ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  18,  quinto
 comma,  della  legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della
 liberta' e  dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'  sindacale  e
 dell'attivita'   sindacale   nei   luoghi   di  lavoro  e  norme  sul
 collocamento), come modificato dall'art.  1  della  legge  11  maggio
 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali), promosso con
 ordinanza  emessa  il  6  aprile  1995 dal Pretore di Lucca - sezione
 distaccata di  Pietrasanta,  nel  procedimento  civile  vertente  tra
 Delthotel  s.p.a.  e Pinarelli Carla, iscritta al n. 394 del registro
 ordinanze del  1995  e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  costituzione  della  societa'  Delthotel  s.p.a.
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  febbraio  1996  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
   Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
   Ritenuto che Carla Pinarelli, licenziata per motivo oggettivo dalla
 societa'  Delthotel  s.p.a., otteneva, dal Pretore di Lucca - sezione
 distaccata   di   Pietrasanta,   una   sentenza    dichiarativa    di
 illegittimita'  del  licenziamento  con  ordine di reintegrazione nel
 posto di lavoro, e successivamente - avendo optato  per  l'indennita'
 sostitutiva  prevista  dall'art.  18,  quinto  comma,  della legge 20
 maggio 1970, n. 300, nel testo modificato dall'art. 1 della legge  11
 maggio  1990,  n.  108  - l'emissione di un decreto ingiuntivo per la
 somma corrispondente;
     che, nel corso del giudizio di opposizione promosso dalla datrice
 di lavoro, il medesimo pretore, con ordinanza del 6 aprile  1995,  ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
 legittimita'  costituzionale del citato art. 18, quinto comma, "nella
 parte in cui non subordina alla sussistenza di  "giusti  motivi",  da
 valutarsi  caso  per  caso  da  parte  del  giudice,  la facolta' del
 lavoratore di chiedere al datore  di  lavoro  in  sostituzione  della
 reintegrazione  nel  posto  di  lavoro  un'indennita' pari a quindici
 mensilita' della retribuzione globale di fatto";
     che, ad avviso del giudice rimettente, in  mancanza  della  detta
 condizione  -  come  nel  caso  di  specie,  in  cui  la  lavoratrice
 licenziata ha trovato un posto di lavoro piu' vantaggioso  di  quello
 precedente  -  la  norma  denunciata  offenderebbe  il  principio  di
 razionalita'  finendo  "con  il  configurarsi  come  una   forma   di
 "arricchimento senza titolo"";
     che   nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituita la Societa' Delthotel concludendo per la  declaratoria  di
 illegittimita'  costituzionale  della norma impugnata, e riservandosi
 di depositare una memoria illustrativa, poi prodotta fuori termine;
     che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia   dichiarata   inammissibile   o   comunque   infondata:  secondo
 l'interveniente, la ricostruzione  dell'istituto  operata  da  questa
 Corte con la sentenza n. 81 del 1992 e le ordinanze nn. 160 e 426 del
 1992  e' incompatibile col preteso requisito di motivi giustificativi
 dell'esercizio dell'opzione, apprezzabili dal giudice, trattandosi di
 una scelta di carattere squisitamente personale rimessa  dalla  legge
 al prestatore di lavoro;
   Cosiderato  che analoga questione e' gia' stata esaminata da questa
 Corte e - con sentenza n. 81 del 1992 (seguita da  due  ordinanze  di
 manifesta  infondatezza,  nn.  160  e  427 del 1992) - dichiarata non
 fondata, anche in riferimento al principio di razionalita', sia sotto
 il profilo dell'esonero da qualsivoglia giustificazione della  scelta
 dell'indennita',  sia  sotto  il  profilo  dell'ammontare forfettario
 dell'indennita', la quale, essendo  un  surrogato  del  diritto  alla
 reintegrazione   nel   posto   di   lavoro,   spetta   al  lavoratore
 indipendentemente dalla circostanza che abbia trovato un altro  posto
 di  lavoro  e  dall'entita'  del  reddito  che nel frattempo ne abbia
 ricavato;
     che le ragioni addotte dall'odierna ordinanza di  rimessione  non
 sono tali da indurre la Corte a mutare giurisprudenza;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.