ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 648 del codice
 di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 13 aprile  1995
 dal  giudice  istruttore  del  tribunale di Salerno, nel procedimento
 civile vertente tra Azienda Agricola Giandomenico Consalvo e Arenella
 Genuario, iscritta al n. 344 del registro ordinanze 1995 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica - prima serie speciale - n.
 25, dell'anno 1995.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 febbraio 1996 il giudice
 relatore Cesare Ruperto.
                            Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio di opposizione a decreto  ingiuntivo,
 il  giudice  istruttore  del  tribunale  di Salerno ha sollevato, con
 ordinanza  emessa  il  13  aprile  1995,  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 dell'art. 648 del codice di procedura  civile,  nella  parte  in  cui
 prevede   la   non   impugnabilita'   e,   conseguentemente,  la  non
 revocabilita' e la non modificabilita' dell'ordinanza che concede  la
 provvisoria  esecuzione  del decreto ingiuntivo opposto, a differenza
 di  quanto  previsto  dall'art.    186-ter  dello  stesso  codice  di
 procedura civile per l'ingiunzione di pagamento o di consegna.
   Premette  il  giudice  a quo che la questione sarebbe rilevante nel
 giudizio in corso dinanzi a lui, concernendo la revoca dell'ordinanza
 concessiva della provvisoria esecuzione.
   Chiarisce poi che, in virtu' dell'art. 177, n. 2, cod. proc.  civ.,
 l'ordinanza de qua non e' modificabile ne' revocabile dal giudice che
 l'ha  pronunciata;  viceversa  l'ordinanza-ingiunzione  resa  ex art.
 186-ter cod. proc.  civ.  rimane  nella  disponibilita'  del  giudice
 stesso,  anche  se  i presupposti che giustificano la concessione dei
 due provvedimenti sono  entrambi  individuabili  nell'art.  633  cod.
 proc. civ.
   Infatti  l'art.  186-ter  cod.  proc.  civ., attraverso l'anzidetto
 richiamo all'art. 633 cod. proc.  civ.,  sottolineerebbe  l'identita'
 delle  due situazioni che legittimano l'emanazione dei provvedimenti;
 ne' le differenze concernenti la competenza ed il momento processuale
 in cui essi intervengono, varrebbero  a  giustificare  la  denunciata
 disparita',   a   fortiori  in  ragione  dell'identita'  della  forma
 (ordinanza in entrambi i casi).
   L'attuale formulazione della norma  impugnata  non  sarebbe  quindi
 piu'  giustificabile, non tanto con riguardo alla non revocabilita' -
 posto che il tribunale, decidendo sul merito, puo' sempre revocare il
 decreto  ingiuntivo  opposto  -  quanto  con  riguardo  alla  mancata
 previsione del potere di modifica dell'ordinanza da parte del giudice
 che   l'ha  emessa  "normalmente  in  una  fase  processuale  in  cui
 l'istruzione della causa e' alle prime  battute".  In  tal  senso  la
 denunciata  stabilita' del provvedimento concessivo della provvisoria
 esecuzione si risolverebbe in una limitazione del diritto  di  difesa
 dell'ingiunto.
   2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che  ha  concluso
 per  l'infondatezza  della  questione  in  ragione  delle sostanziali
 differenze esistenti tra l'ordinanza di cui alla  norma  impugnata  e
 quella assunta a tertium comparationis.
   Nel  giudizio  di  opposizione,  infatti, la cognizione del giudice
 istruttore circa la concessione  della  provvisoria  esecuzione,  sia
 pure  sommaria  e  provvisoria,  si  aggiunge  alla  cognizione  gia'
 effettuata  circa  il  rapporto  controverso  nella  precedente  fase
 monitoria.  Al  contrario  nell'ordinanza-ingiunzione ex art. 186-ter
 cod. proc. civ.  non si riscontra tale duplicita' di esame,  si'  che
 risulterebbe  pienamente  giustificato il regime di modificabilita' e
 revocabilita'. A tali considerazioni, riferibili sia al  giudizio  di
 competenza del giudice monocratico che a quello che si svolge dinanzi
 al  giudice  collegiale,  l'Avvocatura  aggiunge  infine  il richiamo
 all'analogo   carattere   di   stabilita'   conferito   all'ordinanza
 sospensiva  della  gia' concessa provvisoria esecutivita' del decreto
 opposto. Il sistema non sarebbe quindi privo di  razionalita'  e  non
 sarebbero  ravvisabili ne' la censurata disparita' di trattamento, in
 ragione della descritta diversita', ne' la compressione  del  diritto
 di   difesa,   pur   sempre   salvaguardato   dalla  presenza  di  un
 contraddittorio pieno.
                         Considerato in diritto
   1. - Il giudice istruttore del tribunale di  Salerno  dubita  -  in
 riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - della legittimita'
 costituzionale  dell'art.  648  del  codice di procedura civile nella
 parte  in  cui,  affermandone  la  non  impugnabilita',   rende   non
 revocabile  e  non  modificabile,  da  parte  del  giudice  che  l'ha
 pronunciata, l'ordinanza concessiva della provvisoria esecuzione  del
 decreto ingiuntivo opposto.  In particolare, il giudice a quo ravvisa
 una  disparita'  di  trattamento  rispetto  a  quanto e' previsto per
 l'ordinanza  ingiunzione  di  pagamento  o  di  consegna   introdotta
 dall'art.  186-ter  nel  comune  processo di cognizione, con riguardo
 alla quale, viceversa, sono espressamente previste la revocabilita' e
 la modificabilita'; paventando, piu' in  generale,  una  compressione
 del diritto di difesa del debitore.
   2. - La questione non e' fondata.
   2.1.  -  L'ordinanza  con cui e' concessa la provvisoria esecuzione
 del decreto ingiuntivo  opposto  e  l'ordinanza  descritta  dall'art.
 186-ter,  richiamata  come  tertium comparationis, non possono essere
 assimilate, attese le rilevanti differenze di natura  e  funzione;  e
 non  si  puo'  dunque, su un'asserita loro omogeneita', assumere come
 costituzionalmente illegittima  una  disciplina  differenziata  delle
 stesse.
   2.1.1.  -  Nell'ipotesi  di  cui  al denunciato art. 648 cod. proc.
 civ.,  in  presenza  del  titolo  gia'  formatosi  nel   procedimento
 monitorio,  il  giudice, generalmente in limine litis, a fronte delle
 ragioni di merito che sostengono l'opposizione, e sempre  che  questa
 non  sia  fondata  su  prova scritta o di pronta soluzione, decide se
 concedere la provvisoria esecuzione del detto decreto. Il  meccanismo
 processuale  impone  quindi che la reazione dell'opponente al decreto
 ingiuntivo  venga  valutata  nell'ottica  di  una   sua   presumibile
 fondatezza  o infondatezza, e che l'attendibilita' degli argomenti di
 contestazione del titolo venga interinalmente  apprezzata  attraverso
 un  giudizio  di  semplice  prognosi.  Cosi' come accade nell'inversa
 ipotesi contemplata dal successivo art.  649  (che  pero'  condiziona
 l'emissione   dell'ordinanza  non  impugnabile  di  sospensione  alla
 presenza di "gravi motivi").
   Ai  (soli)  fini  dei  provvedimenti  che  accordano  o  negano  la
 provvisoria esecuzione, secondo le complementari norme ex artt. 648 e
 649  cod.    proc.  civ.,  le  difese  dell'opponente  si  presentano
 ontologicamente complete  ed  esaustive;  e  proprio  per  questo  al
 giudice  e'  attribuita,  in  particolare nella denunciata norma, una
 piena discrezionalita',  che  questa  Corte  ha  avuto  occasione  di
 sottolineare  quando  ha  caducato  la  gia' prevista obbligatorieta'
 della concessione della clausola in caso di  offerta  della  cauzione
 (sentenza  n.  137  del  1984),  e  quando  ha  fatto  richiamo  alla
 possibilita' di valutare anche elementi caratteristici  della  tutela
 cautelare (ordinanza n. 295 del 1989).
   Funzione   tipicamente   anticipatoria  svolge  invece  l'ordinanza
 d'ingiunzione  pronunciata  ex  art.  186-ter,  che   unitamente   al
 provvedimento  ex  art.    186-bis  appaga  esigenze  deflattive  del
 processo, inserendosi nella complessiva logica di  potenziamento  del
 giudizio  di  primo grado (cfr.   anche l'art. 186-quater, introdotto
 col decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432, convertito nella legge  20
 dicembre  1995,  n.  534,  nonche'  l'art.  282); essa e' concessa in
 qualsiasi momento su una valutazione di presumibile resistenza  delle
 ragioni    dell'istante   alle   contestazioni   della   controparte,
 nell'ottica della decisione definitiva (v. sentenza n. 295 del 1995).
   La  tecnica  di  codesta  anticipazione  si   realizza   attraverso
 l'innesto in un giudizio ordinario a cognizione piena, gia' pendente,
 di un sub-procedimento che conduce all'emanazione di un'ordinanza, la
 modificabilita'   e   la   revocabilita'  della  quale  costituiscono
 espressione del suo carattere precario, in vista della  decisione  di
 merito,   nella   quale  essa  e'  destinata  normalmente  ad  essere
 riassorbita. Mentre nel giudizio di opposizione il giudice  si  trova
 ad esaminare un decreto gia' emesso e deve solo accertare se esistano
 i   presupposti  per  la  concessione  della  provvisoria  esecuzione
 provvedendo sempre e comunque nel contraddittorio reale fra le parti,
 invece nell'emettere il provvedimento ex art.    186-ter  il  giudice
 compie  una  sommaria  delibazione  della  fondatezza  delle  ragioni
 addotte,  anche  nell'assenza  del  debitore.  In  particolare,  egli
 esamina se "ricorrano i presupposti di cui all'art. 633, primo comma,
 n. 1, e secondo comma, e di cui all'art. 634", pronunciando, in  caso
 affermativo,     l'ordinanza    di    ingiunzione,    che    dichiara
 provvisoriamente esecutiva (solo) se sussistano anche "i  presupposti
 di  cui  all'art.    642, nonche', ove la controparte non sia rimasta
 contumace, quelli di cui all'art. 648, primo  comma",  e  sempre  che
 quest'ultima  non  "abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta
 contro di lei" o "proposto querela di falso contro l'atto pubblico".
   2.1.2. - Gia' questa peculiarita' - relativa alla possibilita'  che
 l'ordinanza  ex  art.  186-ter  sia  emessa  anche  in  difetto  d'un
 contraddittorio non meramente formale per via  della  contumacia  del
 debitore,  ipotesi prevista anzi come tipica nell'originario progetto
 di  tale  articolo  ed  ovviamente  non  configurabile  nel  giudizio
 d'opposizione  ex  art.  645 e segg. cod. proc. civ. - sarebbe di per
 se' sufficiente a giustificare la differenza di  regime  fra  le  due
 ordinanze in esame:  differenza marcata appunto dalla revocabilita' e
 dalla  modificabilita'  connesse  all'una  ma  escluse, attraverso la
 prevista non impugnabilita', per l'altra, e che influisce sul  regime
 (di  stabilita'  o  meno)  degli  effetti  delle due ordinanze. Basti
 considerare che, quando l'ordinanza sia pronunciata nella  contumacia
 del  convenuto, puo' accadere che quest'ultimo non si costituisca nei
 venti giorni dalla notifica dell'ordinanza stessa,  la  quale  allora
 acquista  definitivita';  oppure che, costituendosi, egli addirittura
 disconosca la scrittura privata o proponga querela  di  falso  contro
 l'atto  pubblico, sulla cui base e' stata emessa l'ordinanza, o, piu'
 limitatamente, produca elementi idonei a convincere  il  giudice  del
 difetto   dei   presupposti   legalmente   previsti  per  l'emissione
 dell'ordinanza o per la concessione  della  clausola  di  provvisoria
 esecuzione.
   2.1.3.  -  Ma  anche  al  di  fuori dell'ipotesi di contumacia, non
 appare irragionevole una disciplina differenziata delle due ordinanze
 in esame, la quale viceversa e'  da  ritenersi  in  sintonia  con  la
 diversa ratio delle distinte norme che le prevedono.
   Nel caso contemplato dalla denunciata norma il legislatore ha posto
 l'eventualita'  della  concessione  della  provvisoria  esecuzione  a
 presidio  della  potenziale  definitivita'  del  decreto   ingiuntivo
 concesso  ante  causam,  onde  scoraggiare  opposizioni  dilatorie  e
 indurre l'opponente  ad  una  immediata  esauriente  rappresentazione
 delle   proprie   ragioni.      E  cio'  non  si  palesa  affatto  in
 contraddizione con la nuova norma introdotta dalla legge 26  novembre
 1990, n. 353, nella disciplina dell'ordinario processo di cognizione:
 essendo  del  tutto coerente con la logica globale del codice di rito
 civile - in cui sin dall'inizio figura inserita la denunciata norma -
 riconoscere comunque, nel caso previsto  dall'art.  186-ter,  che  il
 protrarsi  dell'istruttoria  possa condurre il giudice ad una diversa
 valutazione degli elementi raccolti e, di  conseguenza,  alla  revoca
 della  provvisoria  esecuzione  di un titolo che geneticamente a tale
 istruttoria appartiene, si' che  la  precarieta'  della  clausola  di
 provvisoria   esecuzione  appare  come  una  mera  conseguenza  della
 precarieta' del titolo stesso.
   2.1.4. - Conclusivamente, devesi allora  affermare  che  l'analogia
 dei  presupposti  di  concessione  della  provvisoria  esecuzione non
 comporta necessariamente la  previsione  di  un  identico  regime  di
 stabilita'  per le due ordinanze in esame, diversi essendo i contesti
 processuali  in  cui  esse  s'inseriscono. E, piu' in generale, e' da
 rilevarsi che resta affidata alla discrezionalita' del legislatore la
 differenziazione delle condizioni di accesso  all'esecuzione  forzata
 nei diversi tipi di giudizi.
   2.2.  -  Il  richiamo  alla  discrezionalita' del legislatore - che
 trova il solo limite  della  non  irrazionale  predisposizione  degli
 strumenti di tutela (v. sentenza n. 295 del 1995) - in uno con quanto
 sopra  s'e'  detto  in  ordine al significato normativo dell'art. 648
 cod. proc. civ., vale poi ad  escludere  la  prospettata  violazione,
 oltre   che   dell'art.   3  in  collegamento  con  l'art.  24  della
 Costituzione, anche dell'art. 24 in se' considerato. Cio', proprio in
 quanto l'ordinanza di cui alla denunciata disposizione  viene  emessa
 nel  reale  e  pieno  contraddittorio  delle  parti,  non  ha  natura
 decisoria, siccome destinata ad essere riassorbita nella sentenza  di
 merito,  e  costituisce strumento per la soddisfazione d'un interesse
 (del creditore) che non irragionevolmente il legislatore ha  ritenuto
 prevalente   su  altro  interesse  contrapposto  (del  debitore)  nel
 bilanciamento demandato appunto alla sua discrezionalita'.