IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel corso delle indagini preliminari relative al procedimento penale n. 49/1995 r.g.p.m.t. questo giudice ha applicato misure cautelari personali per il reato di cui agli artt. 110 c.p. e 73 d.P.R. n. 309/1990 nei confronti di alcuni indagati, tra i quali D'Aurizio Mario e Verzino Alfonso, i quali, avendone fatto rituale richiesta ai sensi dell'art. 458 c.p.p., sono stati ammessi al giudizio abbreviato che si dovrebbe celebrare nell'odierna udienza. Cio' premesso in fatto, il giudicante ritiene di sollevare d'ufficio la questione di legittimita' della norma di cui all'art. 34 c.p.p. in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost. nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice del giudizio abbreviato del giudice per le indagini preliminari che ha applicato per lo stesso fatto-reato misure cautelari personali nei confronti dell'imputato. Con la recente sentenza n. 432 del 6-15 settembre 1995 la Corte costituzionale ha gia' dichiarato l'illegittimita' della citata norma in riferimento all'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevedeva che non potesse partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che avesse applicato una misura cautelare personale, coercitiva o interdittiva, nei confronti dell'imputato e cio' perche' il giudice nel disporre tale misura compie una valutazione di merito sulla probabile fondatezza dell'accusa, donde la necessita' di impedire che la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato sia, o possa apparire, condizionata dalla c.d. forza della prevenzione, e cioe' da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso in altri momenti decisionali dello stesso procedimento. Orbene, non v'e' chi non veda che i motivi posti a fondamento della citata sentenza n. 432/1995 valgono anche nel caso in cui il giudice che procede a giudizio abbreviato abbia emesso nella fase delle indagini preliminari una misura cautelare nei confronti dello stesso imputato, priva di rilevanza essendo la natura pattizia di tale rito. Anche in tale ipotesi, infatti, la valutazione compiuta dal g.i.p. in funzione del provvedimento cautelare si traduce in un giudizio sul merito della res iudicanda idoneo a determinare un pericolo di pregiudizio, suscettibile di influire sulla decisione definitiva in ordine alla responsabilita' dell'imputato, con conseguente venir meno delle garanzie di imparzialita' e di terzieta' che devono sempre caratterizzare il giudice, con conseguente lesione del diritto di difesa, tanto piu' che, come la stessa Corte costituzionale ha osservato nella sopra citata sentenza n. 432/1995, nel giudizio abbreviato "i medesimi elementi che nella fase delle indagini erano semplici indizi vengono sostanzialmente apprezzati come prova". E' poi evidente che il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' sopra esposta;