IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi n. 661/85, 675/87, 798/87, 982/87, 112/88, 1/89, 681/89, 269/90 e 2465/93, proposti rispettivamente da Buttiglione Fiorentina Maria Antonietta, Pisanu Maria Giovanna, Mura Maria, La Corte Lucia, La Corte Lucia, Laddomada Teresa, Laddomada Teresa, Polo Marinella e Salis Lucia, tutte rappresentate e difese dall'avv. Marcello Vignolo, presso il cui studio in Cagliari, via Roma n. 69, sono elettivamente domiciliate; nonche' sui ricorsi n. 1313/89 e n. 1944/89, proposti entrambi da Salis Lucia, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Contu, presso il cui studio in Cagliari, via Ancona n. 3, e' elettivamente domiciliata; contro: 1) (tutti i ricorsi, eccetto il n. 2465/93): la Direzione provinciale del Tesoro di Cagliari, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari relativamente a tutti i ricorsi, salvo per il ricorso n. 1944/89, in cui non e' costituita in giudizio; 2) (ricorsi n. 675/87, 798/87, 982/87, 112/88, 1/89, 681/89, 269/90): il Ministero di grazia e giustizia in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato in Cagliari; 3) (ricorsi n. 1313/89, 1944/89 e 2465/93): la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari nel ricorso n. 1313/89 e non costituita in giudizio negli altri ricorsi; 4) (ricorsi n. 1313/89, 1944/89 e 2465/93): l'Avvocatura generale dello Stato, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita nei giudizi; per l'annullamento: (ricorso n. 661/85): del provvedimento del Direttore reggente del 3 aprile 1985, comunicato in data 9 aprile 1985, col quale viene accertato a carico della ricorrente un debito di L. 2.681.852, per indennita' precedentemente corrisposte, e disposto il recupero mediante ritenute mensili di L. 111.744; (ricorso n. 675/87): del provvedimento del Direttore provinciale del Tesoro di Cagliari, prot. 142665 del 16 dicembre 1986, comunicato il 16 febbraio 1987, con il quale e' stato disposto il recupero della somma di L. 1.401.582 "indebitamente" versata alla ricorrente "a titolo di congedo straordinario per gravidanza". Nonche', ove esista, del provvedimento del Ministero di grazia e giustizia col quale, concedendo il congedo straordinario per gravidanza, ha escluso il diritto alla speciale indennita' prevista dall'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27; (ricorso n. 798/87): del provvedimento del Direttore provinciale del Tesoro di Cagliari, prot. n. 10150 del 28 marzo 1987, comunicato il 7 aprile 1987, col quale e' stato disposto il recupero della somma di L. 3.497.705 "indebitamente" versata alla ricorrente "a titolo di congedo staordinario per gravidanza". Nonche', ove esista, del provvedimento del Ministero di grazia e giustizia col quale, concedendo il congedo straordinario per gravidanza, ha escluso il diritto alla speciale indennita' prevista dall'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27; (ricorso n. 982/87): del provvedimento del Direttore provinciale del Tesoro di Cagliari, prot. n. 11488 del 23 aprile 1987, comunicato il 5 maggio 1987, col quale e' stato disposto il recupero della somma di L. 1.399.080, "indebitamente versata alla ricorrente" a titolo di "congedo straordinario per gravidanza". Nonche', ove esista, del provvedimento del Ministero di grazia e giustizia col quale, concedendo il congedo straordinario per gravidanza, ha escluso il diritto alla speciale indennita' prevista dall'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27; (ricorso n. 112/88): del provvedimento del Direttore provinciale del Tesoro di Cagliari, prot. n. 24864 del 27 luglio 1987, comunicato il 5 novembre 1987, col quale e' stato disposto il recupero della somma di L. 2.135.136, relativa agli emolumenti percepiti a titolo di indennita' speciale di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981 n. 27 dal 3 dicembre 1986 al 27 febbraio 1987, mediante ritenute mensili pari a L. 88.964; (ricorso n. 1/89): del provvedimento della Direzione provinciale del Tesoro di Cagliari, prot. n. 2116 del 24 agosto 1988, col quale e' stato disposto il recupero della somma di L. 1.536.948 corrispondente all'indennita' prevista dall'art. 3 della legge n. 27/81 "indebitamente" percepita dalla ricorrente durante il congedo straordinario per maternita'. Nonche' del d.m. del 20 aprile 1988, citato nel provvedimento impugnato, ma non conosciuto dalla ricorrente, col quale si presume sia stato negato il diritto della stessa alla speciale indennita' prevista dall'art. 3 della legge richiamata durante il congedo straordinario per gravidanza; (ricorso n. 681/89): del provvedimento della Direzione provinciale del Tesoro di Cagliari, prot. 48361 del 5 gennaio 1989, col quale e' stato disposto il recupero della somma di L. 2.310.582 corrispondente all'indennita' prevista dall'art. 3 legge n. 27/81 "indebitamente" percepita dalla ricorrente durante il congedo straordinario per maternita'. Nonche' del d.m. del 14 luglio 1988, citato nel provvedimento impugnato, ma non conosciuto dalla ricorrente, col quale si presume sia stato negato il diritto della stessa alla speciale indennita' prevista dall'art. 3 della legge richiamata durante il congedo staordinario per maternita'; (ricorso n. 1313/89): per l'accertamento del diritto della ricorrente al rimborso delle somme indebitamente trattenute con decorrenza dall'agosto 1989 e mensilita' successive, con rivalutazione monetaria ed interessi; (ricorso n. 1944/89): del provvedimento della Direzione provinciale del Tesoro di Cagliari prot. 18805 del 2 settembre 1989, comunicato in data 16 ottobre 1989, col quale viene accertato a carico della ricorrente un debito di L. 2.847.425, per indennita' precedentemente corrisposte ex art. 3 legge 19 febbraio 1981, n. 27 e disposto il recupero mediante ritenute mensili; (ricorso n. 269/90): del provvedimento del Direttore provinciale del Tesoro di Cagliari, prot. 38739/uff. 3 C, del 15 novembre 1989, col quale e' stato disposto il recupero della somma di L. 3.517.201, corrispondente all'indennita' prevista dall'art. 3 della legge n. 27/81, percepita dalla ricorrente durante il periodo di astensione obbligatoria dal servizio per maternita': nonche' dei dd.mm. del 16 marzo 1989 e 28 dicembre 1988, citati nel provvedimento impugnato, ma non conosciuti dalla ricorrente, con i quali si presume che sia stato negato il diritto della stessa alla speciale indennita' sopra citata, durante il periodo di astensione dal servizio per maternita'; nonche', infine, per l'accertamento del diritto della ricorrente alla speciale indennita' di cui sopra, anche durante il periodo di astensione obbligatoria per maternita', e per la condanna dell'amministrazione al rimborso delle somme eventualmente trattenute alla ricorrente, per gli stessi titoli, nelle more del giudizio; (ricorso n. 2465/93): del decreto dell'Avvocato generale del 26 giugno 1993, con il quale e' stato concesso alla ricorrente un periodo di congedo per maternita' con esclusione del diritto alla percezione dell'indennita' ex art. 2 della legge n. 425/1984; nonche', per quanto occorrer possa, della nota di comunicazione del segretario generale dell'Avvocatura generale dello Stato, prot. n. 16700 del 17 agosto 1993. Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni resistenti; Visti i motivi aggiunti avanzati nei ricorsi nn. 661/85, 675/87, 982/87; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti delle cause; Udito alla pubblica udienza del 6 dicembre 1994 il relatore consigliere Marco Lensi e uditi altresi', l'avv. Marcello Vignolo e il dott. proc. Luisa Armandi, per delega dell'avv. Giovanni Contu, per le ricorrenti e l'avv. dello Stato Anna Maria Bonomo per le amministrazioni resistenti; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue; F a t t o Alle ricorrenti, tutte magistrato ordinario, salvo la dott.ssa Salis Lucia, avvocato dello Stato, con distinti decreti sono stati concessi periodi di congedo straordinario per maternita', con diritto agli assegni, esclusa la speciale indennita' di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. Con i ricorsi in esame, le medesime hanno impugnato gli atti specificatamente indicati in epigrafe, chiedendo, in primo luogo, l'annullamento dei provvedimenti con cui e' stato negato il diritto alla citata indennita' di cui all'art. 3 della legge n. 27/81, invocando l'accertamento del loro diritto a tale indennita', previa disapplicazione della citata norma, nella parte in cui esclude la spettanza dell'indennita' per i periodi di assenza dal lavoro per maternita', per contrasto con le direttive comunitarie n. 75/117 del 10 febbraio 1975 e n. 76/207 del 9 febbraio 1976. In subordine le ricorrenti chiedono che venga sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge n. 27/81, in parte qua, per contrasto con gli artt. 3, 31 e 37 della Costituzione. In ulteriore subordine le ricorrenti chiedono l'annullamento dei provvedimenti di recupero delle somme indebitamente corrisposte dall'amministrazione, per violazione dei principi sulla irripetibilita' delle somme percepite in buona fede dal pubblico dipendente. Per i ricorsi indicati in epigrafe, le ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti, chiedendo la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della citata questione di legittimita' costituzionale. Per i ricorsi sempre indicati in epigrafe si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate sostenendo l'inammissibilita' e infondatezza nel merito dei ricorsi, di cui chiedono il rigetto. Alla pubblica udienza del 6 dicembre 1994 i difensori delle ricorrenti hanno insistito sulla richiesta di declaratoria del diritto delle ricorrenti alla indennita' in questione, previa rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Le cause sono state, quindi, trattenute in decisione. D i r i t t o Occorre procedere alla riunione dei ricorsi, stante l'evidente connessione oggettiva. Tra le richieste avanzate dalle ricorrenti con i ricorsi in esame carattere preliminare e principale deve riconoscersi alla richiesta di accertamento del diritto delle stesse alla percezione dell'indennita' ex art. 3 della legge 19 febbraio 1981 n. 27 anche per i periodi di astensione dal lavoro per maternita', previsti dagli artt. 7 e 14 della legge n. 1204/71. Preliminarmente devono essere disattese le eccezioni di irricevibilita' per tardivita' di alcuni dei ricorsi in esame, nella parte in cui si impugnano i provvedimenti con cui l'amministrazione ha negato la corresponsione della citata indennita' per i periodi di assenza per maternita', sollevate dalla difesa erariale in considerazione del fatto che tali ricorsi sarebbero stati proposti oltre sessanta giorni dalla data in cui sono pervenuti al tribunale, sede di servizio delle ricorrenti, i Bollettini ufficiali del Ministero di grazia e giustizia nei quali sono stati pubblicati i predetti provvedimenti. Le eccezioni devono essere disattese in considerazione della natura delle presenti controversie, nelle quali le ricorrenti fanno valere una pretesa di contenuto meramente patrimoniale, non subordinata all'impugnazione di provvedimenti amministrativi. Osserva il collegio che la menzionata richiesta, avanzata in via principale dalle ricorrenti, di accertamento del loro diritto alla percezione dell'indennita' ex art. 3 legge n. 27/81 anche per i periodi di assenza dal lavoro per maternita', non puo' che essere esaminata alla luce del disposto dello stesso art. 3 della legge n. 27/81; che espressamente nega la spettanza dell'indennita' medesima - tra l'altro - durante i periodi di assenza dal servizio per maternita'. A tale riguardo le ricorrenti, consapevoli che l'accertamento del diritto in questione necessita la previa caducazione o disapplicazione del disposto di legge menzionato, palesemente ostativo all'accoglimento della richiesta stessa, invocano, in primo luogo, l'applicazione, nel caso di specie, dei principi fissati dalle direttive CEE n. 75/117 del 10 febbraio 1975 e n. 76/207 del 9 febbraio 1976, relative alla partita di trattamento tra uomini e donne, con riguardo al trattamento retributivo e alle condizioni di lavoro, sostenendo il contrasto con tali principi dell'esclusione sancita dalla norma citata, da cui conseguirebbe la necessita' della disapplicazione della norma contenuta nella legge nazionale, stante l'immediata efficacia nell'ordinamento interno delle citate direttive comunitarie. Il collegio non ritiene di potere condividere l'assunto delle ricorrenti, stante la sostanziale estraneita' della questione in esame allo spirito e finalita' dei principi sanciti dalle menzionate direttive CEE. Deve, infatti, ritenersi che il nesso sussistente tra la questione della spettanza o meno di una indennita' durante il periodo di assenza dal lavoro per maternita' e il principio della parita' di trattamento sul lavoro tra uomini e donne, nel senso della necessita' dell'eliminazione di ogni disciminazione in ambito lavorativo fondata sul sesso, sia alquanto indiretto, e, come tale, insuscettibile di ricondurre la fattispecie in esame nell'ambito di operativita' del meccanismo di disapplicazione automatica della norma interna per contrasto con una direttiva comunitaria, meccanismo al quale, per la sua incidenza sul rapporto di equilibrio tra i poteri dello Stato, non puo' che farsi ricorso con estrema prudenza, nei soli casi in cui il contrasto tra norma interna e comunitaria sia diretto, immediato e palese, circostanze che - ad avviso del Collegio - non appaiono rinvenibili nel caso di specie. Diversamente deve ritenersi per quanto concerne la questione del possibile contrasto dell'art. 3 della legge n. 27/81, nella parte in cui nega la spettanza dell'indennita' durante il periodo di astensione dal lavoro per maternita', con gli artt. 3 e 37 della Costituzione, dovendosi riconoscere la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione medesima. In precedenza questo tribunale sollevo' la questione di legittimita' costituzionale della norma in esame per possibile contrasto con l'art. 3 della Costituzione, stante il trattamento meno favorevole cui la norma arbitrariamente sottoporrebbe il personale della Magistratura, rispetto al trattamento stabilito invece dall'art. 41 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nei confronti di tutto il personale statale. La questione medesima e' stata dichiarata non fondata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 238 del 3/8 maggio 1990, in considerazione della "specialita'" dell'indennita' in questione in quanto correlata al peculiare status dei magistrati, per cui la circostanza che il trattamento economico di costoro e' soggetto ad una regolamentazione autonoma preclude di apprezzare in riferimento al principio di uguglianza la diversa disciplina adottata per periodi di assenza per maternita', rispetto alla generalita' dei dipendenti statali. Preso atto della citata pronuncia della Corte costituzionale, ritiene il Collegio che la medesima questione debba essere nuovamente sollevata avuto riguardo alla possibile violazione dell'art. 3 della Costituzione, rispetto ai magistrati che beneficiano della suddetta indennita' in via ordinaria, in quano non assenti dal servizio per maternita', nonche' alla possibile violazione dell'art. 37 della Costituzione (questione gia' sollevata a suo tempo con la precedente ordinanza, ma dichiarata sostanzialmente inammissibile dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 238/90). Secondo l'art. 3 della legge 19 febbraio 1981 n. 27, l'indennita' in questione e' corrisposta ai magistrati ordinari (nonche' alle ulteriori categorie di personale indicate nell'art. 2 della legge 6 agosto 1984 n. 425), "in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attivita'". Deve osservarsi in proposito che l'opportunita' di una speciale indennita' era stata originariamente configurata in favore di alcune particolari categorie di magistrati ordinari in relazione agli speciali e rilevanti rischi personali cui i medesimi erano esposti in ragione della propria attivita' istituzionale nella lotta alla delinquenza organizzata. Tale originaria impostazione di principio ha - tuttavia - subito una profonda trasformazione nel corso dei lavori parlamentari, come si evince - tra l'altro - dai lavori preparatori alla legge in questione n. 27/81, all'interno dei quali, in ultima istanza, si evince una qualificazione dell'indennita' in questione non tanto quale "indennita' di rischio", bensi' quale "indennita' di studio e aggiornamento professionale", per cui, alla fine, con la citata legge n. 27/1981, l'indennita' in esame e' stata istituita quale contributo forfettario alle spese e agli oneri che i magistrati incontrano nello svolgimento della loro attivita'. Se, da un lato possono identificarsi per alcune specifiche categorie di magistrati dell'ordine giudiziario particolari spese strettamente connesse con la presenza in servizio e l'espletamento di specifiche incombenze di servizio (quale, ad esempio, l'uso del mezzo privato, anziche' dell'auto di servizio, in occasione di sopralluoghi o interventi improvvisi ed urgenti del magistrato medesimo), deve ritenersi d'altro lato, che, avuto riguardo alle categorie di personale di magistratura od equiparato, cui l'indennita' in questione e' stata estesa dall'art. 2 della legge n. 425/84 (magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti, dei Tribunali Amministrativi Regionali, della giustizia militare, avvocati e procuratori dello Stato), nonche' alla stragrande maggioranza degli stessi magistrati dell'ordine giudiziario ordinario, l'indennita' in questione trova la sua giustificazione in quel complesso di oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attivita', a prescindere dall'effettiva presenza in servizio. Trattasi di spese a carattere generale e continuativo che ogni magistrato o avvocato dello Stato deve necessariamente sostenere per l'aggiornamento professionale (abbonamenti a riviste, acquisto di testi, ecc.), nonche' per lo svolgimento della propria attivita' lavorativa che, stante l'insufficienza di locali negli uffici giudiziari, avviene in via normale e prevalente presso l'abitazione, in appositi locali destinati a studio. Stante la sopraevidenziata natura degli oneri in relazione ai quali - non sembra possa dubitarsi - l'indennita' in questione sia stata istitutita, ai sensi degli artt. 3 della legge n. 27/81 e 2 della legge n. 425/84; stante il carat-tere continuativo e permanente degli oneri medesimi, che evidentemente non vengono meno durante i periodi di assenza obbligatoria o facoltativa per maternita', - ad avvido del Collegio - non puo' ritenersi manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 3 della legge n. 27/81, nella parte in cui esclude la corresponsione dell'indennita' per i periodi di assenza per astensione obbligatoria o facoltativa per maternita', introducendo una ingiustificata discriminazione temporanea tra i magistrati in servizio e quelli obbligatoriamente allontanati dal servizio o comunque legittimamente assenti. La possibile irragionevolezza della norma in tale parte, o comunque il carattere non giustificato dell'esclusione dell'indennita' per i periodi in questione, appaiono rafforzati dalla debita considerazione della natura delle assenze dal servizio in esame, in quanto connesse alla maternita', per cui non manifestamente infondata risulta la questione medesima anche avuto riguardo ad un possibile contrasto con l'art. 37 della Costituzione. Pur considerata la natura in parte programmatica della citata norma costituzionale, deve ritenersi non aderente ai principi imposti al legislatore da quest'ultima norma, in ordine alla necessita' di una speciale adeguata protezione per la madre lavoratrice, la scelta del legislatore medesimo di decurtare la retribuzione (in senso ampio) della lavoratrice di un emolumento, la cui spettanza non puo' ritenersi strettamente e necessariamente correlata alla effettiva presenza in servizio della medesima, in occasione dei periodi di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro per maternita'. Considerato che il principio posto dall'art. 37 e' senz'altro collegato al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione (come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 61 dell'8 febbraio 1991), e' opportuno operare unitariamente la valutazione in ordine al possibile contrasto della norma di legge in esame con i citati artt. 3 e 37 della Costituzione, per i profili sopra evidenziati, tendendo - altresi' - presente che non appare ragionevole equiparare assenze dal lavoro per congedo straordinario, aspettativa per qualsiasi causa e sospensione dal servizio per qualsiasi causa, con quelle per maternita', sia perche' la lavoratrice madre non puo' comuque sottarsi all'obbligo di astenersi dall'attivita' lavorativa nei periodi di assenza obbligatoria per maternita', sia perche' - comunque -, anche avuto riguardo all'assenza facoltativa, puo' risultare discriminatoria e in contrasto con la necessita' di una "speciale adeguata protezione", la scelta legislativa di decurtare la retribuzione di voci non strettamente connesse con l'effettiva presenza in servizio della lavoratrice. Deve, invece, dichiararsi manifestamente infondata la questione di costituzionalita' della norma di legge in esame, sollevata dalle ricorrenti per contrasto con i principi di tutela della maternita' e dell'infanzia di cui all'art. 31 della Costituzione, stante la natura della questione in esame, aventi riflessi esclusivamente economici. Per le suesposte considerazioni la questione proposta dalle ricorrenti si appalesa rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 37 della Costituzione. Di conseguenza i presenti procedimenti devono essere sospesi, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale.