IL PRETORE
   Rilevato che:
     nel  procedimento  penale a carico di Berrar Ahmed nato ad Algeri
 il 28 gennaio 1947, indagato in ordine ai due reati di cui agli artt.
 7-septies, primo e secondo, nonche' quarto comma  d.-l.  18  novembre
 1995,  n.  489,    il  p.m. ha richiesto la convalida dell'arresto in
 flagranza e l'applicazione della misura cautelare della  custodia  in
 carcere;
     tali richieste dovrebbero indubbiamente essere accolte qualora si
 ritenga  che  le nuove figure di reato innanzi menzionate siano state
 legittimamente introdotte nell'ordinamento;
     concorrerebbero infatti nel caso di specie tutti gli elementi  di
 fatto  e di diritto (anche per effetto delle disposizioni processuali
 introdotte con l'art. 7-septies, quinto comma, decreto-legge  citato)
 legittimanti l'emanazione dei provvedimenti richiesti dal p.m.;
     sorge  tuttavia  un  dubbio  sulla  regolarita'  del procedimento
 normativo a mezzo del quale i due reati per cui si procede sono stati
 istituiti;
     l'art. 25 secondo comma della Costituzione prevede  che  "nessuno
 puo'  essere  punito  se non in forza di una legge che sia entrata in
 vigore prima del fatto commesso";
     tale disposizione risulta riservare  solo  alla  legge  in  senso
 formale,  e  cioe' all'atto normativo emanato dal Parlamento ai sensi
 degli artt. 70 e 74 della Costituzione,  la  facolta'  di  introdurre
 nuovi reati;
     invero  la  funzione  di  garanzia  per i destinatari della norma
 penale cui adempie la suddetta disposizione costituzionale postula la
 competenza esclusiva del Parlamento, quale  organo  espressivo  della
 sovranita'  popolare,  a  delineare  i  confini  fra  una condotta da
 sottoporre a sanzione criminale e una condotta da  non  sottoporre  a
 sanzione criminale;
     inoltre  solo  la  legge  in senso formale assicura la stabilita'
 delle previsioni in essa contenute, la ponderazione nelle  scelte  di
 politica   criminale,   l'intervento   delle  minoranze  parlamentari
 nell'iter  di  formazione  delle  fattispecie  penali,  ed  anche  la
 conoscibilita'  a  mezzo  della  c.d.  vacatio  legis dei nuovi fatti
 delineati quali reato;
     i reati per cui procede sono stati istituiti con un decreto-legge
 emanato ai sensi dell'art. 77 della Costi-tuzione;
     tale atto non risulta legittimo  quale  fonte  di  produzione  di
 norme penali;
     invero  esso,  pur  avendo  forza  di  legge (c.d. legge in senso
 materiale),  non  e'  parificabile  alla  legge  in  senso   formale,
 differendone  per  i modi di emanazione e per la provvisorieta' delle
 disposizioni contenute;
     la funzione di garanzia per i destinatari della legge penale  cui
 adempie  l'art.  25  della  Costituzione  non puo' essere soddisfatta
 dalla introduzione di nuovi  reati  a  mezzo  disposizioni  normative
 provvisorie   ma   si   presta   invece   ad   essere  gravemente  ed
 irrimediabilmente pregiudicata in caso  di  mancata  conversione  del
 decreto  ad opera dal Parlamento, con conseguente lesione dei diritti
 di liberta' della persona sottoposta a misure  afflittive  di  natura
 penale  in  base  a  disposizioni,  configuranti  una nuova figura di
 reato, caducate con effetto ex tunc;
     l'effetto   retroattivo   della   caducazione  potrebbe  peraltro
 comportare che una persona rimanga  punita  per  un  fatto  non  piu'
 previsto  come reato neanche sotto il vigore della legge del tempo in
 cui  e'  stato  commesso  (vedi  peraltro  la  sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.    85/91  in  tema  di illegittimita' dell'art. 2,
 quinto comma. c.p.);
     alla luce di tali considerazioni appare rilevante nel giudizio de
 quo e non manifestatamente infondata la questione  di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  7-septies, primo e secondo, nonche' quarto
 comma d.-l. 18 no-vembre 1995  n.  489,  in  relazione  all'art.  25,
 secondo   comma,   della   Costituzione,  questione  che  si  solleva
 d'ufficio;