ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 703, secondo comma, del codice di procedura civile, promossi con n. 2 ordinanze emesse l'11 marzo ed il 26 febbraio 1996 dal tribunale di Roma, nei procedimenti civili vertenti tra Ceccacci Filippo e Scarabotti Gino e tra Condominio Lungomare degli Abruzzi, n. 28/C ed altri e Societa' nazionale edile Vittoria ed altri, rispettivamente iscritti ai nn. 917 e 1198 del registro ordinanze e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 39 e 44, prima serie speciale, dell'anno 1996; Udito nella camera di consiglio del 9 aprile 1997 il giudice relatore Cesare Ruperto; Ritenuto che il tribunale di Roma ha sollevato, con due distinte ordinanze emesse, rispettivamente, il 26 febbraio e l'11 marzo 1996, questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 703 del codice di procedura civile, nella parte in cui, in ragione di una lettura restrittiva imposta dall'eterogeneita' della materia cautelare e possessoria, escluderebbe la reclamabilita' dei provvedimenti - concessivi e negativi - della tutela possessoria; che, a parere del giudice a quo, il rinvio al procedimento cautelare uniforme contenuto nella norma impugnata non potrebbe essere riferito all'art. 669-terdecies cod. proc. civ., che tale reclamo prevede, con conseguente violazione degli evocati parametri; Considerato che questa Corte ha gia' affermato la generale portata dell'istituto del reclamo nel nuovo procedimento cautelare, in quanto espressione del principio della revisio prioris instantiae e la sua conseguente, piena applicabilita' ai provvedimenti con cui si conclude la fase sommaria del procedimento possessorio (sentenza n. 501 del 1995 e ordinanze nn. 58, 124, 203 e 359 del 1996); che e' stato in particolare chiarito come la "selettivita'" del rinvio operato dall'art. 703 agli artt. 669-bis e seg. cod. proc. civ. vada intesa nel senso dell'esclusione di quelle sole norme incompatibili con il carattere del procedimento e con la struttura bifasica in cui esso si articola; che il giudice a quo non aggiunge argomenti nuovi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, per cui la questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.