che  esclude  la  spettanza  del
 trattamento   di  pensione  I.N.P.S.  per  invalidita'  (nonche'  per
 vecchiaia ed ai superstiti) e coloro che percepiscono altra  pensione
 a   carico  dell'assicurazione  obbligatoria  o  di  altre  forme  di
 previdenza sostitutiva ove,  per  l'effetto  del  cumulo,  vengano  a
 percepire un importo superiore al minimo garantito.
   Anche  sotto questo aspetto, dunque, la norma incriminata introduce
 un'apparente ingiustificata disparita' di trattamento  nei  confronti
 di  tutti  coloro  che  beneficiano  di  altre  forme  di  previdenza
 sostitutiva quali, ad esempio, a carico della Cassa di previdenza per
 i dipendenti degli enti locali.
   Tenuto conto di quanto sin qui esposto sospende il giudizio;