IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale p.n. nei confronti di V.F., nato a Napoli il 18 dicembre 1966, residente a Gioia del Colle, via provinciale per Taranto, 1533. Sergente maggiore a.m. in servizio presso il 36 Stormo di Gioia del Colle; Imputato di truffa militare aggravata (artt. 47, n. 2 e 234, primo comma, c.p.m.p.), perche', sergente maggiore a.m., col raggiro di presentarsi come esperto di computer e di poter fornire componenti per computers a prezzi di acquisto piu' vantaggiosi, tramite un suo zio, titolare della ditta Vi.So.H. di Napoli, inducendo in errore il maresciallo a.m. Padolecchia Vito sulla corretta fornitura di un sistema informatico e sul funzionamento dello stesso, anche in relazione alle esigenze prospettategli, nonche' sulla adeguata corrispondenza del costo sostenuto al prezzo di vendita del materiale fornito, procurava a se' un ingiusto profitto, con danno del citato maresciallo Padolecchia, fornendogli un sistema non correttamente funzionante, al prezzo di L. 37.490.950 (trentasettemilioniquattrocentonovantamila950) risultato notevolmente superiore rispetto alla somma dei prezzi dei singoli componenti forniti, in Gioia del Colle, nell'ottobre 1993; Premesso che il difensore della persona offesa e danneggiata dal reato in epigrafe indicato ha depositato, prima dell'odierna udienza preliminare, presso la cancelleria di questo Giudice dichiarazione di costituzione di parte civile seguita da memoria difensiva con la quale ha chiesto che sia sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 270, primo comma, c.p.m.p., per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma della Costituzione; che, nell'odierna udienza, anche il p.m. ha chiesto che sia sollevata tale questione di legittimita' costituzionale; che il difensore dell'imputato si e' opposto a tale questione; O s s e r v a Sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 270, primo comma, del codice penale militare di pace, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione e' gia' intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 106 del 2 giugno 1977 e n. 78 del 22 febbraio-3 marzo 1989, con le quali la questione e' stata dichiarata non fondata. La Corte nell'esaminare tale questione prese in considerazione la situazione normativa vigente all'epoca e costituita, oltre che dalla norma del codice penale militare sospetta di incostituzionalita', dalle norme dell'allora vigente codice di procedura penale del 1930. Successivamente, si e' verificato nell'ordinamento giuridico italiano un evento di notevole valore innovativo: l'entrata in vigore del codice di procedura penale del 1988. La dottrina e la giurisprudenza si sono, quindi, posto il quesito circa l'eventuale perdurante vigenza delle disposizioni concernenti il processo penale militare contenute nel libro III del codice penale militare di pace, in relazione alla loro conciliabilita' col nuovo modello processuale, improntato al criterio accusatorio, nonche' con i nuovi soggetti processuali creati dal nuovo codice (giudice per le indagini preliminari, giudice dell'udienza preliminare). Per quanto riguarda l'art. 270, primo comma, c.p.m.p., a fronte della abrogazione implicita ritenuta da alcuni giudici di merito, la Corte di cassazione, a Sezioni unite, con sentenza 14 dicembre 1994, ha ritenuto la vigenza perdurante di tale norma e, quindi, del divieto di costituzione di parte civile davanti ai tribunali militari, poiche' tale deroga non e' in contrasto con le linee fondamentali tracciate dal nuovo codice di procedura penale. D'altra parte, la stessa Corte costituzionale, dichiarando l'illegittimita' costituzionale di singole norme di natura processuale del codice penale militare di pace, dopo l'entrata in vigore del codice di rito del 1988, ha confermato implicitamente la vigenza di tali norme speciali e non ha ritenuto tacitamente abrogata la disposizione dell'art. 261 del codice penale militare di pace che legittima le deroghe alla normativa comune (Corte costituzionale n. 429/92; n. 503/89; n. 274/90; n. 469/90; n. 301/94). Poiche' a tale stregua non e' ulteriormente possibile pervenire a diverse ed opposte soluzioni interpretative sulla vigenza dell'art. 270 c.p.m.p., questo Giudice ritiene di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale. La rilevanza della questione e' indubbia poiche', applicando la suddetta norma, il Giudice dovrebbe dichiarare l'inammissibilita' della costituzione di parte civile fatta dalla persona offesa dal reato in rubrica specificato. Non appare, inoltre, tale questione manifestamente infondata in relazione agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, per i motivi qui di seguito specificati. Il nuovo codice di procedura penale ha assegnato alla persona offesa dal reato un ruolo ed uno spessore rilevanti. La presenza e la valorizzazione in sede di procedimento penale di questo soggetto processuale vengono spiegate dalla relazione al progetto preliminare del codice con riferimento all'esigenza di predisporre forme di adesione all'attivita' del pubblico ministero e di controllo su tale attivita', che possano apportare una sorta di contributo all'esercizio o al proseguimento dell'azione penale. Di tal che numerosi sono i suoi diritti e le sue facolta', cosi' sintetizzabili: a) diritto di ricevere l'informazione di garanzia; b) diritto all'avviso di partecipazione, con facolta' di nomina di consulenti tecnici, all'accertamento tecnico non ripetibile (art. 360 c.p.p.); c) diritto alla nomina di un difensore (art. 101 c.p.p.); d) diritto di proporre querela (art. 336 c.p.p.) o istanza di procedimento (art. 341 c.p.p.); e) diritto di presentare memorie ed indicare elementi di prova (art. 90 c.p.p.); f) facolta' di chiedere al p.m. di promuovere richiesta di incidente probatorio (art. 394 c.p.p.); g) diritto a ricevere avviso dell'udienza fissata per l'incidente probatorio (artt. 398, terzo comma, c.p.p.); h) diritto di partecipazione all'udienza, in alcuni casi di persona ed in altri tramite il difensore (art. 401, primo e terzo comma, c.p.p.); i) diritto alla notifica della richiesta di proroga delle indagini preliminari (art. 406, terzo comma, c.p.p.); l) diritto alla notifica della richiesta di archiviazione e facolta' di opporsi alla stessa (artt. 408 e 410, c.p.p.); m) diritto alla notifica della fissazione dell'udienza preliminare (art. 419, primo comma, c.p.p.); n) diritto alla notifica del decreto che dispone il giudizio, se non presente all'udienza preliminare (art. 429, quarto comma, c.p.p.). Orbene, non e' dubbio che le disposizioni del nuovo codice di procedura penale, concernenti i diritti e le facolta' della persona offesa dal reato, in forza dell'art. 261 c.p.m.p. ed in quanto non diversamente stabilito, debbano trovare applicazione anche nel processo penale militare, durante la fase delle indagini preliminari, e quindi ben puo' tale soggetto esercitare quelle funzioni coadiutorie e di controllo, in ordine all'attivita' investigativa e di inizio dell'azione penale, che il codice gli riconosce. Tuttavia, per la perdurante vigenza dell'art. 270 c.p.m.p., si verifica una situazione assolutamente irrazionale rappresentata dal fatto che la persona offesa dal reato militare, che sia anche danneggiata dal reato, mentre puo' esercitare tutti quei diritti e quelle facolta', durante la fase delle indagini preliminari, non appena il procedimento penale entra nella fase processuale vera e propria, dopo l'esercizio dell'azione penale, non puo' piu' continuare ad esercitare quella stessa attivita' coadiutoria e di controllo, intesa a tutelare i propri diritti, perche' essendole preclusa la costituzione di parte civile non puo' inserirsi come parte del processo e quindi interloquire. Questa compressione dei diritti di difesa della persona offesa e danneggiata dal reato militare non trova, ad avviso dello scrivente, alcuna giustificazione ragionevole, perche' non e' imposta dalla necessita' di salvaguardare la tutela di prioritari interessi costituzionalmente rilevanti e crea una microscopica situazione di disparita' di trattamento tra la persona offesa e danneggiata dal reato comune che puo' pienamente esercitare nel processo ordinario tutti i diritti e le facolta' che il nuovo codice di rito le riconosce, e la persona offesa e danneggiata dal reato militare che tali diritti e facolta' puo' esercitare, nel processo penale militare, soltanto nella prima fase delle indagini preliminari ma non anche nella successiva e ben piu' importante fase processuale vera e propria. Non puo' non tenersi conto, a tal proposito, che l'intervento della parte civile nel processo penale non e' limitato alla stretta valutazione delle questioni di carattere patrimoniale, ma e' inteso a concorrere, con la "parte pubblica", attraverso anche le risultanze di indagini "difensive", all'accertamento dei fatti, come e' dato desumere dall'art. 22 della legge 8 agosto 1995 n. 332, che ha aggiunto all'art. 38 delle norme di attuazione del codice di procedura penale, il comma 2-bis, in forza del quale "il difensore persona offesa puo' presentare direttamente al giudice elementi che egli reputa rilevanti ai fini della decisione da adottare", nonche' dall'art. 577 c.p.p. che consente alla persona offesa, solo se costituita parte civile, di proporre impugnazione anche agli effetti penali.