IL TRIBUNALE Decidendo nella questione di legittimita' costituzionale proposta dal p.m.; Osserva Davanti questo tribunale e' in corso di svolgimento il dibattimento relativo al procedimento penale a carico di Mazzucchi Mauro + 6 imputati di associazione per delinquere ed altro. Questo tribunale, nella stessa composizione, e' stato adito in sede di appello ex art. 310 c.p.p. e, con ordinanza 3 maggio 1993, ha applicato a due degli imputati (Mazzucchi Mauro e Mazzucchi Giuseppe) la misura della custodia cautelare in carcere. Ora, ad avviso del p.m., l'adozione del predetto provvedimento coercitivo avrebbe determinato nel tribunale un pregiudizio suscettibile di compromettere l'imparzialita' della decisione conclusiva. Sarebbe, pertanto, incostituzionale l'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa celebrare il dibattimento il giudice che abbia applicato una misura cautelare nei confronti di uno degli imputati. La questione appare fondata. E' vero, infatti, che con la sentenza n. 502/91 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio il giudice che abbia proceduto al riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva ex art. 309 c.p.p. Tale pronunciamento e' stato, puo', superato e capovolto dalla sentenza n. 432/95 con la quale il citato art. 34, secondo comma, c.p.p. e' stato dichiarato non costituzionale nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare nei confronti dell'imputato. Nella citata sentenza, la Corte ha avuto modo di precisare che "i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'art. 273, primo comma, c.p.p. per l'applicabilita' delle misure cautelari si sostanziano per sempre in una serie di elementi probatori individuati nelle indagini preliminari ed idonei a fornire una consistente ed ragionevole probabilita' di colpevolezza dell'indagato". Secondo la Corte, inoltre, "l'applicazione della misura cautelare comporta una valutazione negativa non solo circa l'esistenza di condizioni legittimanti il proscioglimento ex art. 273, secondo comma, ... ma anche in ordine alla possibilita' di ottenere con la sentenza ... la sospensione condizionale delle pena". La Corte, cioe', proseguendo lungo la strada gia' segnata, in particolare, dalla sentenza n. 502/91 (incompatibilita' del g.i.p. che abbia ordinato l'imputazione) e n. 186/92 (incompatibilita' del g.i.p. che abbia rigettato la richiesta di pena patteggiata) ha coerentemente portato alle estreme conseguenze l'affermazione di principio secondo cui e' incompatibile con il giudizio quel giudice che abbia, in un precedente momento procedimentale, compiuto una valutazione contenutistica dei risultati delle indagini; specie quando tale valutazione, essendo sfociata in un provvedimento coercitivo, costituisca gia' la manifestazione di un giudizio di merito. Queste essendo le argomentazioni della Corte, balza fin troppo evidente l'analogia tra il caso di specie e quello esamina con la sentenza n. 432/95, opponendo che le medesime censure di incompatibilita' rivolte al g.i.p. che abbia adottato una misura cautelare sono esattamente estensibili al tribunale che, in sede di appello ex art. 310 c.p.p., abbia parimenti espresso con i provvedimento corcitivo un convincimento di merito, "ma pure prognostico ed allo stato degli atti". Anche nel caso di specie, infatti, la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato verrebbe rimessa ad un giudice non piu' imparziale, perche' condizionabile in qualche modo dal convincimento di merito gia' espresso. Bene avrebbero saputo i membri di questo tribunale resistere alla forza della prevenzione, ed apprezzare il materiale probatorio dibattimentale con serenita' ed oggettivita'. Ma il doveroso rispetto che si deve alla giusta preoccupazione della Corte (che la maglia di Cesare non soltanto sia onesta ma anche tale debba apparire) impone di denunciare come viziata di incostituzionalita' la situazione di un giudice, anche soltanto in apparenza privo del requisito della imparzialita'. Deve essere, pertanto, sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. in relazione all'art. 3 della Costituzione (per disparita' di trattamento in situazioni analoghe) ed all'art. 24 della Costituzione (per violazioni del diritto di difesa) come da dispositivo. Il presente procedimento deve essere, pertanto, sospeso, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.