IL GIUDICE PER LE INDAGNI PRELIMINARI
   ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza  visti  gli  atti  del
 procedimento penale contro: fimmano' diego, nato  a  brindisi  il  27
 settembre  1971,  ivi  residente in via mafai n. 6; bistonte claudio,
 nato a brindisi il 30 maggio 1966, ivi residente in via adige  n.  9;
 de  giorgi  cristian, nato a milano l'11 settembre 1972, residente ad
 aulla in via cerri n. 6; de giorgi salvatore,  nato  a  milano  il  5
 dicembre  1970,  residente  ad  aulla  in  via  cerri n. 6; scapecchi
 andrea, nato a brindisi il 14  marzo  1964,  residente  a  canale  di
 villadose (rovigo) in via garibaldi n. 365; imputati tutti:
     1)  del  delitto  p.  e  p.  degli artt. 110 e 628, primo e terzo
 comma, c.p. perche', in concorso tra loro ed al fine di procurarsi un
 ingiusto profitto, mediante violenza  e  minaccia  nei  confronti  di
 Navaro  Pietro e Menon Augusto Fabrizio, si impossessavano di danaro,
 oggetti preziosi vari, orologi, un libretto  al  portatore  e  valuta
 estera,  il  tutto per un valore di circa 200.000.000 che sottraevano
 dalla oreficeria del predetto Navaro che tali beni deteneva, il fatto
 commettendo in piu' persone riunite e facendo uso di armi;
     2) del delitto p. e p. dagli artt. 110 e 112 pp. n. 1 c.p. e 2  e
 7  legge 2 ottobre 1967 n. 895 sostituiti dalla legge 14 ottobre 1974
 n. 497 in relazione all'art. 2 della legge 18 aprile 1975 n.   110  e
 61 n. 2 c.p. per avere, in concorso tra loro e al fine di eseguire il
 reato sub 1), illegalmente detenuto delle armi comuni da sparo;
     3)  del delitto p. e p. dagli artt. 110 e 112 pp. n. 1 c.p. e 4 e
 7 legge 2 ottobre 1967 n. 895 sostituiti dalla legge 14 ottobre 1974,
 n. 497, in relazione all'art. 2 della legge 18 aprile 1975, n. 110, e
 61 n. 2 c.p. per avere, in concorso tra loro ed al fine  di  eseguire
 il  reato  sub  1), illegalmente portato in luogo pubblico delle armi
 comuni da sparo;
     4) del delitto p. e p. dagli artt. 110 e 112 pp. n. 1 e 624 e 625
 n. 2 e 7 c.p. per essersi impossessati, in concorso tra  loro  ed  al
 fine  di eseguire il reato sub 1) e di trarne profitto, della vettura
 Fiat  Lancia  Thema  targata   RO/246870   sottraendola   a   Tosetto
 Piergiorgio  che  la  deteneva,  il fatto commettendo con violenza su
 cosa esposta per necessita' e consuetudine alla pubblica fede.
   In Rovigo il 9 settembre 1995 per i capi 1, 2 e 3 in Polesella  l'8
 settembre 1995 per il capo sub 4.
   Per  Fimmano'  Diego,  De  Giorgi Cristian e De Giorgi Salvatore la
 recidiva reiterata specifica  infraquinquennale  e  per  Bistonte  la
 recidiva reiterata infraquinquennale ex art. 99 c.p.
   Premesso  che  nell'attivita'  di indagine preliminare svolta dalla
 procura della Repubblica del tribunale di Rovigo  questo  giudice  ha
 emesso   misura  cautelare  personali  nei  confronti  degli  attuali
 imputati.
   In seguito veniva, dapprima, revocata quella relativa a  De  Giorgi
 Salvatore   e,   successivamente,   dopo  che  reiterate  istanze  di
 revoca/sostituzione delle misure venivano respinte, con ordinanza del
 19 gennaio 1996, disposta  la  rimessione  in  liberta'  di  Bistonte
 Claudio  ex  art.  89  d.P.R. n. 309/1990 e, con provvedimento del 17
 gennaio 1996,  sostituita  la  misura  della  custodia  cautelare  in
 carcere  con  quella degli arresti domiciliari per Scapecchi Andrea e
 Fimmano' Diego.
   Nel frattempo, il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio di  tutti  gli
 imputati  e  all'udienza  preliminare odierna i difensori di Bistonte
 Claudio e Scapecchi Andrea, unitamente ai loro assistiti,  chiedevano
 che  il  procedimento fosse definito con il rito abbreviato e il p.m.
 prestava il suo consenso.
   Diversamente i difensori di De Girogi Cristian, De Giorgi Salvatore
 e Fimmano' Diego non avanzavano analoga richiesta, con la conseguenza
 che veniva disposta  la  separazione  della  posizione  di  Scapecchi
 Andrea  e  Bistonte Claudio e, ritenuta la completezza delle indagini
 effettuate, questo giudice accoglieva la richiesta di rito abbreviato
 (per gli  altri  imputati  veniva  disposto  il  rinvio  dell'udienza
 preliminare per la discussione).
   A  questo punto, i difensori di Scapecchi Andrea e Bistonte Claudio
 sollecitavano  la   proposizione   di   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  34  c.p.p. invocando la omogeneita' tra il
 caso deciso dalla Corte costituzionale con sentenza 15 settembre 1995
 n. 432 - e cioe' incompatibilita' del g.i.p. che abbia emesso  misura
 cautelare  personale,  a  partecipare  al giudizio dibattimentale - e
 quello prospettato in questa sede.
   Al riguardo, va rilevato come con la  predetta  sentenza  la  Corte
 costituzionale  (sulla scia dei principi contenuti nelle decisioni n.
 496 del 26 ottobre 1990 e n. 401 del 12 novembre 1991  con  le  quali
 era  stata  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale della stessa
 norma nella parte in cui non prevede che  non  possa  partecipare  al
 giudizio  con  rito abbreviato il g.i.p. che abbiano emesso ordinanza
 ex art. 554, secondo comma, c.p.p. e 509, quinto comma, c.p.p.) abbia
 ritenuto che la decisione emessa dal g.i.p. ai  sensi  dell'art.  273
 c.p.p.,  riguardando  un  giudizio  di merito (sia pure prognostico e
 allo stato degli atti) sulla colpevolezza dell'indagato -  tanto  che
 si spinge fino a prefigurare l'iter logico che portera' il giudicante
 a  determinare  l'entita' della pena e la sua eventuale sospensione -
 non  puo'  non  riflettersi  sulla  serenita'  ed  imparzialita'  del
 giudizio  qualora  il  giudice sia chiamato a decidere nel merito del
 processo.
   Secondo la Corte, vi e' pericolo che  "la  valutazione  complessiva
 sulla   responsabilita'   dell'imputato   sia,   o   possa   apparire
 condizionata dalla cosiddetta forza della  prevenzione,  e  cioe'  da
 quella  naturale  tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un
 atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello  stesso
 procedimento".
   I  principi  sui  quali  la Corte ha fondato tale decisione rendono
 inevitabile e doverosa la prospettazione alla stessa  del  dubbio  di
 costituzionalita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. con riferimento
 agli  artt.  3,  primo comma, e 24 della Costituzione, nella parte in
 cui non prevede che non possa procedere al rito abbreviato il  g.i.p.
 che  abbia  applicato  una  misura  cautelare personale nei confronti
 dell'imputato. E cio' tanto piu' a fronte della  stessa  affermazione
 della  Corte  costituzionale contenuta nella sentenza n. 401 del 1991
 secondo la quale l'espressione  "giudizio"  contenuta  nell'art.  34,
 secondo comma, c.p.p. comprende qualunque tipo di giudizio e, quindi,
 anche  il  giudizio  abbreviato:  peraltro, l'influenza condizionante
 della precedente valutazione di merito operata dal g.i.p. in sede  di
 emissione di misure cautelari, appare ancor piu' evidente nel caso di
 giudizio abbreviato se solo si consideri che si tratta di un giudizio
 sulla  base  dello  stato  degli atti - gli stessi che almeno in gran
 parte sono stati posti a fondamento dell'emissione della misura  -  e
 senza   alcun   arricchimento  probatorio,  eventualmente  favorevole
 all'imputato, conseguente all'istruttoria dibattimentale.
   Invero, se vi e' incompatibilita' a partecipare al dibattimento del
 giudice che ha emesso le misure cautelari per  le  ragioni  enunciate
 dalla  Corte  nella  predetta  sentenza,  ad analoga conclusione deve
 giungersi nel caso in cui il processo si svolga nelle forme del  rito
 abbreviato,  dovendo  essere  garantito  all'imputato  la terzieta' e
 l'imparzialita' del giudice.
   Diversamente, vi sarebbe una giustificata disparita' di trattamento
 e  conseguente   violazione   dell'art.   3,   primo   comma,   della
 Costituzione,  tra  l'imputato che, sottoposto a misura cautelare, il
 quale al dibattimento non  puo'  essere  giudicato  dal  giudice  che
 l'abbia  disposta  e  l'imputato,  che nella stessa situazione, viene
 giudicato con il rito abbreviato dallo stesso giudice che  ha  emesso
 la misura.
   Ne  consegue  che  a causa della compressione del diritto di difesa
 che  discende  inevitabilmente   dalla   situazione   suesposta,   e'
 ravvisabile   il   contrasto  dell'art.  34,  secondo  comma,  c.p.p.
 nell'attuale formulazione anche con l'art. 24 della Costituzione.
   Infine,  tenuto  conto  che  l'art.  101,  secondo   comma,   della
 Costituzione  stabilisce  che  il giudice e' sottoposto soltanto alla
 legge, nella fattispecie delineata si ravvisa un contrasto anche  con
 tale  norma  costituzionale,  posto  che  essa  esclude anche solo la
 possibilita' che il giudice possa essere  influenzato  nelle  proprie
 determinazioni da valutazioni gia' compiute.
   Con  riferimento,  quindi,  all'attuale  procedimento, la questione
 prospettata e' rilevante  con  riferimento  agli  imputati  Scapecchi
 Andrea  e Bistonte Claudio nei cui confronti questo giudice ha emesso
 nel  corso  delle  indagini  preliminari  la  misura  della  custodia
 cautelare in carcere.
   Nei   confronti  di  tali  imputati,  va  quindi  disposta,  previa
 separazione degli atti, la sospensione del procedimento  ex  art.  23
 legge n. 87/1953.