ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 22 della
 legge  22  gennaio  1985,  n.  47  (Norme  in  materia  di  controllo
 dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni, recupero e sanatoria
 delle opere edilizie),  quest'ultimo  come  modificato  dall'art.  8,
 comma  8,  del  d.-l.  25  marzo  1996, n. 154 (Misure urgenti per il
 rilancio  economico  ed   occupazionale   dei   lavori   pubblici   e
 dell'edilizia  privata),  promosso  con ordinanza emessa il 15 maggio
 1996 dal pretore di  Trento  nel  procedimento  penale  a  carico  di
 Dallapiccola Mariano, iscritta al n. 832 del registo ordinanze 1996 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 37, prima
 serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  25  marzo 1997 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto che il pretore di Trento, nel  corso  di  un  procedimento
 penale  per  violazioni  edilizie,  con  ordinanza del 15 maggio 1996
 (r.o. n. 832  del  1996),  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985, n.
 47    (Norme    in    materia     di     controllo     dell'attivita'
 urbanistico-edilizia,  sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle opere
 edilizie), quest'ultimo come modificato dall'art.  8,  comma  8,  del
 d.l.  25 marzo 1996, n. 154 (Misure urgenti per il rilancio economico
 ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata),  nella
 parte  in  cui  impongono la sospensione dell'azione penale fino alla
 decisione del ricorso giurisdizionale avverso il diniego di  rilascio
 della concessione edilizia in sanatoria;
     che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  disciplina censurata
 violerebbe  l'art.  112  della  Costituzione,  in    quanto  la   non
 prevedibilita'  della  durata  della sospensione sarebbe in contrasto
 con il principio della obbligatorieta' dell'azione penale;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che
 ha concluso per la manifesta infondatezza della questione;
   Considerato  che  la  disposizione  di cui all'art. 8, comma 8, del
 decreto-legge n. 154 del 1996, decaduto per  mancata  conversione  in
 legge,  e'  stata  riprodotta, nella medesima formulazione letterale,
 nei successivi dd.-ll. 25 maggio 1996, n. 285 (in relazione al  quale
 la  stessa  questione  sollevata  dal  pretore  di  Trento  e' stata,
 peraltro, dichiarata non fondata con la sentenza n. 270 del 1996), 22
 luglio 1996, n. 388 e 24 settembre 1996, n. 495, tutti decaduti;
     che, l'art. 2, comma 61, della legge 23  dicembre  1996,  n.  662
 (Misure  di razionalizzazione della  finanza pubblica) ha fatto salvi
 gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla  base  dei
 predetti decreti-legge non convertiti;
     che,  pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti al
 giudice a quo per  una  nuova  valutazione    della  rilevanza  della
 questione  alla luce della citata sopravvenuta norma recante clausola
 di salvezza degli effetti del decreto-legge impugnato.