IL GIUDICE
   Ha    pronunciato   la   seguente   ordinanza   sull'eccezione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui
 non  prevede  l'incompatibilita'  per  il  giudice   delle   indagini
 preliminari,  che abbia emesso misure cautelari, a giudicare con rito
 abbreviato;
                                OSSERVA
   Gli imputati Ferrari, Buffa,  Sanguedolce,  Nistri,  e  Petruccioli
 sono stati sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere
 con  ordinanza  emessa  da  questo g.i.p. in data 11 aprile 1994; per
 Caselli la richiesta di applicazione  di  identica  misura  e'  stata
 respinta   sul   presupposto  tuttavia  della  mancanza  di  esigenze
 cautelari, mentre e' stata ritenuta l'esistenza di gravi indizi,  con
 una  valutazione  quindi che rispecchia quella compiuta nei confronti
 dei destinatari del provvedimento cautelare. Di conseguenza, sotto il
 profilo   che   qui   interessa   e   che   si    incentra    proprio
 sull'apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, la posizione del
 Caselli  deve  essere  equiparata a quella dei coimputati indicati in
 premessa.
   La Corte costituzionale, con sentenza n.  432/1995,  ha  dichiarato
 illegittimo  l'art.  34, secondo comma, c.p.p. nella parte in cui non
 prevede che non  possa  partecipare  al  giudizio  dibattimentale  il
 giudice  per  le  indagini  preliminari  che  abbia emesso una misura
 cautelare personale a carico dell'imputato, sul  presupposto  che  il
 g.i.p.,   allorche'   applica   una   misura  cautelare,  compie  una
 valutazione,  non  solo  di  legittimita',   ma   di   merito   sulla
 colpevolezza  dell'imputato.    La Corte inoltre mette in evidenza la
 sostanziale analogia con le valutazioni compite  dal  g.i.p.  quando,
 decidendo  sulla  richiesta  di  archiviazione,  ordina  di formulare
 l'imputazione o quando, a fronte di  una  richiesta  di  applicazione
 pena  concordata,  l'abbia  respinta, riconoscendo l'incompatibilita'
 del g.i.p. a partecipare al successivo giudizio abbreviato  (sentenza
 n.  401  del  12  novembre  1991  e  n. 439 del 16 dicembre 1993) sul
 rilievo che "non puo' essere lo stesso giudice che  ha  compiuto  una
 cosi'  incisiva  valutazione  di  merito  ad  adottare  la  decisione
 conclusiva in ordine alla responsabilita' dell'imputato".
   Ma  v'e'  di  piu'  nel  contesto  della  motivazione  della citata
 sentenza n. 432/1995, si  rileva  come,  nel  caso  di  richiesta  di
 "patteggiamento"  o  giudizio  abbreviato,  i  medesimi elementi che,
 nella fase delle indagini preliminari, erano semplici indizi  e  che,
 sovente,  sono  gli  stessi messi a fondamento della misura personale
 cautelare, vengono sostanzialmente apprezzati come  prove;  a  questo
 potendosi  aggiungere  che,  nell'ipotesi  di giudizio abbreviato, il
 giudicante e' un organo monocratico, per cui viene meno anche  quello
 scambio  di  opinioni  e  di giudizi attraveso i quali si articola la
 decisione nel collegio dibattimentale.
   Di conseguenza, gli stessi profili di incostituzionalita' dell'art.
 34  secondo  comma  c.p.p.,  che  hanno  portato  all'adozione  delle
 predette  decisioni possono valere con riferimento alla situazione in
 esame.
   Infatti la mancata previsione dell'incompatibilita'  a  partecipare
 al giudizio abbreviato del g.i.p. che abbia disposto, nel corso delle
 indagini preliminari, una misura cautelare si pone in contrasto con i
 principi  costituzionali  di  eguaglianza (art. 3) nel senso che, nel
 caso di piu' imputati, l'imputato assoggettato a misura  cautelare  o
 comunque  oggetto  di  una pronuncia concernente, sempre con riguardo
 all'applicazione  di  misura  cautelare,  il  presupposto  dei  gravi
 indizi,  non godrebbe nel giudizio abbreviato delle medesime garanzie
 degli altri non soggetti agli  stessi  provvedimenti  o  alla  stessa
 pronuncia;  con  il  principio  della presunzione di non colpevolezza
 (art. 27) e con il diritto di difesa (art. 24)  per  il  rischio  che
 detta  presunzione  possa  soccombere  di  fronte  alla  prognosi  di
 colpevolezza  compiuta  in  sede  cautelare  e  che  la   valutazione
 conclusiva  della  responsabilita'  penale  sia,  o  possa  apparire,
 condizionata dalla propensione del giudice a  confermare  la  propria
 precedente decisione.
   Conosce  il  giudice  le  argomentazioni in contrario del g.i.p. di
 questo tribunale dott.  Crivelli  e  non  puo'  non  condividerne  la
 conclusione,  secondo  cui,  proprio  la  situazione  di  dubbio, non
 risolvibile  in  via  interpretativa,  conferma  la   non   manifesta
 infondatezza   della  questione  di  costituzionalita'  e  quindi  la
 necessita' di rimettere gli atti alla Corte costituzionale.
   La remissione tuttavia non puo'  coinvolgere  gli  imputati  per  i
 quali  non  erano state chieste misure cautelari, come nel caso di Di
 Giovine Santa Margherita, perche' vengono a difettare  i  presupposti
 che  la  giustificano, segnalandosi inoltre che, benche' si tratti di
 reati associativi  e  percio'  a  concorso  necessario,  il  presente
 procedimento,  riguardante  numerosi imputati, ha gia' subito diverse
 separazioni, senza  che  ne  derivasse  pregiudizio  per  le  singole
 posizioni compiutamente definite.