LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di ricusazione promosso da Tripodi Vincenzo, nei confronti del dott. Carlo Crivelli, presidente del Collegio avanti il quale pende il giudizio a carico di Arces Giovanni + 10, presso la settima sezione del tribunale penale di Milano. Con ricorso 17 gennaio 1996, Tripodi Vincenzo, imputato con altri nel processo contro Arces Giovanni + 10, pendente avanti la settima sezione del tribunale penale di Milano, dichiarava di ricusare il dott. Carlo Crivelli, presidente del Collegio giudicante, per avere il medesimo presieduto altresi' il tribunale del riesame chiamato a decidere, in data 10 agosto 1994, sul ricorso proposto da esso Tripodi avverso l'ordinanza 22 luglio 1994, con la quale il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere. Deponeva il ricorrente che il giudice del riesame, per avere affrontato anche il merito dell'imputazione mossagli, non poteva svolgere altresi' le funzioni di giudie del dibattimento pur non avendo prevista infatti tale causa di compatibilita' dell'art. 34 c.p.p., doveva ritenersi, alla stregua dei principi di recente affermati dalla Corte costituzionale, comunque impediente la previa partecipazione al giudizio di riesame, pena il doveroso dubbio di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 24, 101 comma secondo della Costituzione. Il p.g., rilevato che, allo stato, l'evidenziata situazione di incompatibilita' non emergeva dell'art. 34 c.p.p., e salva una diversa indicazione della Corte costituzionale, chiedeva dichiararsi l'inammissibilita' della dichiarazione di ricusazione. Osserva il Collegio che, in materia di incompatibilita', e conseguentemente di ricusazione, assume indubbio rilievo la sentenza 6-15 settembre 1995 n. 432 della Corte costituzionale, ultima di una serie ormai numerosa di decisioni definitorie della natura e dei pregi della normativa in argomento. Con essa, pur resa in relazione alla sola ipotesi della compatibilita' del giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato, con la partecipazione al giudizio dibattimentale, la Corte ha affermato o ribadito principi di sicura rilevanza generale, e, tra essi, alla luce della "convinzione di dover affermare un piu' pregnante significato dei valori costituzionali del giusto processo (e del diritto di difesa che ne e' componente essenziale)", la specifica considerazione della possibilita' che alcuni apprezzamenti sui risultati delle indagini preliminari determinino un'anticipazione di giudizio suscettibile di minare l'imparzialita' del giudice. Il tutto in riferimento agli effetti che l'art. 34 c.p.p. mira a concretamente impedire, e cioe' che la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato sia, o possa apparire, condizionata dalla cosiddetta forza della prevenzione, e cioe' da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento. Cio' posto. e' bensi' vero che l'ipotesi oggi in esame non ricade sotto il divieto di cui all'art. 34 c.p.p., donde l'evidente inammissibilita' della dichiarazione di ricusazione. Quest'ultima, pertanto, e' stata proposta sulla base di un'invocata incostituzionalita' della norma predetta, che, ove ravvisata, determinerebbe sicuri effetti sul processo in corso. Come gia' in altre occasioni osservato da questa Corte, la questione non appare manifestamente infondata, atteso che, con la presenza sovra richiamata, il giudice delle leggi, nel motivare il proprio mutamento di indirizzo in materia, ha significatamente ed espressamente citato la sentenza n. 502 del 1991, resa in tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, e cioe' la fattispecie sottoposta all'odierno giudizio. Quanto alla rilevanza nel giudizio de quo, se e' vero che l'ordinanza di custodia cautelare e' stata annullata dal tribunale del riesame, e' altresi' vero che la valutazione di inidoneita' degli indizi attiene ad una circostanza (l'ulteriore dazione di denaro da parte del privato al Tripodi) non piu' presente nell'imputazione di cui al rinvio a giudizio, laddove, in relazione ai fatti contenuti in quest'ultima, pregnanti e sintomatiche appaiono le osservazioni del Collegio presieduto dal dott. Crutelli in punto a responsabilita' del Tripodi e tali da integrare un'inequivoca valutazione di contenuto, si' che, certamente esclusa l'ipotesi di un'indebita manifestazione del proprio pensiero di cui all'art. 37, 1 lett. B) c.p.p., atteso l'intimo e necessario collegamento con l'esercizio dell'attivita' giurisdizionale, appare doverosa la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, perche' decida sulla questione di legittimita' sopra illustrata. Va conseguentemente disposta la sospenzione del procedimento incidentale (pronunzia sulla ricusazione) pendente avanti questa Corte.