Ricorso per conflitto di attribuzione per la  regione  Toscana,  in
 persona  del  presidente  pro-tempore,  autorizzata con deliberazione
 della Giunta regionale n. 155 del 12 febbraio 1996,  rappresentata  e
 difesa,  come  da  mandato  in calce al presente atto, dagli avvocati
 Vito Vacchi e Fabio Lorenzoni,  e  elettivamente  domiciliata  presso
 quest'ultimo  in  Roma,  via Alessandria n. 130, contro il Presidente
 del Consiglio dei Ministri pro-tempore per conflitto di  attribuzioni
 in  relazione  alla circolare del Ministro per la funzione pubblica e
 gli affari regionali del 27 novembre  1995  n.  22/95  relativa  alle
 funzioni  di  sovraintendenza  e  di coordinamento del Commissario di
 Governo.
   Sulla Gazzetta Ufficiale del 17 gennaio 1996 - serie generale n. 13
 e' stata pubblicata la "Circolare sulle funzioni di sovraintendenza e
 di coordinamento del Commissario del Governo" emanata il 27  novembre
 1995 dal Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali.
   Nelle  premesse  viene  affermato  che i Commissari di Governo sono
 chiamati a svolgere un ruolo sempre piu' attivo nell'esercizio  delle
 funzioni  di  sovraintendenza  e  di  coordinamento,  per  cui appare
 opportuno, con la circolare in questione:
     "sottolineare gli aspetti piu'  significativi"  dei  compiti  del
 commissario;
     "individuare  alcune  modalita'  organizzative  e procedimentali"
 attraverso  cui  i  suddetti  compiti  possano  essere  efficacemente
 adempiuti;
     "puntualizzare"   le  modalita'  di  esercizio  delle  competenze
 commissariale nell'ambito del procedimento di cui all'art. 127  della
 Costituzione
   La  circolare  sembrerebbe,  dunque,  meramente  attuativa  nonche'
 specificativa di aspetti solo procedurali.
   Tuttavia tale dato espresso in premessa non trova poi riscontro  in
 alcune disposizioni della circolare, le quali, invece, vanno oltre il
 dichiarato  intento  puramente specificativo dei poteri commissariali
 di  sovrintendenza  e  di  coordinamento   come   configurati   dalla
 Costituzione  e dall'art. 13 della legge n. 400/1988, pure richiamata
 nelle premesse, con conseguente lesione dell'autonomia regionale  nei
 punti e per i motivi di seguito esposti.
   A.  -  Il  punto  1.8  -  dopo  aver previsto l'obbligo d reciproca
 informazione  tra  Commissari  di  Governo  e  Prefetti,  nonche'  la
 comunicazione  al  Commissario  dell'ordine del giorno delle riunioni
 del   Comitato   provinciale   e   metropolitano    della    pubblica
 amministrazione  e  dei relativi verbali - dispone al terzo capoverso
 che "ove  gli  argomenti  trattati  interessano  l'ente  regione,  il
 Commissario  di  Governo  puo'  convocare apposite conferenze, ovvero
 idoneo gruppo di lavoro, ai sensi di quanto disposto ai punti sub 1.2
 e 1.3".
   In merito a questa disposizione si rileva:
   A.1. - Il legislatore, nell'istituire e disciplinare detti comitati
 provinciali  e  metropolitani  della  pubblica  amministrazione   con
 molteplici   competenze  finalizzate  tutte  ad  assicurare  il  buon
 andamento, l'imparzialita' e l'efficienza dell'azione amministrativa,
 ha qualificato i comitati medesimi come organi di coordinamento delle
 attivita' statali in ambito provinciale, nonche' di informazione e di
 consulenza del  Prefetto  (art.  17  d.-l.  13  maggio  1991  n.  152
 convertito  in  legge  n. 203/1991; art. 18 d.-l. 24 novembre 1990 n.
 344 convertito  in  legge  n.  21/1991)  e  incaricati  di  formulare
 proposte  per la razionale redistribuzione del personale degli organi
 decentrati delle amministrazioni dello Stato e  degli  enti  pubblici
 (art. 33 d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni).
   Il   legislatore   statale,   quando   ha  ritenuto  necessaria  la
 partecipazione della regione e degli enti locali alle sedute di  tali
 Comitati,  l'ha  gia'  espressamente  disciplinata  (u.c. art. 33 del
 d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni; quarto  comma  art.  17
 d.-l. n. 152/1991 convertito in legge n. 203/1991 sopra citato).
   Essendo  quindi  gia'  previsto  il  coinvolgimento  delle  Regioni
 all'attivita' dei citati Comitati, la facolta' che la disposizione in
 oggetto attribuisce al Commissario di Governo non puo' che ricondursi
 agli strumenti preordinati ad attuare  il  coordinamento  tra  azione
 statale ed azione regionale.
   Ma  tale  coordinamento  va  effettuato  in conformita' al disposto
 dell'art. 13, lett. b) della legge 23 agosto 1988 n.  400  che,  come
 chiarito  dalla  Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 342/1994,
 richiede che il coordinamento stesso sia effettuato d'intesa  con  il
 presidente della Giunta regionale.
   La norma in oggetto invece dispone la convocazione della conferenza
 o  del  gruppo  di  lavoro  senza  prevedere  la  suddetta necessaria
 preventiva intesa e dunque la posizione del Presidente della  Regione
 non  e', in questa parte della direttiva, sufficientemente garantita,
 con  violazione  dell'autonomia  costituzionalmente  garantita   alle
 Regioni.
   A.2.  -  Il  terzo  capoverso  del punto 1.8 in esame rinvia poi al
 contenuto dei punti 1.2 e 1.3 della direttiva per quanto concerne  le
 conferenze  ed  i gruppi di lavoro che il Commissario di Governo puo'
 convocare con le Regioni, in presenza di argomenti  di  interesse  di
 queste   ultime.   Tale  disposizione  appare  lesiva  dell'autonomia
 regionale   ove   il   suddetto   rinvio   comporti,   come   sembra,
 l'applicabilita' anche alle Regioni del disposto dei punti 1.2 e 1.3.
   In particolare, infatti, il punto 1.2, primo capoverso, prevede che
 il  Commissario  convoca  e  presiede una conferenza allorche' appaia
 utile la trattazione congiunta ed  integrata  di  una  questione;  in
 detta  conferenza possono essere conclusi accordi per disciplinare lo
 svolgimento in collaborazione di attivita'  di  interesse  comune  ai
 sensi  dell'art.  15  della  legge  n.  241/1990  e  in  tal  caso il
 Commissario verifica la puntuale attuazione  dell'accordo  ed  adotta
 ove occorra gli atti diretti a promuoverne l'attuazione.
   Il  punto  1.3  prevede poi la costituzione di gruppi di lavoro per
 l'elaborazione  di   programmi   comuni   di   azione   tra   diverse
 amministrazioni;   le   amministrazioni   interessate   dovranno  poi
 orientare la loro azione al raggiungimento dei risultati indicati nel
 programma.
   Tali disposizioni - ove, si ripete, trovino applicazione anche  nei
 confronti  delle  Regioni  in  virtu' del richiamo previsto nel terzo
 capoverso del punto 1.8 - estendono  indebitamente  al  coordinamento
 Stato-Regione  degli  strumenti  che sono legittimi solo per cio' che
 attiene al coordinamento delle amministrazioni  statali  periferiche:
 esse    comportano   infatti   una   interferenza   del   Commissario
 nell'attivita' regionale che va ben  al  di  la'  delle  funzioni  di
 raccordo  ad  esso  demandate  dalla  Costituzione (art. 124) e dalla
 legge (art. 13 legge n. 400/1988), perche' consentono al  Commissario
 di  verificare  la puntuale attuazione degli accordi conclusi in seno
 alla  conferenza  e  di  adottare  gli  atti  diretti  a  promuoverne
 l'attuazione;  di  promuovere  l'istituzione  di gruppi di lavoro per
 l'elaborazione  di  programmi  idonei  ad  orientare  l'azione  delle
 amministrazioni  stesse; di convocare e presiedere le conferenze, ove
 invece, puo' ritenersi legittimo in  caso  al  Commissario  solo  "il
 potere   di   promuovere   le   conferenze"   tra   funzionari  delle
 amministrazioni statali decentrate e i rappresentanti  regionali  "al
 fine  di  coordinare paritariamente le rispettive attivita'" e quindi
 in un contesto di "cooperazione paritaria  fra  Stato  e  Regioni  (e
 Province  autonome),  la  cui  attivazione  puo'  avvenire  e  i  cui
 risultati possono essere accertati soltanto sulla base di una  libera
 e  mai  vincolabile decisione dei soggetti che vi partecipano" (Corte
 costituzionale n. 242/1989).
   Di qui la dedotte censure per invasione della sfera di autonomia di
 indirizzo politico e amministrativo della Regione.
   B. - Il  punto  3.2.).  primo  capoverso,  per  attuare  la  "leale
 collaborazione" tra uffici statali e quelli regionali, stabilisce che
 il   Commissario   "segue"  l'attivita'  istituzionale  degli  organi
 regionali, specie nei settori nella norma stessa.
   Tale potere attribuito al Commissario e' del  tutto  indeterminato:
 in  particolare  la norma non specifica i presupposti, i criteri e le
 modalita' per  l'esercizio  del  medesimo,  ne'  le  conseguenze  che
 possono  derivare  dal  suo  esercizio, ne' prevede che le Regioni ne
 vengano adeguatamente poste a conoscenza.
   Tale indeterminatezza fa assumere al suddetto potere  il  carattere
 di  una generica vigilanza sulle Amministrazioni regionali che, lungi
 dall'attuare  la  leale  cooperazione  tra  Stato   e   Regioni,   e'
 incompatibile   con  l'autonomia  costituzionalmente  garantita  alle
 Regioni ed altera la fisionomia  costituzionale  del  Commissario  di
 Governo.
   Cio'  in  quanto: nel vigente ordinamento costituzionale le Regioni
 sono dotate di autonomia ed interventi  statali  nelle  materie  loro
 attribuite  sono  ammessi  solo  in  vista  di specifici interessi di
 carattere nazionale e solo sulla base di apposite  norme  legislative
 che definiscano gli interessi stessi, i presupposti e i criteri per i
 quali  la  Costituzione  autorizza  determinati  poteri di intervento
 statale.
   Cio'  comporta  (secondo  l'insegnamento  della  Corte: sentenza n.
 229/1989) che e' illegittimo un potere, come quello in esame, che  e'
 generale,  innominato,  suscettibile  di essere esercitato negli ampi
 settori  previsti  in  qualsiasi  tempo,  a  totale  discrezione  del
 Commissario  di  governo  e  al  di  fuori  di ogni predeterminazione
 legislativa di presupposti e di criteri.
   La leale collaborazione  che  la  norma  in  oggetto  richiama  per
 introdurre detto indeterminato potere in capo al Commissario non puo'
 comportare  l'attribuzione  al  Commissario  di  Governo  di un ruolo
 diverso da quello previsto dall'art.  124  della  Costituzione,  come
 interpretato dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale.
   A   tale   proposito   e'  infatti  chiarito  che  la  funzione  di
 sovraintendenza che l'art.  124  della  Costituzione  attribuisce  al
 Commissario   di   governo   e'   riferita   soltanto  alle  funzioni
 amministrative statali (C. cost.   n.  177/1988  e  n.  342/1994);  i
 poteri del Commissario riguardano dunque l'amministrazione periferica
 statale e non le Regioni.
   In  relazione  poi  alla funzione commissariale di coordinamento ai
 sensi dell'art. 124 della Costituzione, e' affermato  che  questa  e'
 uno  "strumento  a  senso  unico",  secondo la dizione della migliore
 dottrina (Paladin "Diritto regionale"; Padova 1992,  217)  richiamata
 dalla  giurisprudenza costituzionale (sent. n. 342/1994), volta cioe'
 "ad adeguare, fin dove  e'  possibile,  l'amministrazione  periferica
 statale  agli  obiettivi  e  ai  criteri  della corrispondente azione
 regionale.  Senza con cio' determinare, tuttavia, vincoli giuridici a
 carico della Regione" (C. cost. sent. 342 citata).
   La norma impugnata non rispetta l'interpetazione esposta  dall'art.
 124   della   Costituzione,  perche'  l'indeterminatezza  dei  poteri
 attribuiti al Commissario fa si' che il loro esercizio  possa  creare
 vincoli  giuridici  a carico delle Regioni e, in generale, non tutela
 l'autonomia di queste ultime.
   C. - Il punto 3.2, dispone, al secondo capoverso ultima parte,  tra
 l'altro,  che  il  Commissario  di  Governo  cura  l'esecuzione delle
 deliberazioni prese dal Consiglio dei Ministri e degli  atti  emanati
 da  un  Ministro  in  sostituzione  di  organi  della Regione rimasti
 inattivi.
   La norma fa dunque riferimento  a  possibili  atti  emanati  da  un
 Ministro  in  sostituzione  degli organi regionali e in tale parte la
 disposizione  e'  illegittima  in  quanto  ammette  in  via  generale
 l'esercizio  de  potere  sostitutivo  nei  confronti della Regione da
 parte di un singolo Ministro anziche' da  parte  di  un'autorita'  di
 governo,  e cio' in contrasto con l'insegnamento della giurisprudenza
 costituzionale (sent. 352/1992; 37/1991; 338/1989).
   D. - La  disposizione  contenuta  nel  punto  6.1  primo  capoverso
 prevede  che  le  Regioni  debbano  inviare al Commissario di Governo
 mensilmente tutte  le  deliberazioni  adottate  nell'esercizio  delle
 funzioni  amministrative statali delegate, corredate da un elenco che
 contenga l'indicazione delle  delibere  sottoposte  al  controllo  di
 legittimita'   ai   sensi  del  d.lgs.     n.  40/1993  e  successive
 modificazioni.
   Tale norma, nel porsi in contrasto con quanto disposto dall'art.  5
 del d.P.R. n. 616/1977 ai sensi del quale il  Governo  stabilisce  le
 categorie  di  atti emanati nell'esercizio delle funzioni delegate di
 cui la Regione deve dare comunicazione  al  Commissario  di  Governo,
 viola   l'autonomia   regionale   perche'  con  una  circolare  viene
 introdotto un obbligo generalizzato contrastante  con  la  previsione
 del  citato  art.  5  del  d.P.R.  n. 616/77 e perche' si impone alle
 Regioni di individuare puntualmente le funzioni delegate, mentre tale
 individuazione compete agli organi statali.
   In ogni caso il previsto obbligo di invio non  risponde  al  canone
 di'  ragionevolezza  e  di  buona  amministrazione di cui all'art. 97
 della  Costituzione,  in   quanto   viene   a   porre   degli   oneri
 sull'attivita'  regionale  senza  soddisfare particolari finalita' di
 collaborazione,  posto  che  gli  atti  regionali  sono  regolarmente
 pubblicati   sul   Bollettino  Ufficiale  e  quindi  detta  forma  di
 pubblicita' permette al Commissario di Governo di avere la conoscenza
 e le informazioni necessarie per l'espletamento dei propri compiti.
   E. - Il punto 6.2 dispone che l'attuazione puntuale della circolare
 da parte dei  suoi  destinatari  ed  il  coerente  svolgimento  delle
 attivita' da essa previste costituiscono parametri per la valutazione
 della  responsabilita' dirigenziale ai sensi del nono comma dell'art.
 20 del d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni.  Poiche'  tra  i
 destinatari  della  direttiva  vi  sono  anche  le  Regioni, la norma
 potrebbe essere interpretata nel senso di introdurre un parametro per
 la  valutazione  della  responsabilita'  anche  dei  dirigenti  delle
 Amministrazioni regionali chiamati ad applicare la direttiva stessa.
   Se  tale  fosse  l'interpretazione  della  disposizione,  la stessa
 sarebbe lesiva delle attribuzioni proprie delle Regioni  in  tema  di
 ordinamento del personale e, in particolare, violerebbe la competenza
 regionale  a  determinare  autonomamente  i parametri per la verifica
 dell'attivita' dei dirigenti, nell'ambito dei principi stabiliti  dal
 d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni, competenza riconosciuta
 dalla Corte costituzionale con sentenza n. 359/93.
     F. - Come emerge dai precedenti punti di ricorso, le disposizioni
 impugnate   non   si   limitano   a  sottolineare  gli  aspetti  piu'
 significativi  dei  compiti  commissariali,  ne'  a   dettare   norme
 puramente   di  organizzazione,  ma,  invece,  prevedono  poteri  non
 riconducibili al ruolo  costituzionale  del  Commissario  di  Governo
 (come  il  punto  3.2 primo capoverso) e modificano norme legislative
 (come il punto 1.8, terzo capoverso che contrasta con l'art. 13 lett.
 b) della legge n. 400/1988; il punto 6.1 che modifica  l'art.  5  del
 d.P.R.  n.  616/1977;  il  punto 6.2. che introduce, senza fondamento
 normativo, una responsabilita' per i dirigenti regionali chiamati  ad
 applicare  la  circolare medesima); tanto e' vero che la circolare in
 parola, come detto nelle sue premesse, va ad integrare la  precedente
 direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 ottobre 1993 e
 successive modificazioni.
   Per  tale  motivo  le  disposizioni  impugnate  della  circolare 27
 novembre 1995 n. 22/1995 si pongono in contrasto con l'art. 13, primo
 comma della legge n. 400/1988 che,  in  relazione  alle  funzioni  ed
 attivita'   del  Commissario  di  Governo,  prevede  l'emanazione  di
 direttive del Presidente del  Consiglio  adottate  sulla  base  degli
 indirizzi del Consiglio dei Ministri, e cio' anche a precisa garanzia
 del ruolo regionale.
   Nel  caso  in questione, invece, l'inosservanza della forma e della
 procedura  previste  e  la  conseguente  adozione  di  una  circolare
 ministeriale  si  traducono in una illegittima lesione della sfera di
 autonomia costituzionale garantita alle Regioni.