IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  n.
 966/1995  g.u.n.r. a carico di Solla Antonio, detenuto presso la casa
 circondariale di Poggioreale, imputato dei delitti  di  cui  all'art.
 21 n. 50/1994; artt. 648,  61 n. 2 c.p.; 64, 61 n. 2 c.p.; 648, 61 n.
 2 c.p.; 469, 61 n. 2 c.p.; 648, 61 n. 2 c.p.
   Decidendo  sulla eccezione di legittimita' costituzionale dell'art.
 34,  secondo  comma,  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
 incompatibilita'  a  svolgere le funzioni di giudice del dibattimento
 da parte del giudice che abbia composto il collegio  in  funzione  di
 tribunale  del  riesame  delle  ordinanze  che disponevano una misura
 coercitiva nei  confronti  dell'indagato,  successivamente  citato  a
 giudizio, sentito il p.m.
                             O s s e r v a
   Con  decreto  del 23 novembre 1995 il g.i.p. presso il tribunale di
 Salerno disponeva procedersi con  giudizio immediato nei confronti di
 Solla Antonio per rispondere dei  reati  summenzionati  accertati  in
 Contursi  il 23 settembre 1995.
   In  precedenza  questa  stessa  sezione  del  tribunale composto da
 questo stesso collegio si era pronunciato in  data  12  ottobre  1995
 sull'istanza  di  riesame  proposto  nell'interesse  di Solla Antonio
 avverso  l'ordinanza   applicativa   della   misura   degli   arresti
 domiciliari  al predetto imposta con ordinanza del g.i.p. in sede del
 26  settembre  1995.  In  tale   sede   questo   tribunale   rigetto'
 l'impugnazione  confermando  la  ordinanza  coercitiva  ritenendo  la
 sussistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari.
   Cio' posto e passando all'esame  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale  essa  e' innanzitutto rilevante sul giudizio in corso
 in quanto in caso di fondatezza della stessa,  due  dei  giudici  che
 compongono l'odierno collegio, risulterebbero incompatibili.
   Ma la questione e' anche non manifestamente infondata.
   Sussistono  in vero seri dubbi sul contrasto tra l'art. 34, primo e
 secondo comma c.p.p. e gli artt. 3, primo comma e 24,  secondo  comma
 della  Costituzione laddove non prevedono che non puo' partecipare al
 giudizio il giudice che abbia proceduto al  riesame  delle  ordinanze
 che  dispongono  una  misura coercitiva ai sensi dell'art. 309 c.p.p.
 nei confronti dell'indagato successivamente citato a giudizio.
   Non ignora il collegio che la Corte costituzionale con sentenza  n.
 91/502  ebbe  a  dichiarare  non  fondata  la  medesima questione con
 riferimento agli artt. 76 e 25  della  Costituzione  sulla  base  del
 rilievo  che  l'incompatibilita' sarebbe limitata tassativamente alla
 partecipazione ad un precedente grado di giudizio e tale non potrebbe
 definirsi la fase  processuale  svolta  innanzi  al  tribunale  della
 liberta'  cio'  anche  perche'  l'oggetto  del giudizio incidentale e
 quello  del  giudizio  di  merito  sarebbe  sostanzialmente   diversi
 implicando il primo, con cognizione parziale ed allo
 stato,  una  pronunzia  sulla mera cautela processuale, il secondo un
 giudizio sull'intera sostanziale e con cognizione estesa su tutto  il
 rapporto  processuale.  Va  pero',  osservato  che  la  stessa  Corte
 costituzionale, con sentenza n. 432/1995 del  15  settembre  1995  ha
 radicalmente    innovato    il    quadro   preesistente   dichiarando
 l'illegittimita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. nella  parte  in
 cui  non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale
 il g.i.p. che abbia applicato  una  misura  cautelare  personale  nei
 confronti dell'imputato.
   Orbene,  la  motivazione di detta ultima pronuncia afferma principi
 che sembrano rilevabili anche al caso  di specie.
   In vero, il tribunale del riesame, ai  sensi  dell'art.  309,  nono
 comma  e, peraltro per costante giurisprudenza di legittimita', ha la
 stessa piena cognizione del giudice che ha  emesso  il  provvedimento
 impugnato  svolgendo  sia una attivita' di controllo dello in tema di
 legittimita'  e  di  merito, sia addirittura una funzione integrativa
 della motivazione eventualmente lacunosa.
   Pertanto, come evidenziato dalla stassa Corte costituzionale  nella
 sentenza  n.  432/1995  citata,  il controllo sulla sussistenza della
 gravita' degli indizi postula il giudizio che, pur senza  raggiungere
 il   grado  di  certezza  richiesta  per  la  condanna,  e'  di  alta
 probabilita' dell'esistenza del reato  e  della  sua  attribuibilita'
 all'indagato.  Di piu', alla luce delle innovazioni di cui alla legge
 n. 332/1995, il giudice del riesame e' tenuto, altresi', ad esprimere
 una valutazione non solo circa l'esistenza di condizioni legittimanti
 il  proscioglimento  ex art. 273, secondo comma c.p.p. in ordine alla
 possibilita' di ottenere con la sentenza la sospensione  condizionale
 della  esecuzione  della pena. Tale essendo in sintesi le valutazioni
 che il tribunale del riesame deve compiere allorquando controlla  una
 misura  cautelare si deve riconoscere che detta attivita' comporta la
 formulazione di un giudizio non di mera  legittimita'  ma  di  merito
 sulla  colpevolezza  dell'imputato.  Di  conseguenza,  si  delinea il
 contrasto denunciato con  l'art.  3  della  Costituzione,  attesa  la
 evidente  disparita'  tra  l'imputato che viene giudicato dai giudici
 che non si sono pronunciati positivamente sulla esistenza di un grave
 quadro  indiziario  legittimante  l'adozione  di   un   provvedimento
 cautelare  e  l'imputato  che, invece, viene giudicato da giudici che
 tale valutazione abbiano gia'  positivamente  espresso.  Si  profila,
 altresi',  il  contrasto  con  l'art.  24  della  Costituzione per la
 violazione del diritto di difesa in quanto la valutazione  conclusiva
 sulla  responsabilita'  dell'imputato  potrebbe  essere  pregiudicata
 dalla c.d. forza della  prevenzione  e,  cioe',  da  quella  naturale
 tendenza  a  mantenere  un  giudizio gia' espresso o un atteggiamento
 gia' assunto in altro momento decisionale dello stesso procedimento.