IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, letta l'istanza presentata il 22 agosto 1995 dal difensore di Muratore Giuseppe; visto il parere del pubblico ministero; esaminati gli atti; Premesso che, permanendo la situazione descritta nel provvedimento emesso da questo giudice il 28 luglio 1995 (che si allega in copia quale parte integrante della presente ordinanza), permangono altresi' le esigenze cautelari ivi specificate, non salvaguardabili altrimenti che a mezzo della custodia cautelare (quanto meno domiciliare); che tuttavia l'art. 4 legge 8 agosto 1995, n. 332, vieta l'applicazione della misura della custodia cautelare, indipendentemente dalla sussitenza di qualsivoglia esigenza ex art. 274 c.p.p., "se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena"; Ritenuto che tale situazione sembra confliggere con diverse disposizioni della Costituzione, e precisamente: con l'art. 27, comma 2, in quanto disancora totalmente l'applicazione della misura della custodia cautelare da ogni criterio diverso da quello (peraltro del tutto disomogeneo rispetto ai criteri dettati dall'art. 274 c.p.p.) fondato sulla previsione della futura condanna; con gli artt. 101, comma secondo, e 25, comma primo. Invero, poiche' la norma in questione non fa riferimento all'astratta possibilita' della concessione del beneficio, ma ad una valutazione in concreto ("se il giudice ritiene") che non puo' non risolversi in una anticipazione del giudizio di merito, sia in relazione, come si e' prima accennato, alla sussistenza dei presupposti per la condanna - ben diversi dalle condizioni di cui all'art. 273 c.p.p. -, sia alla sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 163 e 164 c.p. (e quindi all'entita' della pena da infliggere e alla prognosi sulla condotta futura, da esprimersi, secondo la normativa suddetta, sulla base degli elementi - elencati nell'art. 133 c.p. - non sempre conoscibili o apprezzabili all'atto dell'emissione del provvedimento de libertate); poiche' tale anticipato giudizio non potra' non essere (congruamente) motivato, come imposto dall'art. 111 Cost.: conseguentemente il giudice - nella specie il g.i.p. - non potra' non essere, quanto meno sotto il profilo psicologico, soggetto, nell'eventuale successivo giudizio di merito (in caso di ricorso ai riti alternativi di cui agli artt. 438 o 444 c.p.p.), alle proprie precedenti valutaizoni ex art. 4 legge n. 332/1995. La norma in esame introduce, dunque, elementi di irrazionalita' ed e' idonea ad innestare - salvo che nei casi in cui l'astratta concedibilita' del beneficio sia esclusa da precedenti condanne o dal minimo edittale della pena prevista per i reati in ordine ai quali si procede - un meccanismo "perverso", tale da sottoporre il giudice al rischio di essere ricusato da una delle parti del processo: rischio tanto maggiore - per le gia' esposte ragioni - quanto piu' puntualmente e coscienziosamente egli assolvera' all'obbligo della motivazione (e peraltro non e' arduo prevedere, alla stregua del coerente orientamento della Corte costituzionale, l'individuazione di un nuovo profilo di parziale incostituzionalita' dell'art. 34, comma secondo, c.p.p. in relazione alla norma de qua: con effetti, in tale evenienza, devastanti, ove si pensi che nel corso del procedimento il giudice puo' essere - e il piu' delle volte e' - costretto pronunziarsi piu' volte in ordine allo status libertatis della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato), con conseguente sistematico pregiudizio - attesa l'inevitabilita' della scelta da parte del giudice di uno dei due corni del dilemma posto dal citato art. 4 - del principio del giudice naturale precostituito per legge; con l'art. 3: invero la scelta adottata dal giudice (in particolare dal g.i.p.) nel provvedimento de libertate in applicazione della disposizione in discorso e' idonea, quale che ne sia il tenore, a produrre un'indebita discriminazione, soprattutto in relazione alle strategie processuali, fra diversi indagati o imputati, sulla base non di obiettivi elementi differenzianti, ma di una discrezionale valutazione: in conseguenza della quale - ad esempio - un indagato o imputato potrebbe essere dissuso o incoraggiato, rispetto ad un altro, a chiedere il giudizio abbreviato; cosi' come - per diverse ragioni - il p.m. potrebbe essere indotto, in conseguenza della valutazione operata dal giudice ex art. 275, comma 2-bis, c.p.p., a prestare, o non, il suo consenso; Ritenuto che la questione non e' nella specie irrilevante, posto che le condizioni personali del Muratore, del tutto incensurato, e la sua condotta processuale, improntata a piena ammissione di responsabilita', non appaiono ostative alla concessione del beneficio della sospensione condizionale (e atteso che il difensore, nella stessa istanza di revoca della misura cautelare, ha preannunziato la richiesta di definizione del processo attraverso riti alternativi); mentre per altro verso, come gia' osservato, le rilevanti esigenze ex art. 274, lett. c), c.p.p. impongono l'applicazione di una misura custodiale;