IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2053 del 1995 proposto dalla signora Eva Gennari rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Vantaggiato contro il comune di Manduria, in persona del legale rappresentante pro-tempore, n.c.; di Patrizia Dorno, controinteressata, n.c.; per l'annullamento della delibera n. 548 con cui la giunta municipale del comune di Manduria, il 24 maggio 1995, ha ordinato la riformulazione della graduatoria del concorso per aiuto biblotecario, indetto con provvedimento giuntale n. 895 del 16 ottobre 1991 e riservato alle categorie protette di cui alla legge n. 482/1968; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla camera di consiglio del 27 luglio 1995 la relazione del dott. Franco A. M. De Bernardi e udito, altresi', l'avv. A. Vantaggiato per il ricorrente; Ritenute in fatto e in diritto quanto segue; F a t t o Con ricorso notificato il 28 giugno 1995, la signora Eva Gennari ha impugnato, con contestuale richiesta di tutela cautelare, la delibera n. 548, con cui la giunta municipale del comune di Manduria, il 24 maggio 1995, ha ordinato la riformulazione della graduatoria del concorso per aiuto-biblotecario indetta con provvedimento giuntale n. 895 del 16 ottobre 1991 e riservato alle categorie protette di cui alla legge n. 482/1968. La ricorrente, precisato che la riformulazione della graduatoria de quo (le cui risultanze le avrebbero consentito di risultare vincitrice del concorso in esame) e' stata disposta per la sua accertata cancellazione (avvenuta il 13 marzo 1992) dagli elenchi previsti dall'art. 19 della cennata legge n. 482, ritiene che il provvedimento impugnato sia illegittimo per violazione del bando di gara, per errata interpretazione del d.P.R. n. 487/1994 e per violazione del principio di irretroattivita' delle leggi. Solo "per mero scrupolo difensivo" viene (altresi') posta in dubbio - per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione - la legittimita' costituzionale dell'art. 7, secondo comma, del d.lgs. n. 509/1988, espressamente richiamato nelle premesse del provvedimento impugnato. Il ricorso, limitatamente alla parte relativa all'incidentalmente richiesta tutela cautelare, e' stato chiamato nella camera di consiglio del 27 luglio 1995 e quivi - presosi atto della mancata costituzione dell'amministrazione intimata e della controinteressata - e' stato trattenuto per la decisione. D i r i t t o Il collegio rileva preliminarmente che la decisione sull'istanza cautelare sottoposta al suo esame e' subordinata alla previa valutazione della legittimita' costituzionale dall'art. 7, secondo comma, del d.lgs. n. 509/1988. Dall'esame della rilevanza, e non manifesta infondatezza, di tale questione (sollevata in via incidentale dalla ricorrente) il collegio non puo' infatti prescindere, posto che - allo stato - non ritiene fondati ed assorbenti (se isolatamente considerati) gli altri vizi dedotti. Non accoglibile pare, invero il motivo di ricorso concernente la violazione del bando di gara (ai sensi del quale i requisiti di ammissione al concorso devono essere posseduti alla data di scadenza del bando stesso), atteso che l'art. 16 del d.P.R. n. 487/1994 (fonte normativa di livello superiore a quello proprio della delibera giuntale di indizione del bando) prevede che i riservatari possono essere nominati in ruolo solo qualora il requisito dell'iscrizione negli elenchi de quibus permanga sino al momento della concreta immissione in servizio. Parimenti non condivisibile sembra (in se' per se' considerata) la censura relativa alla circostanza che la norma teste' citata (avente, ad avviso del collegio, piu' natura procedimentale che sostanziale) sia stata applicata retroattivamente, atteso che la graduatoria in base alla quale la ricorrente avrebbe dovuto essere dichiarata vincitrice del concorso di cui e' causa e' stata formulata soltanto il 24 gennaio 1995 (successivamente, cioe', all'entrata in vigore del d.P.R. n. 487), e preso atto - piu' in generale - che la possibilita' di applicare retroattivamente, sia pur entro determinati limiti (che, nel caso di specie, non paiano essere stati superati) una norma di carattere non penale puo' ritenersi - in sede giurisprundenziale - paficatamente ammessa. Risulta, peraltro, dalla parte motiva del provvedimento impugnato (e, sotto tale profilo le censure mosse dalla ricorrente possono esser globalmente riconsiderate) che il comune di Manduria ha proceduto alla riformulazione della graduatoria, di cui al verbale n. 11 del 24 gennaio 1995, dopo aver appreso, dal competente ufficio periferico del Ministero del lavoro (all'uopo interpellato), che la ricorrente era stata cancellata dagli elenchi previsti dall'art. 19 della legge n. 482/1968 e che detta cancellazione era stata disposta - sin dal 13 febbraio 1992 - in applicazione del secondo comma dell'art. 7 del d.lgs. n. 509/1988. Constata, a tale riguardo, il collegio che il richiamato articolo, che ha effettivamente elevato il limite percentuale dell'invalidita' ai fini dell'iscrizione nei cennati elenchi (e, sotto quest'aspetto il comportamento tenuto dalla p.a. nel caso di specie si appalesa pienamente legittimo), prevede una "moratoria" di dodici mesi; periodo entro cui i perdenti diritto (quali la ricorrente) mantengono titolo all'iscrizione stessa. Ad avviso del collegio, della disposizione che prevede una tale moratoria va verificata - nella sede istituzionale comeptente l'intrinseca razionalita' e logicita'. Non ci si puo', in propostito esimere dal rilevare, sia pure con la sinteticita' inevitabilmente connessa ad una valutazione espressa nella fase cautelare del giudizio (ed, in particolare, nella deliberazione - per sua stessa natura sommaria - del fumus boni iuris riscontrabile nella pretesa della ricorrente), che l'istituzione di una moratoria del tipo considerato (che, non discriminando tra concorsi gia' banditi e concorsi da bandire, fa dipendere in buona sostanza, il conseguimento della nomina in ruolo dal comportamento di ogni singola p.a.) appare, prima facie, non rispondente al principio costituzionale di uguaglianza. Non e' infatti chi non vedea come, dall'atteggiamento piu' o meno solerte di una data amministrazione nell'espletamento di uno specifico concorso, possa dipendere la caducazione - o meno - del diritto all'iscrizione di cui e' causa, con tutte le conseguenze che a loro volta ne derivano, ai fini - come si e' detto - dell'eventuale nomina in ruolo del soggetto interessato. Il Collegio manifesta al riguardo, la piu' viva perplessita' nel constatare che - vigente l'attuale sistema normativo - per compromettere la posizione di uno di tali soggetti e' sufficiente che la delibera di nomina venga emessa (procrasticandosi la fase procedimentale) successivamente (anche solo di un giorno) al termine annuale previsto dalla disposizione istitutiva della moratoria de quo. (Non pare superfluo rammentare, in proposito, che la formulazione della graduatoria che ha visto la ricorrente collocarsi in prima posizione e' avvenuta, senza che nessuna particolare circostanza giustificasse un cosi' grave ritardo, dopo quasi quattro anni dall'avvio della relativa procedura concorsuale). Tanto premesso: ravvisato, alla luce del disposto dell'art. 3 della Costituzione, un possibile profilo di illegittimita' costituzionale della norma in esame, da cui si evince un contrasto col principio di uguaglianza (evidenziato dalla soluzione - sfavorevole per la ricorrente - che dovrebbe essere data al caso di specie qualora tale norma se non censurata di incostituzionalita', fosse rigorosamente applicata); rilasciato, piu' specificamente, che la norma in esame sembra consentire (o, se si preferisce, non sembra idonea ad impedire) discriminazioni fondate su circostanze quasi del tutto casuali, legate in particolar modo - alla maggiore o minore lentezza burocratica (e che, in tale contesto, appare difficile giustificare la scelta del legislatore sotto i profili della ragionevolezza e dell'imparzialita'); considerato, alla luce dei principi instaurati dalla nuova legge sul procedimento (legge n. 241/1990), che - nel caso di specie - il sacrificio (la locuzione e' qui intesa in senso lato: come comprensiva, cioe', anche della mancata espansione) di una posizione giuridica soggettiva potrebbe risultare legata ad un fatto (consistente nella mancata adozione di un atto amministrativo nel termine indicato) non solo casuale ma, addirittura, illecito; atteso che la decisione sull'istanza cautelare di cui e' causa dipende dall'applicazione, a meno, di una norma che - come si e' detto - sembra consentire un'irragionevole differenza di trattamento in presenza di situazioni analoghe; ritenuta pertanto rilevante, oltre che non manifestamente infondata (sotto i profili, nei limiti, e per i motivi, di cui si e' teste' fatto sintetico cenno) la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, secondo comma, del d.lgs. n. 509/1988. Il collegio ritiene di dover sottoporre tale questione all'autorevole vaglio della Corte costituzionale, cui dovranno pertanto essere trasmessi - con immediatezza - gli atti del presente giudizio (del quale dovra' essere disposta - nelle more - l'altrettanto immediata sospensione).