ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 971, ultimo
 comma, codice civile, promosso con ordinanza emessa il 13 luglio 1994
 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto  da  Rinaldi  Vincenzo
 contro  Barone  Elvira  ed  altri,  iscritta  al  n. 601 del registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto l'atto di costituzione di Barone Giovannina ed altri, nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  febbraio  1996  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
   Udito   l'Avvocato   dello  Stato  Giuseppe  Orazio  Russo  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                            Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso del giudizio di  cassazione,  promosso  da  Vincenzo
 Rinaldi,  concedente,  contro  Elvira  Barone e altri, enfiteuti, per
 l'annullamento della sentenza della Corte d'appello  di  Salerno  che
 aveva  rigettato  l'opposizione  del  ricorrente  avverso l'ordinanza
 pretorile di determinazione del capitale  di  affranco  di  un  fondo
 concesso  in  enfiteusi  in  base  a  un  rapporto costituito in data
 posteriore al 28 ottobre 1941, la Corte di cassazione, con  ordinanza
 del  13 luglio 1994, pervenuta alla Corte costituzionale il 30 agosto
 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 42  Cost.,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 971, ultimo comma, cod.civ., in
 quanto  -  nel  disporre  che  l'affrancazione  si  opera mediante il
 pagamento di una somma di denaro  risultante  dalla  capitalizzazione
 del  canone  annuo  sulla  base  dell'interesse  legale - non prevede
 l'aggiornamento  periodico  del  canone  enfiteutico,  e  quindi  del
 capitale  di  affranco,  mediante  l'applicazione  di coefficienti di
 maggiorazione  idonei  a   mantenerne   adeguata,   con   ragionevole
 approssimazione,   la   corrispondenza   con   la  realta'  economica
 effettiva.
   Sul presupposto che la determinazione del capitale di affranco deve
 essere fatta con riguardo alla data della domanda  di  affrancazione,
 nella  specie  proposta il 2 novembre 1972, la corte del merito aveva
 ritenuto esatto il  calcolo  effettuato  dal  consulente  tecnico  di
 ufficio  sulla base del canone determinato ai sensi dell'art. 2 della
 legge 18 dicembre 1970, n. 1138, modificato dall'art. 1  della  legge
 14   giugno  1974,  n.  270,  e  rivalutato  con  l'applicazione  dei
 coefficienti di aggiornamento dei redditi dominicali stabiliti  dalla
 commissione  censuaria  centrale per l'anno 1972, a norma della legge
 20 ottobre 1954, n. 1044.
   Ad  avviso  del giudice rimettente, la premessa assunta dalla corte
 d'appello non e' piu' sostenibile  dopo  l'entrata  in  vigore  della
 legge  22 luglio 1966, n. 607, che nell'art. 5, quarto comma, collega
 l'effetto estintivo dell'enfiteusi non piu' al momento della domanda,
 ma  al   momento   della   notifica   dell'ordinanza   pretorile   di
 affrancazione  prevista  dall'art.  4,  quarto  comma.  Nella  specie
 l'ordinanza  e'  intervenuta  soltanto  nel  1986,  quando  il  detto
 meccanismo  di  aggiornamento  annuale  dei canoni enfiteutici era da
 tempo cessato in seguito all'abrogazione della legge citata  n.  1044
 del  1954, disposta dall'art. 58 del d.P.R.  26 ottobre 1972, n. 637.
 Venuto meno il meccanismo di rivalutazione che integrava il  criterio
 di  calcolo  del  prezzo  di affrancazione previsto dall'art. 1 della
 legge  n.  270  del  1974,   questa   norma   e'   stata   dichiarata
 incostituzionale  in parte qua dalla sentenza n.  406 del 1988.
   La   Corte   di   cassazione   ritiene   che  la  dichiarazione  di
 illegittimita'  costituzionale  abbia  determinato  la   reviviscenza
 dell'art. 971, ultimo comma, cod.civ., che era stato abrogato - anche
 in  relazione  alle  enfiteusi  costituite  dopo il 28 ottobre 1941 -
 dalla  legge  colpita  dalla  sentenza  ora  citata.   Senonche'   la
 disposizione  del codice e' a sua volta affetta dal medesimo vizio di
 costituzionalita' perche' non prevede alcun sistema di  aggiornamento
 del  canone enfiteutico, base di calcolo del capitale di affranco, ai
 mutati valori monetari.
   2. -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  sono
 costituiti  gli  enfiteuti  chiedendo che la questione sia dichiarata
 inammissibile e infondata.
   Il  primo  motivo  ha  carattere  assorbente,  in  quanto  contesta
 l'esistenza     dell'oggetto    della    sollevata    questione    di
 costituzionalita'. Si obietta che la sentenza n. 406 del 1988 non  ha
 annullato  sic  et simpliciter la norma impugnata, ma l'ha censurata,
 con una pronuncia additiva di  principio,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  un  meccanismo  di  aggiornamento  periodico  del  valore di
 riferimento prescelto dalla legge del 1974 per la determinazione  del
 canone  enfiteutico.  La  legge e' rimasta intatta nella parte in cui
 sostituisce  un  diverso  sistema  di  affranco  a  quello   previsto
 dall'art. 971, ultimo comma, cod.civ., del quale pertanto resta ferma
 l'abrogazione.
   Ad  abundantiam  e'  contestata  anche  la premessa da cui muove la
 Corte   di   cassazione   nel   sollevare   la    questione,    cioe'
 l'interpretazione  dell'art.  5, terzo e quarto comma, della legge n.
 607 del 1966 nel senso di uno spostamento del termine di  riferimento
 dell'effetto  estintivo  dell'enfiteusi  dalla  data di presentazione
 della domanda alla data della notifica  dell'ordinanza  pretorile  di
 affrancazione.    Si  obietta  che il citato art. 5 riguarda soltanto
 l'opponibilita' dell'affrancazione ai terzi, non i  rapporti  tra  le
 parti,  come si argomenta, in linea di interpretazione storica, dalla
 disposizione corrispondente dell'art. 15, terzo comma, della legge 11
 giugno 1925, n. 998; in linea di interpretazione letterale, dal terzo
 comma del citato art. 4, il quale dispone la sospensione del rapporto
 di enfiteusi dalla data del  deposito  della  somma  determinata  dal
 pretore   quale   capitale   di   affranco;   infine,   in  linea  di
 interpretazione logico-sistematica, dai principii dell'ordinamento in
 materia di retroattivita' processuale delle sentenze e  di  esercizio
 dei diritti potestativi.
   3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia dichiarata inammissibile e infondata.
   L'interveniente osserva che l'art. 971, ultimo comma, cod.civ.,  e'
 stato   abrogato   non  tanto  dall'art.  1  della  legge  del  1974,
 concernente la determinazione del canone per le enfiteusi  costituite
 dopo  il  28 ottobre 1941, quanto dall'art. 9 della legge n. 1138 del
 1970, secondo cui "l'affrancazione si opera in ogni caso mediante  il
 pagamento di una somma pari a quindici volte l'ammontare del canone":
 norma  che  dalla sentenza piu' volte citata non e' stata minimamente
 incisa.
   Questa e' la norma applicabile, come in effetti e' stata applicata,
 nella  specie.  Invero,  dovendo  il  capitale  di  affranco   essere
 determinato  con riguardo alla data di presentazione della domanda di
 affrancazione, a quella data era  ancora  possibile  integrare  -  in
 conformita'  del  precetto successivamente statuito dalla sentenza n.
 406 del 1988 - l'art. 2 della legge  n.  1138  del  1970,  modificato
 dall'art.  1  della  legge  n.  270  del  1974, con i coefficienti di
 rivalutazione  del  canone  stabiliti  dalla  commissione   censuaria
 centrale secondo la legge n.  1044 del 1954.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento all'art.
 42 Cost., questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  971,
 ultimo  comma, cod.civ., in quanto - nel disporre che l'affrancazione
 si opera mediante il pagamento di  una  somma  di  denaro  risultante
 dalla  capitalizzazione  del  canone  annuo sulla base dell'interesse
 legale  -  non   prevede   l'aggiornamento   periodico   del   canone
 enfiteutico,   e   quindi   del   capitale   di   affranco,  mediante
 l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei  a  mantenerne
 adeguata,  con  ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la
 realta' economica effettiva.
   2. - La questione e' inammissibile.
   Il giudice rimettente ritiene che, per le enfiteusi costituite dopo
 il  28  ottobre  1941,  in   conseguenza   della   dichiarazione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 14 giugno 1974,
 n.  270 (aggiunto come terzo comma all'art. 2 della legge 18 dicembre
 1970, n. 1138),  pronunciata  con  sentenza  n.  406  del  1988,  sia
 ritornata  in  vigore la norma citata del codice civile, di guisa che
 si sarebbe riprodotto nell'ordinamento lo stato di diritto  censurato
 dalla   sentenza   citata   perche'  mancante  di  un  meccanismo  di
 aggiornamento del  canone  enfiteutico,  e  quindi  del  capitale  di
 affranco, ai mutamenti del potere di acquisto della moneta.
   Impregiudicata ogni questione circa la possibilita' di reviviscenza
 di   norme  abrogate  da  disposizioni  dichiarate  incostituzionali,
 importa qui osservare che la sentenza n. 406 del 1988 ha  colpito  la
 norma  impugnata  non per cio' che dispone, ma per cio' che omette di
 disporre.  L'art. 1 della legge n. 270 del 1974  e'  rimasto  intatto
 nella  parte  in  cui determina, in relazione a una regola di calcolo
 diversa da quella del codice civile, l'ammontare  minimo  del  canone
 enfiteutico,   sulla  base  del  quale  si  computa  il  capitale  di
 affrancazione ai sensi dell'art. 9 della legge n. 1138 del 1970,  non
 toccato ne' dalla sentenza n. 145 del 1973, ne' dalla sentenza n. 406
 del 1988. In forza di quest'ultima norma, applicabile "in ogni caso",
 l'art.   971,   ultimo  comma,  cod.civ.,  e'  stato  definitivamente
 abrogato, fin dal 1970, per tutti i rapporti di enfiteusi.
   Ne'  varrebbe  replicare  che  la  mancata integrazione legislativa
 dell'art. 1 della legge n. 270 del 1974 in conformita' della sentenza
 n. 406 del 1988 ha reso inapplicabile l'art. 9 della  legge  n.  1138
 del    1970.    Anzitutto,    tale    situazione   (provvisoria)   di
 inapplicabilita'  della  norma  per   difetto   di   un   presupposto
 applicativo  (aggiornamento  del  canone enfiteutico), anche se fosse
 vera, non potrebbe comportare l'asserita reviviscenza dell'art.  971,
 ultimo  comma,  cod.civ.  In secondo luogo si deve rammentare che "la
 dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  di  una  omissione
 legislativa   -  com'e'  quella  ravvisata  nell'ipotesi  di  mancata
 previsione, da parte della norma di legge regolatrice di  un  diritto
 costituzionalmente  garantito,  di un meccanismo idoneo ad assicurare
 l'effettivita'  di   questo   -   mentre   lascia   al   legislatore,
 riconoscendone   l'innegabile   competenza,   di   introdurre   e  di
 disciplinare  anche  retroattivamente  tale  meccanismo  in  via   di
 normazione  astratta,  somministra  essa  stessa  un principio cui il
 giudice comune e' abilitato a fare riferimento  per  porre  frattanto
 rimedio  all'omissione in via di individuazione della regola del caso
 concreto" (sentenza n. 295 del 1991; ordinanza n. 272 del 1993).
   Pertanto la questione va dichiarata inammissibile  per  inesistenza
 dell'oggetto del sollevato incidente di costituzionalita'.