Ricorso per conflitto di attribuzioni  della  Regione  Liguria,  in
 persona  del presidente della Giunta regionale in carica, autorizzato
 con deliberazioni della Giunta regionale 23 febbraio 1996 n. 400 e  1
 marzo  1996,  rappresentato  e difeso in forza di mandato in calce al
 presente atto, anche  disgiuntamente,  dagli  avv.ti  prof.  Giuseppe
 Pericu  e Mario Bucello ed elettivamente domiciliato presso lo studio
 dell'avv. Enrico Romanelli  in  Roma,  via  Cosseria,  5,  contro  la
 Presidenza  del  Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in
 carica avverso il decreto del Presidente del Consiglio  dei  Ministri
 di  concerto  con  i  Ministri  della  difesa,  dei trasporti e della
 navigazione e delle finanze in data 21 dicembre 1995, comunicato  con
 nota del Commissario del Governo nella regione Liguria n. 2452 del 29
 dicembre  1995,  con  il  quale e' stato definito l'elenco delle aree
 demaniali marittime escluse dalla  delega  di  cui  all'art.  59  del
 d.P.R.  24 luglio 1977 n. 616, per quanto riguarda le aree site nella
 regione Liguria.
                               F a t t o
   1.  -  Con il d.P.C.M. indicato in epigrafe il Governo ha approvato
 l'elenco delle aree demaniali marittime  escluse  dalla  delega  alle
 Regioni prevista dall'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977.
   E'  noto che tale disposizione ha delegato alle Regioni le funzioni
 amministrative  sul  litorale   marittimo,   sulle   aree   demaniali
 immediatamente   prospicienti,  sulle  aree  del  demanio  lacuale  e
 fluviale, "quando l'utilizzazione prevista abbia finalita' turistiche
 e ricreative", con esclusione dei porti e delle  aree  di  preminente
 interesse  nazionale  "in  relazione  agli  interessi della sicurezza
 dello  Stato  e  delle   esigenze   della   navigazione   marittima",
 identificati  in base ad un procedimento definito dalla stessa norma,
 che prevede l'intesa con le Regioni interessate.
   2. - In precedenza il d.P.R. 25 gennaio 1972 n. 8, art. 2,  secondo
 comma,  lett.  g)  e  h) aveva trasferito le funzioni amministrative,
 nella materia viabilita', acquedotti e lavori pubblici  di  interesse
 regionale,  relative  alle  opere  concernenti  i  porti  di  seconda
 categoria dalla seconda  classe  in  poi  e  le  opere  di  interesse
 turistico   regionale,  ivi  comprese  le  opere  per  gli  aerodromi
 turistici e gli approdi turistici.
   Piu' recentemente, la legge di  riforma  dell'ordinamento  portuale
 (legge  28  gennaio  1994  n.  84) ha ribadito che sono di competenza
 regionale le funzioni amministrative concernenti le  opere  marittime
 relative  ai porti di cui alla categoria II, classi II e III, secondo
 la nuova classificazione prevista  nell'art.  4  della  legge  stessa
 (art.  5, settimo comma), nonche' l'approvazione dei piani regolatori
 dei porti di seconda categoria (art. 5, quarto comma).
   3. - Il termine originariamente previsto dall'art.  59  del  d.P.R.
 n. 616 del 1977 per l'identificazione delle aree escluse dalla delega
 (31  dicembre 1978) non e' stato rispettato. Nella perdurante inerzia
 dello Stato si e' consolidato un orientamento  giurisprudenziale  per
 il  quale, fino alla individuazione delle aree sottratte alla delega,
 questa non sarebbe operativa.
   A tale situazione ha  inteso  porre  rimedio  -  dopo  una  inerzia
 protratta  per  piu'  di quindici anni - l'art. 6 del d.-l. 5 ottobre
 1993 n.   400,  convertito  nella  legge  4  dicembre  1993  n.  494,
 statuendo  che  "ove,  entro  un anno dalla data di entrata in vigore
 della legge di conversione del presente decreto, il Governo non abbia
 provveduto agli adempimenti necessari a rendere effettiva  la  delega
 delle funzioni amministrative alle regioni, ai sensi dell'art. 59 del
 d.P.R.  24  luglio  1977  n.  616, queste sono comunque delegate alle
 regioni".
   Come e' noto, con una serie di decreti  legge  non  convertiti,  il
 Governo ha disposto la proroga del termine stesso fino al 31 dicembre
 1995.  In  particolare,  il provvedimento impugnato e' stato adottato
 sulla base della proroga prevista dall'art. 2 del d.-l.  18  dicembre
 1995 n. 535, non convertito in legge.
   4.  - Per completezza espositiva e' opportuno ricordare che in data
 16 febbraio 1996 il  Governo  ha  reiterato  il  decreto-legge  sopra
 richiamato,  confermando (art. 2, secondo comma, del decreto-legge n.
 65 del 1996)  la  previsione  per  la  quale:  "il  termine  previsto
 dall'art. 6, primo comma, del d.-l. 5 ottobre 1993 n. 400, convertito
 con  modificazioni  dalla  legge  4  dicembre  1993  n.  494, ai fini
 dell'attuazione  della  delega  delle  funzioni  amministrative  alle
 regioni ai sensi dell'art.  59 del d.P.R. 24 luglio  1977  n.  66  e'
 prorogato  al  31 dicembre 1995".  Infine, con d.-l. 29 dicembre 1995
 n.  559,  il  Governo  ha  disciplinato  l'esercizio  delle  funzioni
 delegate  ex  art.  59  del d.P.R. n. 616 del 1977, stabilendo che le
 Regioni,  fino  al  1998,  possono  avvalersi  degli  uffici  statali
 (capitanerie  ed  uffici  dipendenti),  sulla  base  di  una apposita
 convenzione,  in  conformita'  ad  uno   schema   tipo;   fino   alla
 sottoscrizione dell'atto convenzionale tuttavia "il servizio continua
 ad essere esercitato dalle competenti Capitanerie".
   5.  - Con nota 1195 del 13 luglio 1995 il Commissario di Governo ha
 trasmesso alla Regione ricorrente la proposta governativa concernente
 l'identificazione  delle  aree  escluse  dalla  delega,  fissando  il
 termine perentorio di sessanta giorni per la risposta, oltre il quale
 sarebbe stato ritenuto il favorevole avviso della Regione.
   La  Regione  Liguria ha immediatamente contestato l'iniziativa, sia
 dal punto di vista delle modalita' (in particolare  la  perentorieta'
 ed  incongruita'  del  termine),  sia dal punto di vista della palese
 elusione del sistema delle competenze regionali  che  emergeva  dalla
 lettura della proposta.
   6.  -  Nella  prospettiva di una leale collaborazione la Regione ha
 comunque tempestivamente attivato l'istruttoria sulle  localizzazioni
 inserite nella proposta di elenco, avvisandone il Governo.
   In  data  5  dicembre  1995  ha  quindi trasmesso al Commissario la
 deliberazione  con  la  quale   la   Giunta   regionale,   ad   esito
 dell'attivita'  istruttoria  svolta  dagli  uffici,  ha  elaborato la
 proposta di parere relativo alle  singole  aree  incluse  nell'elenco
 governativo, da sottoporre al Consiglio regionale, competente ex art.
 17  dello  Statuto,  per l'adozione del parere definitivo, in effetti
 deliberato nell'adunanza del 22 dicembre  1995,  previo  esame  della
 proposta  da  parte della competente Commissione consiliare (ai sensi
 dell'art. 23 dello Statuto).
   7. - Con nota commissariale del 29 dicembre 1995  e'  stato  infine
 comunicato  alla  Regione  il  d.P.C.M. 21 dicembre 1995 con il quale
 sono state individuate le aree sottratte alla competenza regionale.
   Con il provvedimento, il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 "visto  l'elenco  delle  aree demaniali ... elaborato di concerto dal
 Ministro della difesa, dei trasporti  e  della  navigazione  e  delle
 finanze"  e  "sentite  le  regioni  interessate in sede di Conferenza
 permanente per i rapporti fra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
 autonome  nella  seduta  del 21 dicembre 1995", ha dichiarato escluse
 dalla delega di cui all'art. 59 del d.P.R. n. 616 del  1977  le  aree
 incluse  nell'elenco  allegato al decreto, "in quanto riconosciute di
 preminente interesse nazionale  in  relazione  agli  interessi  della
 sicurezza dello Stato ed alle esigenze della navigazione marittima".
   8.  -  La Regione Liguria ritiene, nel merito, che il provvedimento
 leda le attribuzioni regionali, quali definite dagli artt. 117 e  118
 della Costituzione, attuati ed integrati dall'art. 2 del d.P.R.  n. 8
 del  1972, dagli artt. 56, 59, 80, 87, 88 del d.P.R. n. 616 del 1977,
 dall'art. 5 della legge n. 84 del 1994, essendo  incluse  nell'elenco
 aree  che  non  potrebbero essere riservate alla competenza esclusiva
 dello Stato.
   In   particolare   la  Regione  contesta  l'inclusione  nell'elenco
 governativo:  a) di aree attualmente destinate ad attivita' turistica
 e ricreativa, come in particolare gli stabilimenti  balneari;  b)  di
 aree  per le quali non si rileva alcuna connessione con gli interessi
 della sicurezza dello Stato e le esigenze della navigazione marittima
 di cui all'art. 59, secondo comma, del d.P.R. n. 616 del  1977  (come
 ad esempio alcuni approdi per piccoli natanti o cantieri per naviglio
 turistico,  alcune  aree  industriali);  c) degli approdi e dei porti
 turistici e delle zone portuali a  prevalente  o  esclusiva  funzione
 turistica  (una  puntuale  indicazione  delle  aree  illegittimamente
 sottratte alla competenza regionale e' contenuta nell'elenco allegato
 al citato parere regionale, che evidenzia per  ciascuna  di  esse  le
 ragioni dell'invasione delle attribuzioni regionali).
   Inoltre,  alcune  aree sono state erroneamente ritenute dal Governo
 ambiti portuali, mentre in realta' si tratta punti  di  attracco  per
 piccole  imbarcazioni;  altre  sono  state  inesattamente delimitate,
 estendendo l'ambito della competenza statale; altre, infine,  vengono
 indicate come ancora soggette ad istruttoria in corso.
   9.  -  La  lesione  delle  attribuzioni  regionali  e'  tanto  piu'
 manifesta se si considera che il provvedimento incide  su  competenze
 proprie  delle  Regioni ex artt. 117 e 118 della Costituzione, il cui
 trasferimento era gia' stato attuato dal d.P.R. n. 8 del 1972,  e  su
 ambiti  delegati  dal  d.P.R.  n.  616  del  1977,  con  carattere di
 stabilita' e con funzione integrativa ed attuativa  delle  competenze
 proprie  (particolarmente nelle materie: urbanistica, turismo, lavori
 pubblici di interesse regionale).
   10. - Lesive delle attribuzioni  regionali  sono  state  infine  le
 modalita'  di  definizione  dell'elenco  impugnato. Nella fattispecie
 sono infatti stati  palesemente  violati  i  criteri  che  dovrebbero
 regolare   i  rapporti  fra  Stato  ed  autonomie  costituzionalmente
 garantite, in conformita' al principio di leale collaborazione.
   11. - Pertanto la Regione ricorrente si vede costretta  a  proporre
 il  presente  ricorso per conflitto di attribuzioni, sulla base delle
 seguenti considerazioni in
                             D i r i t t o
   1. - Violazione artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, in relazione
 all'art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 ed all'art. 6 del  d.-l.
 5  ottobre  1993  n.  400, convertito con modificazioni dalla legge 4
 dicembre 1993 n. 494. Violazione dei principi di leale collaborazione
 e di irretrattabilita' delle competenze regionali.
   1.1. - L'art. 59 del d.P.R.  n.  616  del  1977  stabiliva  che  il
 governo individuasse entro il 31 dicembre 1978 le aree sottratte alla
 delega.    L'inerzia mantenuta per oltre 18 anni ha impedito di fatto
 l'esercizio della delega da parte delle Regioni. La legge n. 494  del
 1993  ha  quindi  stabilito  che,  se,  entro un anno dall'entrata in
 vigore della legge, il Governo non avesse provveduto agli adempimenti
 necessari a  rendere  effettiva  la  delega,  questa  avrebbe  dovuto
 intendersi comunque attuata.
   Il  decreto  impugnato e' stato adottato sulla base dell'art. 2 del
 d.-l. 18 dicembre 1995  n.  535,  che  prorogava  il  termine  al  31
 dicembre 1995, ma che non e' stato mai convertito in legge.
   La  decadenza  del  d.-l.  travolge  il  decreto del Presidente del
 Consiglio dei Ministri, che deve ritenersi adottato  in  carenza  del
 presupposto della proroga del termine.
   Il  provvedimento  governativo  e' dunque illegittimamente invasivo
 della sfera di attribuzioni regionali anzitutto perche' il potere  di
 delimitare  l'ambito  della  delega  deve  ritenersi esercitato al di
 fuori dei presupposti temporali previsti dalla legge (d'altra  parte,
 se  il  Governo ha ritenuto di prorogare con decreto-legge il termine
 iniziale, invece di adempiere, si e' evidentemente esposto al rischio
 della mancata conversione della proroga stessa).
   In secondo luogo, dal momento che la legge ha  "comunque"  delegato
 alle  Regioni le funzioni previste dall'art. 59 del d.P.R. n. 616 del
 1977, anche in mancanza degli  adempimenti  governativi  necessari  a
 rendere   effettiva   la   delega,   il  provvedimento  impugnato  e'
 intervenuto sottraendo  ambiti  di  funzione  che,  a  seguito  della
 decadenza   del  decreto-legge  di  proroga,  devono  ritenersi  gia'
 delegati ex lege alla Regione.
   Se dal punto di vista formale, dunque, un atto  amministrativo  non
 potrebbe   legittimamente   incidere,   delimitandola,  sulla  delega
 attribuita dalla legge, dal punto di vista sostanziale,  l'iniziativa
 governativa  e'  contraria ai principi di promozione dell'autonomia e
 di stabilita' ed irretrattabilita' degli  ambiti  di  autonomia  gia'
 riconosciuti (che si ricavano dall'art. 5 della Costituzione).
   L'individuazione  delle  aree operata dal provvedimento governativo
 si sostanzia infatti in una sottrazione di ambiti  di  funzioni  gia'
 riconosciuti  alla  Regione  dalla legge mediante delega di carattere
 devolutivo-traslativo, avente  ad  oggetto  funzioni  integrative  di
 attribuzioni proprie della Regione.
   Per  entrambi  i  profili  dunque  il  provvedimento  impugnato  e'
 illegittimamente invasivo  della  sfera  di  attribuzioni  regionali,
 comprimendo  e  revocando,  al  di  fuori dei presupposti della legge
 conformativa del  potere,  ambiti  di  funzioni  gia'  delegate  alle
 Regioni.
   1.2.  -  Le  conclusioni riportate non potrebbero essere modificate
 dalla previsione oggi introdotta dall'art. 2 del  d.-l.  16  febbraio
 1996  n.  65, che conferma la proroga del termine per provvedere agli
 adempimenti necessari per attuare la delega al 31 dicembre 1995.   Se
 a  tale  previsione  potesse riconoscersi l'efficacia di sanare o far
 salvi gli effetti degli atti e dei  rapporti  sorti  sulla  base  del
 decreto-legge   reiterato,   ma  non  convertito,  la  norma  non  si
 sottrarrebbe ad una censura di incostituzionalita'.
   E' stato infatti violato l'art. 77 della Costituzione e l'art.    2
 lett.  d)  della  legge  23 agosto 1988 n. 400, laddove precludono al
 Governo la disciplina mediante decreto-legge dei  rapporti  giuridici
 sorti  sulla  base  dei  decreti-legge non convertiti. Evidentemente,
 infatti, la proroga di un termine scaduto ad una data gia'  trascorsa
 ha  evidentemente lo scopo di regolare e consolidare i rapporti sorti
 sulla base del decreto-legge non convertito.
   Se dunque  dovesse  riconoscersi  al  decreto-legge    sopravvenuto
 l'efficacia  di sanare - sotto il profilo indicato - il provvedimento
 in questa sede impugnato, la Regione ricorrente ritiene rilevante  in
 questo   giudizio   e   non  manifestamente  infondata  la  questione
 incidentale  di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   2   del
 decreto-legge  n.  65  del  1996 ed in tale prospettiva chiede che la
 Corte voglia valutare  la  possibilita'  di  sollevare  la  questione
 stessa.
   2. - Violazione artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, in relazione
 all'art.  2  del  d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8, all'art. 59 del d.P.R.
 24 luglio 1977 n. 616 ed all'art. 5 della legge 28  gennaio  1994  n.
 84.
   Indipendentemente  dalla  censura  proposta con il primo motivo, il
 provvedimento configura, anche dal punto di  vista  sostanziale,  una
 illegittima invasione delle attribuzioni regionali.
   Il  d.P.C.M.  impugnato riserva infatti allo Stato, con riferimento
 alle aree elencate, una serie di funzioni che  spettano  invece  alle
 Regioni  in base al quadro delle attribuzioni locali risultante dagli
 artt. 117 e 118 della Costituzione, dall'art. 2 del d.P.R. n.  8  del
 1972,  dall'art.  59  del  d.P.R.  n. 616 del 1977, dall'art. 5 della
 legge n. 84 del 1994 e  riconducibili  sostanzialmente  alle  materie
 regionali   "urbanistica",   "turismo   ed   industria  alberghiera",
 "viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale".
   La Regione Liguria, in sede di parere sulla  proposta  governativa,
 ha  puntualmente  indicato i casi che non possono ritenersi sottratti
 alla delega, per le ragioni esposte nel parere stesso, analiticamente
 e per ciascun caso. Il Governo ha tuttavia  confermato  integralmente
 la proposta.
   In  particolare,  risultano  incluse  nell'elenco  approvato con il
 d.P.C.M.  impugnato  aree  che,  in  base  alle  norme  citate,   non
 potrebbero  essere  legittimamente  riservate  alla  competenza dello
 Stato,  quali  in  particolare:  a)  aree  attualmente  destinate  ad
 attivita'   turistica   e   ricreativa,   come   in  particolare  gli
 stabilimenti balneari; b) aree per le  quali  non  si  rileva  alcuna
 connessione  con il "preminente interesse nazionale in relazione agli
 interessi  della  sicurezza  dello  Stato  e  delle  esigenze   della
 navigazione marittima" di cui all'art.  59, secondo comma, del d.P.R.
 n. 616 del 1977 (come ad esempio alcuni approdi per piccoli natanti o
 cantieri  per  naviglio  turistico,  alcune aree industriali); c) gli
 approdi, i  porti  turistici  e  le  zone  portuali  a  prevalente  o
 esclusiva   funzione  turistica,  nonche'  quelli  comunque  indicati
 dall'art. 2 del d.P.R. n. 8 del 1972 e dall'art.   5, settimo  comma,
 della legge n. 84 del 1994.
   Il  provvedimento  impugnato  dunque  ha illegittimamente invaso la
 sfera delle attribuzione regionali, quale risulta in base alle  norme
 costituzionali ed attuative gia' richiamate.
   Per  quanto  riguarda l'indicazione dei casi specifici nei quali si
 rileva la carenza dei presupposti per la riserva statale,  si  rinvia
 all'elenco  allegato al parere regionale (deliberazione consiliare 22
 dicembre 1995), nel quale per ogni parere negativo sono  indicate  le
 ragioni   del   dissenso  rispetto  alla  proposta  governativa,  poi
 integralmente confermata.
   3. - Violazione artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, in relazione
 all'art. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8, all'art.  59  del  d.P.R.
 24  luglio  1977  n. 616 ed all'art. 5 della legge 28 gennaio 1994 n.
 84. Violazione del principio di leale collaborazione e dell'art.   97
 della Costituzione
   3.0.  -  L'iniziativa statale e' stata attuata con modalita' di per
 se' lesive  delle  attribuzioni  regionali,  per  la  violazione  dei
 principi  che  governano  i  rapporti fra Stato e Regioni, sotto piu'
 profili.
   3.1.  -  L'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 consente di includere
 nell'elenco delle aree sottratte alla delega di funzioni solo i  beni
 che  presentano  determinate  caratteristiche funzionali ("preminente
 interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello
 Stato e dell esigenze della navigazione  marittima").  La  norma  che
 regola  il riparto, affidando il potere di individuazione al Governo,
 presuppone dunque che vi sia una adeguata istruttoria ed  una  chiara
 enunciazione  dei  presupposti  indicati,  in  relazione ad ogni bene
 ritenuto di preminente interesse nazionale.
   Al contrario, nella fattispecie, non sono stati mai resi noti  alla
 Regione,  ne'  in sede di proposta ne' nel provvedimento impugnato, i
 criteri - sia generali che specifici - in forza dei quali il  Governo
 ha  ritenuto  di individuare le aree incluse nell'elenco. Sembra alla
 Regione ricorrente che il principio di leale  collaborazione  imponga
 che  i  rapporti  fra  Stato  e  Regione  si  conformino a criteri di
 perfetta  trasparenza,  di  reciproca   informativa   e   di   chiara
 esternazione delle ragioni in forza delle quali si attuano riserve di
 competenza.
   Nella  fattispecie  il Governo ha invece omesso ogni motivazione in
 ordine ai criteri  generali  seguiti  nell'identificazione  dei  beni
 soggetti  a  riserva  statale e delle specifiche ragioni che lo hanno
 indotto  a  ritenere  il   "preminente   interesse   nazionale"   che
 giustificherebbe  la  riserva.  Nell'elenco  notificato  alla Regione
 infatti  viene,  tutt'al  piu',  apoditticamente  e  ricognitivamente
 riproposta la formula normativa ("area di preminente interesse per la
 navigazione marittima").
   3.2.   -   Inoltre,  l'istruttoria  eseguita  e'  stata  certamente
 insufficiente.   Da un lato, infatti, vi  sono  casi  -  puntualmente
 indicati  nel  parere  regionale  - in cui il Governo ha erroneamente
 qualificato l'ambito oggetto  della  riserva  di  competenza  (alcune
 delle aree incluse nell'elenco sono state ritenute dal Governo ambiti
 portuali,  mentre  in realta' si tratta punti di attracco per piccole
 imbarcazioni) o lo  ha  inesattamente  delimitato.  Dall'altro  lato,
 nell'elenco  sono inclusi beni per i quali viene dichiarata ancora in
 corso l'istruttoria:  pertanto,  la  competenza  regionale  e'  stata
 negata ancor prima di verificare l'esistenza dei presupposti.
   In definitiva, il provvedimento appare viziato anche per difetto di
 istruttoria.  Ma  per  la  particolare  funzione  che  ad  esso  deve
 riconoscersi, in ordine alla distribuzione delle competenze fra Stato
 e Regioni, anche tale vizio assume la connotazione di violazione  del
 principio  di  leale  collaborazione  e  degli  artt.  97 e 118 della
 Costituzione, incidendo sulla stabilita' e sulla corretta definizione
 delle attribuzioni regionali.
   3.3.  -  Infine,  determinano  la  violazione  delle   attribuzioni
 regionali   anche   le   singolari   modalita'  di  approvazione  del
 provvedimento, gia' descritte, sotto il profilo della  partecipazione
 regionale al procedimento di identificazione.
   In  particolare  il  d.P.R.  n.  616  del  1977  ha  stabilito  che
 l'individuazione delle aree sottratte alla  delega  viene  effettuata
 "sentite le regioni interessate".
   Come  invece  risulta  dagli  atti,  il Governo ha dapprima inviato
 l'elenco predisposto alla Regione Liguria, assegnando un  termine  di
 sessanta  giorni  ed  avvertendo  che  decorso  il termine il Governo
 "riterra' acquisito il parere favorevole".
   Di  fatto,  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri ha approvato
 l'elenco - identico alla proposta iniziale  -  senza  considerare  il
 parere  formulato  dalla  Regione  Liguria, trasmesso dopo il termine
 illegittimamente assegnato. Risulta inoltre dal decreto impugnato che
 l'approvazione e' avvenuta "sentite le regioni interessate in sede di
 Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
 province  autonome  nella  seduta  del  21  dicembre  1995", esclusa,
 dunque,  ogni  altra  forma  di  partecipazione  delle   Regioni   al
 procedimento.
   Sono  state  cosi'  violate  le  modalita' procedimentali stabilite
 dall'art. 59 del citato  d.P.R.  n.  616.  Del  tutto  arbitraria  ed
 incongrua  si rivela l'assegnazione di un termine di sessanta giorni,
 per l'adozione del parere regionale, non  previsto  dalla  norma  che
 definisce  il  procedimento  e  stabilito  dall'Autorita' procedente,
 senza considerazione alcuna per  le  esigenze  di  istruttoria  della
 Regione e per l'organizzazione interna della stessa.
   In  concreto, infatti, un termine di sessanta giorni e' palesemente
 insufficiente per l'effettuazione  degli  adempimenti  necessari  per
 legge e per Statuto (istruttoria relativa ad ogni area da parte degli
 uffici;  partecipazione degli enti locali; deliberazione della Giunta
 regionale in merito alle risultanze istruttorie;  formulazione  della
 proposta  di parere che, a norma di Statuto, deve essere adottato dal
 Consiglio regionale, previo parere della competente commissione).
   E' inoltre singolare che il Governo dopo  18  anni  di  inattivita'
 imponga  un termine di sessanta giorni alla Regione per esprimersi su
 una   elencazione   contenente   l'individuazione   di   117   ambiti
 territoriali diversi.
   Per quanto concerne il parere della Conferenza permanente, esso non
 potrebbe certo ritenersi equivalente a quello richiesto dall'art.  59
 del  d.P.R.  n.  616 del 1977. La Conferenza infatti si esprime sulle
 "linee generali", sui "criteri generali", sugli "indirizzi  generali"
 (art.  12 della legge n. 400 del 1988) dell'attivita' governativa che
 interessa i settori regionali, mentre il suo voto, comunque richiesto
 in base all'art. 12 della legge n. 400 del 1988 sull'impostazione dei
 criteri generali relativi all'attuazione della norma sul riparto, non
 "assorbe" il parere delle "regioni interessate", richiesto  dall'art.
 69 del d.P.R. n. 616 del 1977.
   Si  osservi  inoltre  che  la  Conferenza  si e' espressa il giorno
 stesso in cui e' stato adottato  il  decreto  di  approvazione  degli
 elenchi  relativi  a tutte le regioni: evidentemente il parere stesso
 ha  costituito  per  il  Governo  un  mero  adempimento  formale,  in
 relazione  al quale non era necessaria alcuna ulteriore istruttoria o
 valutazione che non potesse concludersi in poche ore.
   In  altri  termini,  appare  evidente  l'intento  del  Governo   di
 prescindere    dall'apporto   partecipativo   delle   Regioni   nella
 definizione degli elenchi in  questione.  Le  modalita'  in  concreto
 seguite  hanno  di  fatto  impedito  la  collaborazione della Regione
 all'attuazione della delega.
   Si  prospetta  pertanto  la  violazione  del  principio  di   leale
 collaborazione,  avendo  lo Stato provveduto in maniera da eludere il
 contraddittorio con la  Regione,  e  la  lesione  delle  attribuzioni
 costituzionalmente  garantite  alla  Regione,  proprio per il mancato
 perfezionamento  dei  meccanismi  di  partecipazione  regionale  alle
 determinazioni  statali  sul  riparto  delle competenze, pur previste
 dalla legge.