IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva  che  precede,  osserva  che  la  ricorrente
 chiede che venga integrata al trattamento minimo la pensione diretta,
 con   conseguente   riconoscimento   del  diritto  alla  pensione  di
 reversibilita' nella misura del 60% di quella  liquidata  o  comunque
 spettante al suo dante causa, comprensiva della quota di integrazione
 al trattamento minimo.
   L'INPS  ritiene, invece, di avere correttamente operato, integrando
 al  trattamento  minimo  la  pensione  di   reversibilita',   perche'
 costituita  sulla  base  di  un  numero di settimane di contribuzione
 obbligatoria superiore a 780.
   1. - Nel merito, e' pacifico che la pensione di reversibilita'  sia
 stata   attribuita  per  effetto  dell'accreditamento  di  oltre  780
 contributi settimanali; cosi' pure, e' processualmente certo che, nel
 caso di specie, integrando al minimo la  pensione  di  reversibilita'
 l'INPS  abbia assicurato alla ricorrente un trattamento pensionistico
 complessivo (pensione diretta + pensione di reversibilita') inferiore
 a quello che sarebbe alla stessa spettato se fosse stata integrata al
 minimo la pensione diretta.
   2. - E', altresi', incontestabile la conformita' del  comportamento
 dell'INPS  alle  prescrizioni  dettate  dall'art. 6, comma terzo, del
 d.-l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito con la legge  11  novembre
 1983  n. 638: detta norma stabilisce che "nel caso di concorso di due
 o piu' pensioni l'integrazione ... spetta una sola volta e ...    nel
 caso  di  titolarita'  di  pensioni dirette ed ai superstiti a carico
 della stessa gestione inferiori al  trattamento  minimo  (come  nella
 fattispecie   concreta),  l'integrazione  al  trattamento  minimo  e'
 garantita sulla sola pensione diretta ...; nel caso in cui una  delle
 pensioni  risulti costituita per effetto di un numero di settimane di
 contribuzione obbligatoria ... non inferiore a 781, l'integrazione al
 trattamento minimo spetta su quest'ultima pensione".
   3. - La lettura della  suindicata  disposizione  impone  una  prima
 riflessione  esegetica: nel caso di titolarita' di pensione diretta e
 ai superstiti a carico della stessa gestione (lavoratori  dipendenti,
 artigiani,  coltivatori  diretti,  etc.)  e' regola generale, perche'
 fissata inizialmente, che si debba integrare al trattamento minimo la
 pensione diretta. Sull'opportunita' di questo criterio di scelta  non
 possono avanzarsi giudizi di merito, ma resta da osservare che, nella
 seconda   parte  di  tale  disposizione,  a  contenuto  evidentemente
 derogativo rispetto alla regola generale poco  prima  fissata,  viene
 stabilito  che  debba  essere integrata la pensione di reversibilita'
 (la  norma  non  puo'  riguardare  la  pensione diretta, che gia' per
 principio dovrebbe essere integrata  al  minimo)  qualora  la  stessa
 debba costituirsi sulla base di oltre 780 contributi settimanali.
   4. - Quest'ultima disposizione, proprio perche' derogativa rispetto
 ad   una   regola   generale   e,   quindi,   idonea   a  determinare
 discriminazioni in uno stesso ambito operativo, deve trovare, invece,
 ragionevoli giustificazioni.
   Giammai per  casualita'  possono  spettare  differenti  trattamenti
 pensionistici  a  soggetti  che si trovino in una identica situazione
 (titolarita' di pensione diretta  e  ai  superstiti  a  carico  della
 stessa  gestione);  nei  casi  concreti,  invece,  l'integrazione  al
 trattamento minimo della pensione di reversibilita', calcolata  sulla
 base  di  oltre  780  contributi  settimanali,  potra'  portare ad un
 trattamento pensionistico complessivo migliore o peggiore  di  quello
 spettante  per  l'ipotesi  (generale)  di integrazione della pensione
 diretta, a seconda di una circostanza non considerata dalla  norma  e
 per  questo  alla stessa indifferente, quale appunto il numero, molto
 distante o molto prossimo a 781, dei contributi  settimanali  da  far
 valere per il calcolo della pensione diretta.
   Difatti,   fissato  esemplificativamente  in  100  l'importo  della
 pensione integrata al minimo e in 75 quello della pensione a  calcolo
 del  dante  causa,  costituita  per  effetto  di oltre 780 contributi
 settimanali,  per  regola  generale  il   trattamento   pensionistico
 complessivo dovrebbe essere pari a 145: 100 (pensione IO integrata) +
 60% di 75 (pensione SO).
    Cio'  posto, se la pensione diretta a calcolo del pensionato Tizio
 dovesse essere pari a 10 (per l'accreditamento in suo  favore  di  un
 numero   modesto  di  contributi  settimanali),  il  suo  trattamento
 pensionistico complessivo, per la norma in  deroga,  dovrebbe  essere
 corrispondente  a  110  (110 < 145): 100 (pensione SO con piu' di 780
 c.s., integrata  al  minimo)  +  10  (pensione  IO  a  calcolo);  se,
 diversamente,  la  pensione  diretta  a  calcolo  del pensionato Caio
 dovesse essere pari a 50 (per l'accreditamento in suo  favore  di  un
 maggior   numero  di  settimane  contributive),  il  suo  trattamento
 pensionistico  complessivo,  per  la  norma   in   deroga,   dovrebbe
 corrispondere  a  150  (150  < 145): 100 (pensione SO con piu' di 780
 c.s., integrata al minimo) + 50 (pensione IO a calcolo).
   Tanto esposto, deve trarsi la conseguenza che la norma in deroga  -
 che prevede l'integrazione al minimo della pensione di reversibilita'
 e  non  di  quella  diretta,  per  l'ipotesi  che  la prima sia stata
 calcolata  per  effetto  di  un  numero  di  contributi   settimanali
 superiore  a 780 - non puo' spiegarsi ne' con l'esigenza di contenere
 le spese dell'INPS ne' con quella di favorire, in  casi  particolari,
 il  pensionato:  tutto  puo'  dipendere casualmente da una situazione
 (numero   di   contributi   accreditati   sulla   pensione   diretta)
 nient'affatto considerata dalla stessa norma.
    5. - I rilievi sull'assoluta incoerenza della norma in deroga sono
 evidenziati  da  ulteriori  considerazioni:  se  il  pensionato Mevio
 dovesse aver diritto ad una  pensione  diretta,  a  calcolo,  pari  a
 quella  del  sopra menzionato Tizio (IO = 10), l'accreditamento sulla
 pensione del suo dante causa di un numero di  contributi  settimanali
 inferiore  a  781  lo  porterebbe, contro ogni logica equitativa (che
 deve premiare chi ha  piu'  contribuito),  ad  avere  un  trattamento
 pensionistico   complessivo   migliore  di  quello  che  gli  sarebbe
 spettato,  qualora  sulla  posizione assicurativa del suo dante causa
 fossero stati  versati,  come  per  Tizio,  piu'  di  780  contributi
 settimanali.
   Ed  invero,  Mevio  avrebbe diritto ad un trattamento pensionistico
 complessivo pari a 145, superiore a quello di  Tizio  (110),  perche'
 nel  suo  caso troverebbe applicazione la regola generale; Mevio, pur
 trovandosi, quindi, nell'identica situazione di Tizio (titolarita' di
 pensione diretta, da calcolarsi sulla  stessa  base  contributiva,  e
 pensione  ai  superstiti),  viene,  a norma dell'art. 6, comma terzo,
 periodo secondo, ultima parte,  del  d.-l.  n.  463/1983,  convertito
 nella  legge  n.  638/1983,  a godere di un trattamento pensionistico
 complessivo,  irragionevolmente  e  iniquamente  superiore  a  quello
 attribuito a Tizio, sebbene il suo dante causa abbia versato un minor
 numero di contributi.
   6.   -   L'assurdita'   di  integrare  al  minimo  la  pensione  di
 reversibilita' sempre e comunque tutte le volte che questa sia  stata
 costituita  per  effetto  di oltre 780 settimane contributive e' resa
 ancor  piu'  evidente  alla   luce   della   sentenza   della   Corte
 costituzionale  n.  495/1993, che ha dichiarato illegittimo l'art. 22
 della legge 21 luglio 1965 n. 903 nella parte in  cui  non  prevedeva
 che   la   pensione   di   reversibilita'  dovesse  essere  calcolata
 proporzionalmente alla  pensione  diretta  integrata  al  trattamento
 minimo  gia'  liquidata  o  comunque  spettante  al  dante  causa del
 pensionato.
   Richiamando gli esempi gia' esposti, si perviene a situazioni ancor
 piu' abnormi: Mevio, la cui pensione diretta a calcolo dovesse essere
 pari a 10 (per la modestia dei contributi  accreditati),  avrebbe  un
 trattamento  pensionistico complessivo superiore di molto a quello di
 Tizio, pur essendo identica la pensione diretta a calcolo (IO =  10);
 e  addirittura  anche  a quella di Caio, pur essendo pari a 50 la sua
 pensione diretta a calcolo, soltanto  perche'  dal  suo  dante  causa
 sarebbero stati versati meno contributi o almeno contributi in misura
 inferiore a 781 settimane, diversamente dal de cuius di Tizio o Caio.
   Difatti,   per   Nevio  dovrebbe  applicarsi  la  regola  generale,
 integrata dalla pronunzia della Corte  costituzionale  n.  495/93,  e
 l'importo  del  trattamento  pensionistico complessivo sarebbe pari a
 160, di cui 100 per pensione diretta integrata al minimo e 60 (60% di
 100)  per  pensione  SO,  mentre  Tizio  e  Caio  continuerebbero   a
 percepire, come gia' esposto, rispettivamente 110 e 150.
   7.  - E' pur vero che la norma ha contenuto generale, ma gli esempi
 esposti non si presentano come  casi  eccezionali,  ma  come  ipotesi
 ordinarie e frequentemente possibili, sufficienti ad evidenziare come
 l'applicazione   "automatica"   dell'art.  6,  comma  terzo,  periodo
 secondo,  ultima  parte,  della  legge  n.  638/83  possa  portare  a
 trattamenti  migliori  o  peggiori rispetto a quelli spettanti in via
 generale ai titolari di pensioni dirette e  ai  superstiti,  poste  a
 carico della stessa gestione, per fatti casuali, perche' indifferenti
 alla  stessa  norma,  in  contrasto  spesso  con ogni forma di logica
 premiale, in quanto la norma tende  a  favorire  preferibilmente  chi
 abbia meno lavorato e, quindi, meno contribuito.
   Le differenziazioni dalla regola generale imposte dall'ultima parte
 del terzo comma dell'art. 6 del decreto-legge n. 463/1983, convertito
 con  la  legge  n.  638/1983,  per  i pensionati titolari di pensione
 diretta e ai superstiti, quando questa risulti costituita per effetto
 di un numero di settimane contributive non inferiore a 781, risultano
 prive  di  razionale  giustificazione  e  tendenzialmente  inique: la
 stessa norma appare, pertanto,  in  contrasto,  con  l'art.  3  Cost.
 perche' crea situazioni di ingiustificata disparita' nei confronti di
 soggetti che si trovano in un'identica situazione.
   8.  -  Se  la  citata  norma fosse stata dettata nell'interesse del
 pensionato, per "premiarlo" dei maggiori contributi versati  dal  suo
 dante  causa,  la stessa risulterebbe in contrasto con l'art. 3 Cost.
 per  le  suesposte  considerazioni,  ma  per  essere  stata  prevista
 l'automaticita'   dell'integrazione   al  minimo  della  pensione  di
 reversibilita'   senza   la   preventiva   richiesta   del   soggetto
 interessato, che, secondo le circostanze, invero limitate, tanto piu'
 dopo  la  sentenza  della  Corte costituzionale n. 495/93, ne avrebbe
 potuto trarre vantaggio.
   9. - La  dedotta  questione  di  illegittimita'  costituzionale  e'
 rilevante nel presente giudizio, in quanto, come esposto in premessa,
 si  discute  della  misura  del trattamento pensionistico complessivo
 spettante al ricorrente, titolare di pensione diretta e  reversibile,
 calcolata   quest'ultima   sulla   base   di   oltre  780  contributi
 settimanali.