LA CORTE DI APPELLO
   Letta la dichiarazione di ricusazione proposta in data  19  gennaio
 1996 da Lupoli Marcantonio nei confronti dei giudici Carlo Alessandro
 Modestino  e  Adriana Costabile, componenti il collegio della seconda
 sezione penale del tribunale  di  Reggio  Calabria  nel  procedimento
 penale n. 26/96 R.G.T.;
   Letti gli atti del procedimento;
   Letto il parere del p.g.;
   Ritenuto,  in  fatto,  che  i predetti magistrati hanno composto il
 collegio penale del tribunale di Reggio Calabria che  in  data  11-12
 maggio  1995  ha  rigettato  l'istanza  di  riesame dell'ordinanza 12
 settembre 1994 del giudice per le indagini preliminari del  tribunale
 di  Reggio  Calabria,  con  la  quale e' stata applicata al Lupoli la
 misura coercitiva della custodia cautelare in carcere;
   Ritenuto, in diritto, che non appare  manifestamente  infondata  la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma,
 del  codice  di  procedura  penale  nella  parte  in  cui non prevede
 l'incompatibilita'  a  partecipare  al  giudizio  dibattimentale  del
 giuduce che ha pronunciato o concorso a pronunciare una decisione del
 tribunale  del  riesame di cui all'art. 309 del c.p.p., sollevata dal
 Lupoli in riferimento  agli  artt.  3  e  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione;
   Ritenuto,  infatti,  che  e'  anzitutto  evidente  la disparita' di
 trattamento tra l'imputato che  viene  giudicato  da  magistrati  che
 hanno  gia'  ritenuto  sussistenti  a  suo  carico  gravi  indizi  di
 colpevolezza legittimanti l'adozione di un provvedimento cautelare, e
 quello nei cui confronti una tale valutazione non  sia  stata  ancora
 formulata;
   Ritenuto  altresi'  che  si  profila  nella  fattispecie  anche  un
 contrasto con  l'art.  24,  secondo  comma,  della  Costituzione  per
 violazione   del  diritto  di  difesa  dell'imputato,  in  quanto  la
 valutazione  conclusiva  sulla  responsabilita'  di  costui  potrebbe
 essere  condizionata  dalla  c.d.  forza  della prevenzione, cioe' da
 quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso od  un
 atteggiamento  gia'  assunto  nell'ambito  del  medesimo procedimento
 (cfr. in questo senso sentenza n. 432/1995 della Corte costituzionale
 in data 15 settembre 1995);
   Ritenuto peraltro che le considerazioni  che  avevano  ispirato  le
 precedenti  contrarie  pronuce della Corte costituzionale in subiecta
 materia (cfr. tra le altre sentenze 30 dicembre 1991, n. 502, secondo
 cui  la  valutazione  del  giudice  del  riesame  sarebbe   meramente
 indiziaria  e  mirerebbe,  in  cio'  esaurendosi, alla verifica delle
 condizioni che legittimano la provvisoria restrizione della liberta')
 sono divenute meno persuasive, a seguito dell'entrata in vigore della
 legge  8  agosto  1995,  n.  332, la quale, accentuando ancor piu' il
 carattere  di  eccezionalita'  dei  provvedimenti  limitativi   della
 liberta'   personale   disposti   prima   della   condanna,  comporta
 indubbiamente una maggiore incisivita' della valutazione del giudice,
 sempre piu' assimilabile ad una decisione di merito sulla  fondatezza
 dell'accusa;
   Ritenuto  pertanto  che  il  procedimento  de  quo  non puo' essere
 definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., non
 potendosi nella subiecta materia fare ricorso ad una  interpretazione
 analogica od estensiva della predetta disposizione.