ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 27 del d.P.R.
 22 settembre  1988,  n.  448  (Approvazione  delle  disposizioni  sul
 processo  penale  a  carico  di  imputati  minorenni),  promosso  con
 ordinanza emessa il  16  marzo  1996  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il  tribunale  per  i minorenni di L'Aquila, nel
 procedimento penale a carico di S.L. ed altri, iscritta al n. 565 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 26  febbraio  1997  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
   Ritenuto  che  il  giudice  per  le  indagini preliminari presso il
 tribunale per i minorenni  di  L'Aquila  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 27, secondo comma, del d.P.R.
 22 settembre 1988, n. 448, modificato dalla legge 5 febbraio 1992, n.
 123, in riferimento agli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione;
     che la norma e' censurata nella parte in cui non prevede  che  il
 giudice per le indagini preliminari, quando non accoglie la richiesta
 di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, possa
 pronunciare sentenza con altra formula piu' favorevole all'imputato a
 norma  degli  artt.  424 e 425 del codice di procedura penale, ovvero
 fissare direttamente l'udienza preliminare;
     che nel caso di specie il pubblico  ministero,  nel  corso  delle
 indagini  preliminari  nei  confronti  di  alcuni    giovani  per  la
 contravvenzione di disturbo delle  occupazioni  e  del  riposo  delle
 persone (art. 659 del codice penale), commessa al termine della festa
 del  paese,  aveva  appunto  presentato  richiesta di sentenza di non
 luogo a procedere per irrilevanza del fatto;
     che il giudice per le  indagini  preliminari  aveva  ordinato  la
 restituzione  degli  atti al pubblico ministero perche' "valutasse la
 ricorrenza della scriminante prevista dall'art. 51  c.p.,  quantomeno
 sotto  il  profilo  putativo,  ovvero  l'esercizio di un diritto, sub
 specie della consuetudine", ma il  pubblico  ministero  a  sua  volta
 aveva reiterato la richiesta di sentenza di non luogo a procedere per
 irrilevanza del fatto;
     che  l'art.  27  del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, secondo il
 giudice rimettente, non fornisce "alcuno strumento per  uscire  dalla
 situazione di stallo", e si porrebbe pertanto in contrasto:
       con  l'art.  27  della  Costituzione,  in  quanto precluderebbe
 all'imputato la possibilita' di ottenere  una  sentenza  a  lui  piu'
 favorevole  e  al giudice per le indagini preliminari la possibilita'
 di emettere una pronuncia tendenzialmente definitiva, come avviene in
 tema di archiviazione;
       con l'art. 3 della Costituzione, in quanto l'imputato  nei  cui
 confronti  il  pubblico ministero ha presentato richiesta di sentenza
 di non luogo  a  procedere  per  irrilevanza  del  fatto  verrebbe  a
 trovarsi in una situazione piu' sfavorevole rispetto all'imputato per
 il  quale  il  pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio: in
 tale ultima situazione, infatti, il giudice collegiale avrebbe potuto
 pronunciare in sede di udienza preliminare sentenza di  non  luogo  a
 procedere  con formule piu' favorevoli, quali il fatto non sussiste o
 non e' preveduto dalla legge come reato;
       con l'art. 97 della Costituzione,  in  quanto  da  un  lato  la
 situazione   di  stallo  comprometterebbe  il  buon  andamento  della
 amministrazione giudiziaria, dall'altro la possibilita'  concessa  al
 pubblico   ministero  di  "condizionare  l'esito  di  una  procedura"
 pregiudicherebbe l'imparzialita' della funzione giurisdizionale;
     che in definitiva il giudice a quo si duole che il codice di rito
 non gli conceda la possibilita' di esercitare le funzioni  attribuite
 dalla  legge  all'organo  collegiale  chiamato a giudicare in sede di
 udienza preliminare;
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che  ha  concluso  in via preliminare per l'irrilevanza della
 questione, avendo la medesima ad oggetto esclusivamente il  contrasto
 tra  il  giudice  per le indagini preliminari e il pubblico ministero
 circa  la    formula  di  proscioglimento;  contrasto   risolto   dal
 legislatore alla stregua di criteri discrezionali, non assoggettabili
 a  censure  di  incostituzionalita',  a  favore  della  soluzione che
 consente di venire incontro alle prioritarie "esigenze educative  del
 minorenne"  di evitare il giudizio e anche l'udienza preliminare. Nel
 merito,  secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  la  questione  sarebbe
 infondata, in quanto la disciplina censurata rientra tra i meccanismi
 volti  a   fare emergere immediatamente la mancanza di una condizione
 di   procedibilita',   cosi'   impedendo   l'ulteriore   corso    del
 procedimento;
   Considerato  che  l'eccezione  di  incostituzionalita', ravvisabile
 nella presunta situazione di stallo in cui, in caso  di  reiterazione
 della  richiesta di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza
 del fatto, verrebbe a trovarsi il giudice per le indagini preliminari
 che ritenga di non accogliere la richiesta stessa, non si  fa  carico
 delle  scelte  di  fondo del processo penale minorile, sintetizzabili
 nella finalita' di privilegiare le  esigenze  educative  del  minore,
 espressamente  richiamate  dall'art. 3 della legge-delega 16 febbraio
 1981, n. 87, a cui si ricollega la finalita' di sottrarre  l'imputato
 minorenne  il  piu'  rapidamente  possibile  alla  sfera del processo
 penale;
     che l'istituto della  sentenza  di  non  luogo  a  procedere  per
 irrilevanza  del fatto viene incontro a tali esigenze, prevedendo una
 rapida via d'uscita del minore dal processo, anche senza il passaggio
 attraverso  l'udienza  preliminare,  nei  casi  -  tra  cui   rientra
 pienamente  quello  che  ha offerto lo spunto al presente giudizio di
 costituzionalita' -  di  tenuita'  del  fatto  e  occasionalita'  del
 comportamento;
     che in tali ipotesi presupposto della richiesta della sentenza di
 non  luogo  a  procedere  per irrilevanza   del fatto e', appunto, la
 valutazione che l'ulteriore corso del procedimento rechi  pregiudizio
 alle esigenze educative del minore;
     che  l'esigenza  primaria  del recupero del minore puo' tradursi,
 come e' stato espressamente precisato dalla giurisprudenza di  questa
 Corte,  in  istituti e meccanismi volti a fare concludere il processo
 in modi e con contenuti diversi dal processo penale ordinario, tra  i
 quali  rientra  la  sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza
 del fatto (sentenza n. 135 del 1995);
     che a tale  esigenza  primaria  si  richiamano  ripetutamente  le
 "Regole  minime  per  l'amministrazione  della  giustizia  minorile",
 denominate Regole di Pechino (Raccomandazione del VII Congresso delle
 Nazioni  Unite  alla  Assemblea  Generale  del   settembre   1985   e
 Risoluzione   n.      40/33   approvata   nella   Sessione   Plenaria
 dell'Assemblea Generale delle  Nazioni  Unite  in  data  29  novembre
 1985);
     che  la  disciplina  dell'art.  27  del  d.P.R.  n.  448 del 1988
 costituisce una coerente attuazione di tali principi  e finalita', in
 quanto consente una rapida uscita del minore dal processo, prima ed a
 prescindere dall'udienza  preliminare;
     che  l'esigenza  primaria  del  recupero  del  minore prevale sul
 presunto interesse a ottenere una  formula  di  proscioglimento  piu'
 favorevole,  e  non  si  pone quindi in contrasto con l'art. 27 della
 Costituzione;
     che comunque l'eventuale interesse del minore ad una  formula  di
 proscioglimento piu' favorevole puo' trovare ingresso nell'udienza in
 camera di consiglio prevista dall'art. 27, secondo comma, della norma
 in  esame,  nel corso della quale sia il minorenne che l'esercente la
 potesta' dei genitori hanno la possibilita' di chiedere al giudice di
 non accogliere la richiesta di non luogo a procedere per  irrilevanza
 del fatto;
     che  sono  del pari infondati i dedotti profili di illegittimita'
 riferiti all'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto  il  prevalente
 interesse  del  minore  ad  una  rapida  definizione del procedimento
 esclude che la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere per
 irrilevanza del  fatto  si  traduca  in  un  trattamento  di  sfavore
 rispetto  agli  imputati  per  i  quali  il  pubblico ministero abbia
 presentato una richiesta di rinvio a giudizio, anche in vista  di  un
 proscioglimento all'udienza preliminare, comunque posposto nel tempo;
     che  la  situazione  di  stallo denunciata dal rimettente, in cui
 verrebbe a trovarsi il  giudice  per  le  indagini  preliminari,  non
 deriva   da   un   difetto  della  disciplina  normativa,  quanto  da
 comportamenti processuali che possono verificarsi ogni qual volta  il
 pubblico   ministero   insista  in  una  richiesta  gia'  formalmente
 respinta;
     che, stanti i meccanismi processuali che impongono  di  pervenire
 comunque  all'udienza  preliminare  quando il giudice restituisca gli
 atti  al  pubblico  ministero  dopo  aver  formalmente  respinto   la
 richiesta  di  non  luogo a procedere per irrilevanza del fatto, sono
 del tutto prive di fondamento le doglianze del giudice rimettente nei
 confronti di una disciplina  che  non  gli  permette  di  trasmettere
 direttamente  gli atti al giudice dell'udienza preliminare, ovvero di
 pronunciare egli stesso sentenza di proscioglimento con  una  formula
 ritenuta piu' favorevole per l'imputato;
     che  la disciplina in vigore non puo' neppure ritenersi contraria
 all'art. 97 della Costituzione, i cui precetti,  alla  stregua  della
 costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  pur  riferendosi  anche
 all'amministrazione   della   giustizia,   attengono   esclusivamente
 all'ordinamento  degli  uffici  giudiziari  ed  al loro funzionamento
 sotto l'aspetto amministrativo, ma  non  si  estendono  all'esercizio
 della  funzione  giurisdizionale (cfr., da ultimo, ordinanze n. 7 del
 1997, nn. 275, 159, 147 e 99  del  1996,  nn.  257  e  39  del  1995;
 sentenze nn. 84 del 1996 e 313 del 1995);
     che  per  le concorrenti ragioni sinora esposte la questione deve
 essere dichiarata manifestamente  infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87,  e  9,  secondo  comma,  delle  norme   integrative per i giudizi
 davanti alla Corte costituzionale.