LA  COMMISSIONE  TRIBUTARIA  DI  SECONDO  GRADO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso proposto dalla
 Zerfin s.p.a. con sede a Padova,  passaggio  C.  Piscopia  n.  10,  e
 Zerbetto s.p.a. con sede a Padova, via S. Pellico n. 5.
                               F a t t o
   Con  verbale  di  assemblea  straordinaria  degli  azionisti del 22
 dicembre 1992 n. 51728 di  rep.  notaio  Giambattista  Todeschini  in
 Padova,   veniva   deliberato  un  aumento  di  capitale  sociale  da
 effettuarsi mediante conferimento di immobili da parte  della  Zerfin
 s.p.a.
   In  data  24  febbraio  1993 n. 518 vol. 90 veniva denunciato detto
 aumento di capitale all'Ufficio del registro di Padova.
   In data 15 aprile 1993 lo stesso  ufficio  provvedeva  ad  emettere
 avviso di liquidazione alle societa' sopra citate:
     imposta di registro 4% su L. 115.327.000, L. 4.160.000;
     trascrizione 1,60% su L. 1.551.000.000, L. 24.820.000;
     catasto 0,40% su L. 1.551.000.000, L. 6.200.000;
     INVIM (a carico della societa' Zerfin), L. 135.150.000;
     totale L. 170.780.000.
   Contro  l'avviso  di  liquidazione entrambe le societa' ricorrevano
 alla  commissione  tributaria  di  primo  grado  sostenendo   che   i
 conferimenti,  ai  sensi  della direttiva CEE n. 69/335 del 17 luglio
 1969, sarebbero assoggettabili ad  una  imposta  unica  con  aliquota
 massima dell'1% sul valore del conseguimento.
   A   sostegno  della  propria  tesi  i  ricorrenti  richiamavano  la
 giurisprudenza   formatasi    in    ordine    alla    applicabilita',
 nell'ordinamento  interno,  della  normativa  comunitaria, ricordando
 come,  con  sentenza  n.  170/1984,  la  Corte  costituzionale  abbia
 riconosciuto  l'immediata  applicabilita' dei regolamenti comunitari;
 la Corte ha riconosciuto  anche  l'applicabilita'  delle  statuizioni
 contenute  nelle  sentenze  interpretative  della  Corte di giustizia
 delle Comunita' europee.
   Infine   con  sentenza  n.  168/1991  la  Corte  costituzionale  ha
 riconosciuto l'immediata applicabilita' delle direttive  comunitarie,
 e  cio'  sulla  scorta  della giurisprudenza della Corte di giustizia
 delle Comunita' europee, che in sede di interpretazione dell'art. 189
 del trattato di Roma ha da tempo elaborato alcuni  principi  cardine,
 secondo  i  quali  in  tutte le ipotesi in cui le disposizioni di una
 direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate  e
 sufficientemente  precise,  in tali casi i singoli possono far valere
 direttamente tali direttive dinanzi  ai  giudici  nazionali  ed  alla
 pubblica  amministrazione,  anche  nell'ipotesi in cui tale direttiva
 non  sia  stata  recepita  dall'ordinamento  nazionale.   L'immediata
 applicabilita'  delle  direttive  comunitarie  secondo  la richiamata
 giurisprudenza della Corte costituzionale della  Corte  di  giustizia
 delle  Comunita'  europee,  si  avrebbe  quindi  quando  la direttiva
 comunitaria risulti incondizionata e sufficientemente precisa il  che
 si verificherebbe nella fattispecie oggetto del ricorso.
   L'Ufficio  del  registro  si  opponeva  sostenendo che la direttiva
 comunitaria  invocata   dai   contribuenti   non   potrebbe   trovare
 applicazione   prima  della  emanazione,  da  parte  del  legislatore
 interno, di una  norma  specifica  in  applicazione  della  direttiva
 medesima.
   La  Commissione tributaria di primo grado nel respingere il ricorso
 argomenta che l'orientamento in sede comunitaria sembra essere quello
 di esentare da ogni imposizione fiscale la raccolta di capitali  come
 si  puo'  osservare dalla relazione del Parlamento europeo (4 gennaio
 1995) che in proposito riteneva "Accolta con favore" la  proposta  in
 tal senso formulata dalla commissione. E' altresi' vero che la stessa
 commissione  dava  atto  che  molto lentamente si sta progredendo nel
 conseguimento dell'obiettivo fissato dalla direttiva n. 69/335.    Da
 cio'  deriva una, sia pure indiretta, ma non irrilevante riprova, che
 detta direttiva risulti deficitaria di  incondizionatezza,  carattere
 visto   come  necessario  dalla  sentenza  n.  168/1991  della  Corte
 costituzionale per essere di immediata applicazione.
   Le societa'  Zerfin  e  Zerbetto,  contro  detta  decisione,  hanno
 proposto  appello  ribadendo  le  proprie ragioni per quanto riguarda
 l'immediata applicabilita' della direttiva CEE 69/135 ed in subordine
 chiede  che  gli  atti  vengano  rimessi  alla  Corte  costituzionale
 affinche' si pronunci sulla illegittimita' del d.P.R. 26 aprile 1986,
 n.  131,  26  ottobre  1972,  n.  643, e 31 ottobre 1990, n. 347, per
 contrasto con l'art. 76 della Costituzione essendo state  riscontrate
 discrepanze  con  i  contenuti  della legge delega 9 ottobre 1971, n.
 825.
   Tanto premesso in fatto la commissione tributaria di secondo grado.
                             O s s e r v a
   Con la  sentenza  n.  168  del  1991  la  Corte  costituzionale  ha
 dichiarato  inammissibile  per  difetto  di rilevanza la questione di
 legittimita' dell'art. 4, lett. E, della Tariffa A allegata al d.P.R.
 26 ottobre 1972, n. 634 (che sottoponeva ad imposta  di  registro  le
 delibere  societarie  di  emissione di obbligazioni), sollevata dalla
 commissione tributaria di primo grado di  Ancona  per  contrasto  con
 l'art.  76  della  Costituzione  ritenendo  sussistente un eccesso di
 delega rispetto all'art. 7, primo comma, della legge delega (legge  9
 ottobre  1971,  n.  825),  che, nel porre i principi direttivi cui si
 sarebbe dovuta ispirare la riforma  dell'imposta  di  registro  aveva
 precisato,  tra  l'altro, il rispetto dell'art. 11 della direttiva 17
 luglio  1969  del  Consiglio  delle Comunita' europee facenti divieto
 agli Stati membri  di  sottoporre  ad  imposizione,  sotto  qualsiasi
 forma, i prestiti contratti mediante emissione di obbligazioni.
   A  tale  risultato  la Corte e' pervenuta sulla base della rilevata
 diretta applicabilita' nell'ordinamento interno della norma contenuta
 nella suddetta direttiva comunitaria; e pertanto il giudice a quo era
 tenuto a non applicare le corrispondenti norme del  diritto  interno,
 con  la  prima  confliggenti, di cui aveva denunciato la legittimita'
 costituzionale; da cio' l'irrilevanza della questione proposta.
   Nella citata sentenza si e' puntualizzato che:
     la  diretta   applicabilita'   nell'ordinamento   interno   delle
 direttive comunitarie non discende dalla qualificazione formale della
 fonte,  ma  richiede  riscontro di alcuni presupposti sostanziali, in
 particolare   la   prescrizione   della   direttiva    deve    essere
 incondizionata  (in  modo da non lasciare margine di discrezionalita'
 agli Stati membri della stessa) e sufficientemente precisa (nel senso
 che  la  fattispecie  ed  il  predetto  applicabile   devono   essere
 determinati compiutamente in tutti i loro elementi);
     la  ricognizione  in  concreto  di  tali  presupposti costituisce
 l'esito di una interpretazione della direttiva  comunitaria  e  delle
 sue  singole  disposizioni che il giudice nazionale (anche il giudice
 delle leggi), puo'  effettuare  direttamente  ovvero  rimettere  alla
 Corte  di  giustizia  ai  sensi  dell'art.  177,  secondo  comma, del
 Trattato di Roma.
   Cio' premesso, nella controveria all'esame di questa commissione si
 dibatte  sulla  diretta  applicabilita'  nell'Ordinamento   giuridico
 italiano  della  disposizione, contenuta nella diretiva n. 335 del 17
 luglio 1969 della Comunita' economica europea, secondo la quale  "gli
 Stati  membri  possono  esentare  dall'imposta  sui  conferimenti  od
 assoggettare ad un'unica aliquota non superiore all'1% le  operazioni
 diverse  da  quelle  di  cui  al paragrafo 1" e sulla conseguente non
 applicabilita' delle norme  di  legislazione  interne  che  prevedono
 l'applicazione  della imposta di registro con l'aliquota del 4% (art.
 4, lett. A) n. 2 della parte Prima delle tariffe allegate  al  d.P.R.
 26  aprile  1986,  n.  131,  nonche'  -  almeno  alla  data dell'atto
 deliberativo di aumento del capitale in questione - l'INVIM (art. 2/2
 del d.P.R.  26 ottobre 1972, n. 643) e le  imposte  ipotecarie  e  di
 trascrizione  (d.P.R.  31  ottobre  1990,  n.  347),  ai conferimenti
 immobiliari in societa' di ogni tipo.
   Appare evidente, a giudizio della commissione,  la  diversita'  del
 contenuto  precettivo  della disposizione della direttiva comunitaria
 appena indicata, rispetto a quelli  delle  disposizioni  -  esaminate
 dalla  sentenza  della  Corte  costituzionale  chiamata in premessa -
 concernenti i prestiti obbligazionari.
   Quest'ultima ha infatti un precetto negativo, di esclusione, idoneo
 a raggiungere direttamente negli ordinamenti degli  Stati  membri  il
 risultato  prefissosi  dal  legislatore  comunitario (l'esclusione di
 ogni forma di imposizione sugli atti  deliberativi  di  emissione  di
 obbligazione);  la  prima invece contiene la prescrizione positiva di
 un'imposta  sui  conferimenti  caratterizzata  da  un'unicita'  e  da
 un'aliquota  non  superiore  all'1%,  e  proprio  per  tale contenuto
 positivo  non  puo'  operare  nell'ordinamento  interno  dei  singoli
 membri,  se  come vincolo di risultato per il legislatore nazionale a
 cui carico vinene posto - nell'ambito dell'ordinamento comunitario  -
 l'obbligo  di  rimodellare  il  sistema  impositivio dei conferimenti
 immobiliari secondo le caratteristiche indicate dalla  direttiva.  E'
 altresi'  evidente  che,  in  un  ordinamento  come  quello italiano,
 caratterizzato da una  pluralita'  di  imposizioni  sui  conferimenti
 immobiliari  nelle  societa'  di  ogni  tipo,  non  puo'  non  essere
 necessario un intervento del legislatore nazionale per delineare, con
 inevitabilita' margini di discrezionalita', fermo restando  il  tetto
 dell'aliquota  dell'1%,  quale  debba essere il tipo di imposta unica
 avuto di mira  dalla normativa comunitaria, quale il suo presupposto,
 come si determini la base imponibile, quali siano soggetti passivi di
 essa. La necessita' di un ampio intervento del legislatore nazionale,
 attuativo della direttiva  comunitaria  porta  ad  escludere  che  la
 stessa  presenti  quelle  caratteristiche  di  incondizionatezza alle
 quali secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia  delle
 Comunita' europee e della Corte costituzionale, e' subordinata la sua
 diretta applicabilita' nell'ordinamento dello Stato italiano.
   Nella  presente  controversia  debbono  per  contro  trovare  piena
 applicazione le norme interne che disciplinano l'imposta di  registro
 e  le altre imposte indirette sui conferimenti immobiliari; e di esse
 per tanto diviene rilevante esaminare  l'eventuale  contrasto  con  i
 principi della Costituzione.
   Le  norme  interne,  nell'ipotesi  di  conferimenti  di  immobili a
 societa'  di  qualsiasi  tipo,   l'assoggettamento   all'imposta   di
 registro,  all'INVIM  (quanto meno al momento in cui l'atto di cui si
 controverte e' stato formato)  all'imposta  ipotecaria  e  catastale,
 appaiono  in  contrasto  con  i  principi informatori contenuti nella
 legge con la quale  il  Governo  e'  stato  delegato  ad  emanare  le
 disposizioni  occorrenti per la riforma del sistema tributario (legge
 9 ottobre 1971, n. 825) ed in  particolare,  con  il  disposto  degli
 artt.  7  e 17 della citata legge delega, il primo dei quali, in tema
 di imposta di registro, ipotecaria e  catastale,  stabilisce  che  la
 riforma  debbe  adeguarsi  alla  direttiva comunitaria n. 335/69 che,
 come gia' evidenziato, prevede che gli Stati membri possano,  in  via
 alternativa,  o  esentare  i  conferimenti di immobili a societa', da
 imposta, o assoggettarli all'aliquota  unica  non  superiore  all'1%,
 mentre l'art. 17 delega il Governo ad emanare testi unici, sempre nel
 rispetto dei principi direttivi stabiliti dalla legge delega e quindi
 nel rispetto delle direttive contenute nell'art. 7.
   Il  legislatore delegato, superando i criteri direttivi fissati dal
 delegante ha invece sottoposto i conferimenti ad imposta di  registro
 con  aliquota variabile fra l'8% ed il 4%; ha inoltre assoggettato la
 medesima operazione ad INVIM, ed imposta catastale ed ipotecaria.
   Ne  consegue,  a  parere  di  questa  commissione,  che  le   norme
 tributarie  sopra  richiamate,  nella  parte  in  cui  assoggettano a
 registro,  INVIM,  imposta  ipotecaria  e  catastale  i  conferimenti
 immobiliari  in  favore  di  qualsiasi  tipo  di  societa' violino il
 disposto dell'art. 76 della Costituzione, non  essendosi  il  Governo
 attenuto ai principi direttivi fissati con la legge delega.