LA CORTE D'ASSISE Ha emesso la seguente ordinanza sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza dibattimentale del 14 novembre 1995; Preso atto delle richieste delle parti; Esaminati gli atti; Premesso in fatto Che questa Corte nell'attuale composizione personale, su richiesta del p.m., presso la D.D.A. di Reggio Calabria, ha emesso in data 18-27 ottobre 1995 ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Pascone Francesco, siccome imputato, nell'ambito del procedimento penale n. 19/94 r.g. Assise, del delitto di cui all'art. 416-bis, commi 1, 2, 3 e 4 c.p., meglio indicato in rubrica; che il Pascone, nel corso delle indagini preliminari, per gli stessi fatti era stato attinto dalla medesima misura, su provvedimento del g.i.p. distrettuale in sede del 12 luglio 1994; che la richiesta del p.m. a questa Corte traeva spunto dalla caducazione della misura custodiale applicata al Pascone dal g.i.p. per effetto della pronunzia del tribunale del riesame che, in data 11 ottobre 1995, ne aveva dichiarato l'inefficacia per violazione dell'art. 309, comma 9, c.p.p.; che nel corso dell'udienza dibattimentale del 13 novembre 1995 la difesa dell'imputato ha sollecitato la Corte a sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice che ha irrogato al medesimo imputato nei confronti del quale si svolge il giudizio una misura coercitiva; che il p.m. ha dedotto l'infondatezza della questione ed in ogni caso ha richiesto che, in caso di accoglimento delle deduzioni difensive, la Corte provveda alla separazione della posizione processuale del Pascone proseguendo il giudizio nei confronti dei restanti imputati; O s s e r v a Preliminarmente e' da rilevare che l'emissione della misura cautelare in carcere nei confronti dell'imputato Pascone Francesco e' da ritenersi provvedimento assolutamente doveroso per questa Corte, una volta riscontrata la ricorrenza dei presupposti di legge per la sua emissione, atteso l'inequivoco disposto dell'art. 279 c.p.p., che individua nel giudice che procede quello competente all'emissione (o alla revoca) del titolo custodiale. La difesa partendo da questo dato fattuale assume, pur senza farne questione di ricusazione di questo collegio (pero' adombrando l'obbiettiva sussistenza di un obbligo di astensione), che sebbene la situazione rappresentata non sia annoverata dall'art. 34 c.p.p. tra quelle danti luogo ad una incompatibilita' del giudice dibattimentale ad esercitare le proprie funzioni, tuttavia il fatto che lo stesso sia stato posto in condizione di conoscere per il tramite della richiesta del p.m. materiale probatorio che avrebbe dovuto avere legittimo ingresso soltanto attraverso l'istruzione dibattimentale e soprattutto abbia, sulla base di tale materiale cognitivo, espresso un giudizio sui medesimi fatti ascritti all'imputato e sui quali sara' chiamato a rendere una pronuncia di merito, determina una obbiettiva situazione di dubbia compatibilita' costituzionale dello stesso art. 34 c.p.p. sulla scorta delle argomentazioni espresse nella recente sentenza della Corte costituzionale n. 432 del 1995. Sebbene la sentenza citata faccia riferimento al caso del giudice per le indagini preliminari che, dopo aver applicato la misura cautelare nei confronti di un indagato, si trovi a dover giudicare il medesimo soggetto in veste di imputato in sede di giudizio abbreviato, nel caso in esame si sarebbe in presenza di una irragionevole disparita' di trattamento tra l'imputato che, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale, veda riconosciuto il proprio diritto a non essere giudicato nel merito dal medesimo giudice che gli abbia applicato una misura cautelare nell'ambito delle indagini preliminari e quello che invece si trovi nella medesima situazione, pero' nella successiva fase dibattimentale, cosi' come in atto il Pascone. Osserva la Corte che la questione sollevata dalla difesa e' rilevante e non manifestamente infondata. Invero, non pare darsi oggettivamente margine per ritenere distinguibili l'ipotesi contemplata dalla citata pronuncia n. 432/95 e quella in cui oggi si versa. Cio' anche perche' questo giudice ha applicato al Pascone la misura custodiale non gia' sulla scorta di emergenze probatorie derivanti dall'istruzione dibattimentale e quindi acquisite nel pieno contraddittorio tra le parti ed in regime di totale discovery processuale, bensi' sulla base di atti, nella specie dichiarazioni accusatorie provenienti da collaboratori, assunti nella fase delle indagini preliminari dal p.m. e posti da questi nella cognizione e disponibilita' di questo giudice nei medesimi termini in cui gli stessi erano stati posti nella disponibilita' e cognizione del giudice per le indagini preliminari che aveva applicato all'imputato la misura della quale questa corte ha disposto la reiterazione. Si osserva incidentalmente che la trasmissione di tali atti da parte del p.m. e' certamente da considerarsi dovuta ed opportuna giacche' diversamente la Corte non avrebbe avuto, al di la' della inaccettabile prospettiva dell'acritica recezione del provvedimento custodiale gia' emesso dal g.i.p., alcuna possibilita' di conoscere gli elementi su cui la richiesta si basava, di cui e' obbligatoria la rappresentazione ex art. 291, comma 1, c.p.p.; e che tuttavia tali atti non rientrano nel novero di quelli trasmissibili ex art. 431 c.p.p. e quindi legittimamente conoscibili dal giudice del dibattimento anteriormente all'avvio dell'istruzione dibattimentale. Sulla base della riscontrata oggettiva assimilabilita' della situazione tenuta presente dalla sentenza n. 432/95 a quella in esame deve rimarcarsi, allo scopo di evidenziare la rilevanza della questione, come il legislatore allorche' ha posto la disciplina dell'art. 279 c.p.p. individuando il giudice competente a conoscere delle situazioni cautelari in quello procedente, ha anche predisposto un sistema di garanzie dell'autonomia e terzieta' del giudice che ha il suo cardine nell'art. 34 del codice di rito, il quale e' stato oggetto di numerose sentenze additive della Corte costituzionale che hanno progressivamente esteso l'ambito delle ipotesi di incompatibilita' del giudicante. Cio' testimonia l'estrema importanza della questione dedotta per la diretta incidenza sul legittimo interesse dell'imputato a non essere giudicato da un giudice che abbia gia' avuto modo di esprimere, sia pure doverosamente, una valutazione sui medesimi fatti oggetto del giudizio ed insieme la virtuale inconfigurabilita' di un principio di tassativita' delle ipotesi di incompatibilita' tenute presenti dalla norma, la quale e' si insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica, ma ovviamente nella limitata misura in cui non se ne contesti la costituzionalita'. Che del resto anche il giudizio in ordine alla situazione cautelare sia assimilabile ad un giudizio di merito e' testimoniato dai passi della sentenza n. 432/95, che di seguito si riportano: " ... nella sentenza n. 502 del 1991 questa Corte ... ritenne fondata la questione rilevando che i provvedimenti sulla liberta' personale (e tra essi il riesame di misure cautelari) non comportano una valutazione sul merito della res judicanda idonea a determinare un pregiudizio che mini l'imparzialita' della decisione conclusiva del giudice. Successivamente questa Corte ... ha avuto occasione di enucleare alcuni principi di base - i quali unitamente all'intervenuto mutamento del quadro normativo a seguito della recente legge 8 agosto 1995, n. 332 ... - consentono di pervenire ora a diversa conclusione" " ... analisi del problema ... deve anche considerare ... la possibilita' che alcuni apprezzamenti sui risultati delle indagini preliminari determinino un'anticipazione di giudizio suscettibile di minare l'imparzialita' del giudice ... " " ... detta attivita' comporta la formulazione di un giudizio di non mera legittimita' ma di merito (sai pure prognostico e allo stato degli atti) sulla colpevolezza ... " " ... una valutazione di merito circa l'idoneita' delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio di responsabilita' dell'imputato vale a radicare l'incompatibilita' ... una valutazione non formale ma di contenuto sulla probabile fondatezza dell'accusa, cui si aggiunge una valutazione anch'essa di merito sull'esistenza di condizioni legittimanti il proscioglimento "allorche' il materiale da esaminare sia costituito dai "medesimi elementi probatori che solo all'esito del dibattimento verranno o meno ritenuti prove ..." " ... l'art. 34 mira ad impedire che la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato sia, o possa apparire, condizionata dalla forza della prevenzione, e cioe' da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento". Va quindi sollevata e rimessa al giudizio della Corte costituzionale in quanto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p. per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione nei termini ampiamente illustrati in precedenza e per conseguenza sospeso il giudizio in corso. Tale sospensione a giudizio della Corte non deve essere relativa alla sola posizione dell'imputato Pascone Francesco, per come richiesto in via gradata dal p.m., bensi' all'intero giudizio. Ad onta infatti della lett. b) dell'art. 18 c.p.p., il quale postula la separazione dei giudizi nel caso in cui nei confronti di uno o piu' imputati o per una o piu' imputazioni sia stata disposta la sospensione del procedimento, pare ovvio rimarcare come l'eventuale accoglimento da parte della Corte costituzionale della questione che qui si deduce darebbe luogo all'emenda dell'art. 34 c.p.p. introducendo una causa di incompatibilita' originariamente non prevista che, al pari di quelle preesistenti, rileverebbe direttamente ai fini dell'astensione e della ricusazione per il tramite degli artt. 36, comma 1, lett. g), e 37, comma 1, lett. a), c.p.p. E' quindi il caso di far rilevare come qualora si dia luogo alla dichiarazione di astensione o di ricusazione consegua l'impossibilita' per il giudice di "compiere alcun atto del procedimento" (art. 42, comma 1, c.p.p.), senza che vi sia margine per distinguere il caso che esso riguardi uno o piu' imputati. Si osserva altresi' che la preclusione sopra evidenziata oltre ad essere insuperabile sulla base del dato letterale della norma appare in concreto opportuna nel caso di specie giacche' sulla scorta del tenore dell'imputazione (associativa) la posizione del Pascone e' evidentemente connessa a quella degli altri imputati asseritamente aderenti al medesimo sodalizio criminoso oggetto di cui si occupa il presente procedimento.