IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Adolfi Ferruccio, Aimi Maria Alessandra, Arisi Luca, Arrigoni Maria Giovanna, Azzali Giacomo, Azzimondi Paola, Baratta Maria Antonietta, Baruffi Silvana, Bassotti Lucilla, Battaglia Luigi Pietro, Berni Rodolfo, Bertolini Fernando, Bertorelli Laura, Bianchi Carluccio, Bonilini Giovanni, Bordi Fabrizio, Borghi Loris, Borromei Renato, Botti Paolo, Bracchi Pier Giovanni, Cabassi Enrico, Calzetti Stefano, Caretta Antonio, Casiraghi Giovanni, Castellano Salvatore, Catalano Antonio Lucio, Catellani Marta, Catellani Pierluigi, Chiavarini Milena, Chiusoli Gianpaolo, Cingi Biagini Marina, Colombo Paolo, Conti Giorgio, Corradi Maria Grazia, Costa Elisabetta, Cuccio Antonino, Cusmano Ferdinando, Dossena Arnaldo, Falasca Anna, Favali Maria Augusta, Favilla Roberto, Ferrero Giovanni, Gabba Felice, Gallico Claudio, Gardini Gianpiero, Gariboldi Luigi Mario, Gasparri Fava Giovanna, Giacomini Corrado, Gozzi Giorgio, Grasselli Antonio, Iori Marina, Lanfredi Manotti Anna Maria, Livraghi Renata, Lo Moro Caterina, Lo Moro Mariafortunata, Lugari Maria Teresa, Lugari Roberta, Macchi Emilio, Maggiali Cesare Augusto, Magliani Walter, Magnone Stefania, Mancia Domenico, Mandich Anna Maria, Marchelli Rosangela, Mazzini Alberto, Mazzucchi Anna, Mingiardi Mariarosa, Montenero Angelo, Monteverdi Daniela, Mozzarelli Andrea, Musiari Luisa, Palla Gerardo, Panu Rino, Pasquali Petronio, Pauri Massimo, Pelizzi Corrado, Pietrini Vladimiro, Plazzi Piervincenzo, Porati Alfredo, Rinaldi Elio, Rinaldi Maria Gabriella, Rizza Giambattista, Ronchi Gabriella, Rossi Carlo, Sansebastiano Giuliano, Scaravelli Corrado, Spaccapelo Benito, Spaggiari William, Tamanini Carlo, Tanzi Cattabianchi Luigi, Tellini Claudio, Torelli Luigi, Uleri Gastone, Ungaro Rocco, Urgeletti Giulietta, Vene' Michelotti Margherita, Venturelli Giampiero, Vezzani Alberto, Vighi Paola, Vinci Anna, Zani Sergio, Zoboli Maurizio, rappresentati e difesi dall'avv. Stefano Asmone e domiciliati nello studio dello stesso, in Parma, via Tommasini n. 20; contro il Magnificio Rettore pro-tempore dell'Universita' degli studi di Parma, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna e domiciliato nella segreteria della stessa Avvocatura, in Bologna, via G. Reni n. 4; per l'accertamento del diritto dei ricorrenti alla corresponsione dell'aumento stipendiale periodico maturato nel corso del 1993, dalla data di maturazione al 31 dicembre 1993 e per la condanna dell'Amministrazione resistente al pagamento degli importi conseguentemente dovuti; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del 24 ottobre 1995, l'avv. Asmone per i ricorrenti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o I ricorrenti lamentano la mancata corresponsione, durante l'anno 1993, dell'aumento biennale di stipendio maturato a favore di ciascuno di essi nel corso dello stesso anno. Tale mancata corresponsione e' stata determinata dall'applicazione dell'art. 7 della legge n. 438/1992, ai sensi del quale norme che comunque comportino incrementi retributivi, quale conseguenza di automatismi stipendiali, non devono trovare applicazione per l'anno 1993. La disciplina del trattamento economico dei professori universitari e dei ricercatori universitari (ai quali ultimi sono altresi' equiparati, quanto al trattamento economico, gli assistenti del ruolo ad esaurimento) prevede una progressione economica sviluppantesi dapprima in classi biennali e quindi in scatti biennali. Ne consegue che professori, ricercatori e assistenti universitari godono tutti, ad anni alterni, di aumenti retributivi. Ovviamente, la decorrenza di tali aumenti avra' inizio nel corso di anni di numero dispari per il personale nominato in ruolo in anno dispari e nel corso di anni pari per il personale nominato in ruolo in un anno pari. Il "congelamento" degli aumenti retributivi biennali per la durata di alcuni mesi ha comportato, naturalmente, un contenuto danno economico per ciascuno degli interessati (dell'ordine di alcune centinaia di migliaia di lire di mancata retribuzione), che ha esclusivamente colpito, ripetesi, il personale assunto negli anni dispari. Di qui l'attale ricorso, che si fonda sulla assunta illegittimita' costituzionale (per contrasto con l'art. 3) del-l'art. 7 della legge n. 438/1992. Si costituiva in giudizio per resistere l'Universita' degli studi di Parma. In prossimita' dell'udienza di discussione le parti si scambiavano memorie a sostegno delle rispettive difese. All'odierna pubblica udienza la causa veniva chiamata e ritenuta in decisione. Motivi della decisione Gli odierni ricorrenti, professori di prima e seconda fascia, assistenti e ricercatori in servizio presso l'Ateneo parmense, chiedono che, previa sospensione del giudizio e rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma terzo, del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384 convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438, sia accertato il loro diritto alla percezione degli aumenti periodici biennali di stipendio, e degli aumenti periodici di competenza dell'assegno aggiuntivo, maturati nel corso del 1993, e sia condannata l'Amministrazione universitaria al pagamento delle differenze retributive dovute, con rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione delle singole mensilita' al saldo. La menzionata disposizione stabilisce che, in materia di pubblico impiego, "per l'anno 1993 non trovano applicazione le norme che comunque comportano incrementi retributivi in conseguenza di... automatismi stipendiali....". Tra queste, dunque, anche quelle che prevedono aumenti periodici automatici delle competenze economiche dei pubblici dipendenti. L'eccezione di incostituzionalita' e' sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai colleghi che maturano incrementi retributivi automatici in anni diversi dal 1993 e che, pertanto, non subiscono alcun pregiudizio dall'applicazione della disposizione in commento. Secondo l'Amministrazione la diversa collocazione temporale delle nomine, e quindi della maturazione del diritto all'incremento retributivo, costituiscono sufficienti elementi differenziali tra le situazioni poste a raffronto: il fattore temporale legittima infatti il differente trattamento normativo (ed economico) di fattispecie per altri versi assimilabili. La questione e' palesemente rilevante ai fini del giudizio in corso, poiche' la applicazione del contestato disposto normativo preclude, fino al 1 gennaio 1994, la erogazione dell'aumento stipendiale maturato nel 1993, che i ricorrenti pretendono in questa sede. Inoltre, essa non e' manifestamente infondata, come emerge dalle considerazioni che seguono e che inducono la Sezione a trasmettere gli atti processuali alla Corte costituzionale e ad attenderne una pronuncia in merito. Se e' vero che la Corte costituzionale ha ritenuto che il fattore temporale puo' costituire valida ragione di differenziazione ai fini della applicazione, o meno, di benefici contrattuali, non puo' ignorarsi la peculiarita' della presente fattispecie, in cui esso non viene preso in considerazione dal legislatore al fine di stabilire la decorrenza di un diverso trattamento economico, ovvero di ricollegarlo ad una determinata anzianita' di servizio, bensi' al fine di differenziare il trattamento medesimo in relazione ad una qualita' (pari o dispari) degli anni di nomina del tutto indifferente alla loro posizione (anteriore o posteriore) nella successiva cronologica. Tale e' infatti l'inevitabile risultato del meccanismo riduttivo previsto dall'art. 7, comma terzo, della legge n. 438/92 (mancata erogazione per il 1993 degli incrementi stipendiali automatici maturati nel solo anno 1993), attesa la periodicita' biennale degli aumenti stipendiali bloccati. Cosi', i dipendenti che hanno maturato gli aumenti nel 1992 e nel 1994 (siccome nominati in anni pari) non hanno subito alcun differimento nella erogazione dei relativi incrementi retributivi, mentre tutti i dipendenti che hanno maturato l'aumento nel 1993 (cioe' quelli nominati in anni dispari) si sono visti differire al 1 gennaio 1994 la decorrenza del miglioramento retributivo (con una perdita che va dalla differenza retributiva corrispondente a dodici mensilita', per coloro il cui aumento biennale avrebbe dovuto decorrere dal gennaio 1993, ad una differenza corrispondente ad una sola mensilita', per quanto avevano maturato l'aumento con decorrenza dal dicembre). Sembra al Collegio del tutto irrazionale che una parte del personale subisca per alcuni mesi un trattamento economico deteriore in relazione alla circostanza che la sua nomina abbia avuto luogo in un anno dispari, laddove in tale decurtazione non incorre la restante parte, nominata in un anno pari. La disparita' del trattamento economico infatti non si ricollega ad alcuna diversita', ancorche' casuale (es. priorita' della nomina, anzianita' di servizio...) delle situazioni considerate, ma investe posizioni giuridiche assolutamente identiche, in relazione ad un criterio (parita' o disparita' dell'anno di nomina) che non puo' identificarsi con il fattore temporale considerato dalla Corte costituzionale (con la giurisprudenza invocata dall'Amministrazione), secondo la quale il fluire del tempo costituisce di per se' elemento diversificatore, proprio perche' non ha carattere cronologico (di priorita' o posterita' rispetto ad una data stabilita) ma casuale ed alterno (un anno si e uno no). Poiche' secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale il principio di uguaglianza va inteso nel senso che ad identita' di posizioni soggettive ed oggettive deve corrispondere parita' di trattamento legislativo, il Collegio ritiene non manifestamente infondata la dedotta questione di incostituzionalita' dell'art. 7, comma 3, della legge 14 novembre 1992, n. 438, in relazione all'art. 3 della Costituzione. Rinviando, dunque, ogni pronuncia in rito, nel merito e sulle spese processuali, va sospeso il giudizio, disponendosi la trasmissione degli atti, a cura della segreteria della sezione, alla cancelleria della Corte costituzionale, affinche' quest'ultima esamini la sollevata questione di legittimita'.