IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nel  giudizio  instaurato  col
 ricorso  n.  1647  del  1995,  proposto dall'impresa Mortellaro dott.
 Giuseppe,  in  persona  del   suo   titolare   Mortellaro   Giuseppe,
 rappresentata e difesa dagli avvocati Vito Candia e Alessandro Cinti,
 ed  elettivamente  domiciliata, in Bologna, alla via Garavaglia n. 8,
 presso   il   secondo   dei   detti   difensori;   contro   l'Azienda
 municipalizzata  gas  acqua  di  Ravenna,  in  persona del suo legale
 rappresentante  pro-tempore  rappresentata  e  difesa   dall'avvocato
 Roberto  Miniero  ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello
 stesso, in Bologna, via Mazzini n. 2/3; e nei confronti  dell'impresa
 ACMAR,  soc.  coop.  a  r.l.,  in  persona  del legale rappresentante
 pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mirca  Tognacci  e
 Roberto  Fariselli  ed  elettivamente  domiciliata in Bologna, via S.
 Stefano, 103, presso l'avv. Alessandra Albertazzi; per l'annullamento
 previa sospensione dell'esecuzione:
     1) della deliberazione n. 13/150 adottata il 20 maggio 1995 dalla
 commissione amministrativa dell'Azienda municipalizzata gas acqua  di
 Ravenna  (AMGA)  -  e  della  relativa  nota di comunicazione n. P.G.
 8312-L176 del 31 maggio 1995 recapitata il 2-3 giugno 1995 -  con  la
 quale  e' stata annullata la aggiudicazione provvisoria proclamata il
 24 aprile 1995  in  favore  dell'impresa  Mortellaro  dott.  Giuseppe
 dell'appalto  dei  lavori  di  "estensione  reti gas acqua e relative
 prese d'utenza nei nuclei del forese di Ca' della Vida, S. Stefano  -
 Carraie,  Osteria, Beveta, Campiano, S. Bartolomeo, Villa Castellani,
 Ca' Focaccia, Savarna, Coccolia, S.P. in Vincoli,  Ravenna,  Lido  di
 Dante,  Rampina  2  stralcio  -  1  lotto  e 2 sublotto gas-acqua e 3
 sublotto acqua", ed e' stata disposta la esclusione dalla gara  delle
 imprese  Milioti  Costruzioni  S.r.l., Comil S.r.l. (gia' De Santis),
 Mortellaro dott. Giuseppe, F.D.N. Costruzioni S.r.l. Liso Costruzioni
 S.a.s.  e Lita S.r.l., con conseguente aggiudicazione in favore della
 soc.  coop. a r.l. ACMAR;
     2) del parere espresso dall'Ufficio affari generali - Area legale
 dell'AMGA in data 28 aprile 1995;
     3)  della   deliberazione   della   commissione   amministratrice
 dell'AMGA  del  29  aprile  1995  con la quale, sulla base del parere
 suddetto,  e'  stato  deciso  di  non  procedere   all'aggiudicazione
 dell'appalto in questione alla impresa dott. Giuseppe Mortellaro e di
 rinviare gli atti alla commissione giudicatrice per l'approfondimento
 dell'esame  della  documentazione  presentata dalle precitate imprese
 Milioti, Comil, Mortellaro,  F.D.M.,  Liso  e  Lita,  ai  fini  della
 eventuale loro esclusione dalla gara;
     4)   del   verbale   della   seconda   seduta  della  commissione
 giudicatrice, con la quale in data 11 maggio 1995 e' stato deciso  di
 sottoporre    alla   commissione   amministratrice   l'adozione   dei
 provvedimenti di  esclusione  delle  dette  imprese  dalla  gara,  di
 rideterminazione della media e di aggiudicazione dell'appalto;
     5)  dei  provvedimenti  (contenuto e data ignoti) di approvazione
 degli atti di gara;
     6) degli atti connessi, presupposti e conseguenziali;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto gli atti di costituzione in giudizio della resistente Azienda
 municipalizzata e della controinteressata ACMAR;
   Viste le memorie difensive delle parti;
   Visto il decreto presidenziale n.1090 del 20  ottobre  1995  ed  il
 reclamo  al  collegio mosso avverso lo stesso dall'impresa Mortellaro
 in data 25 ottobre 1995;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi alla Camera di consiglio del 16 novembre  1995,  relatore  il
 dott. Domenico Lundini, gli avvocati Cinti per la ricorrente, Miniero
 per  l'azienda  municipalizzata gas e acqua di Ravenna e Tognacci per
 l'ACMAR;
   Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
                               F A T T O
   Con  bando  del  25  novembre  1994, pubblicato all'Albo pretorio e
 all'Albo aziendale dal 14 dicembre 1994 al 2 gennaio 1995,  l'Azienda
 municipalizzata  gas  e  acqua  di  Ravenna  ha  indetto una gara per
 l'appalto di lavori di estensione reti gas  acqua  e  relative  prese
 d'utenza in alcuni nuclei del forese del territorio di pertinenza. Ha
 precisato  che l'aggiudicazione sarebbe avvenuta mediante licitazione
 privata con le modalita' previste dall'art. 1, lettera d) della legge
 2 febbraio 1973, n. 14 con esclusione delle offerte in aumento e  col
 metodo di cui all'art. 4 della legge suddetta.
   In  esito all'espletamento della licitazione di cui trattasi tra le
 ditte invitate, il presidente della gara, in data 26 aprile 1995,  ha
 dichiarato  vincitrice  della  gara  stessa la ditta Mortellaro dott.
 Giuseppe, per il corrispettivo di L. 720.176.871 al netto del ribasso
 del 21,47% sull'importo a base d'asta, e ha rinviato alla Commissione
 amministratrice    dell'azienda    la    definitiva    aggiudicazione
 dell'appalto.    Detta  commissione, peraltro, su parere dell'ufficio
 legale, ha dapprima  restituito  gli  atti  al  seggio  di  gara  per
 approfondimenti  in  merito  all'esistenza  di  indici  afferenti  ad
 eventuali rapporti di collegamento tra diverse ditte  concorrenti,  e
 quindi,  esaminato  il verbale della seconda seduta della licitazione
 esperita in data 11 maggio 1995, ha deliberato (tra l'altro)  di  non
 approvare   e   invece   di  annullare  l'aggiudicazione  provvisoria
 proclamata  in  favore  della  ditta  Mortellaro;  di  accogliere  le
 proposte  alternative  formulate dal seggio di gara nel verbale della
 seconda  seduta,  con  conseguente  esclusione,  per  i  rapporti  di
 collegamento di seguito specificati, delle ditte: Milioti Costruzioni
 S.r.l.  di  Favara  (Agrigento) e Comil S.r.l. (identita' tra la sede
 legale della prima e la sede  amministrativa  della  seconda;  delega
 allo  stesso  soggetto  ad  effettuare il sopralluogo richiesto dalla
 lettera d'invito;  coesistenza  in  capo  a  Milioti  Giuseppe  della
 qualita'  di  socio  della  Milioti Costruzioni e di amministratore e
 direttore tecnico della  Comil;  rapporto  di  parentela,  in  quanto
 fratelli,  tra  Milioti  Giovanni,  socio, amministratore e direttore
 tecnico della Milioti S.r.l., e Milioti  Giuseppe,  amministratore  e
 direttore  tecnico della Comil); impresa Mortellaro Giuseppe e F.D.M.
 Costruzioni S.r.l.   (delega per sopralluogo  al  medesimo  soggetto;
 rapporto  di  parentela  di  primo  grado tra il titolare e direttore
 tecnico dell'impresa Mortellaro  e  gli  amministratori  e  direttori
 tecnici  della  F.D.M.;  identita'  tra  la  sede legale dell'impresa
 Mortellaro e la residenza degli amministratori  e  direttori  tecnici
 della  F.D.M.);  della Liso Costruzioni S.a.s.  e Lita S.r.l. (delega
 per sopralluogo  al  medesimo  soggetto;  esistenza  di  rapporti  di
 parentela  tra  socio  accomandante  della  Liso  e  amministratore e
 direttore tecnico della Lita). Ha deliberato altresi' di escludere la
 Comil perche' la  domanda  di  partecipazione  alla  gara  era  stata
 presentata  dalla ditta De Santis quando aveva gia' modificato la sua
 ragione sociale in Comil S.r.l.
   Indi la ripetuta commissione, con l'impugnata  delibera  20  maggio
 1995,  tenuto  conto  della nuova media delle offerte, ha aggiudicato
 definitivamente i lavori alla ditta ACMAR di Ravenna,  per  l'importo
 netto contrattuale di L. 790.699.730.
   Avverso  gli  atti  indicati  in  epigrafe  si  e' gravata peraltro
 l'impresa Mortellaro col ricorso n. 1647/1995, deducendo:  violazione
 e  falsa  applicazione  dell'art. 2359 cod. civ., nonche' degli artt.
 2472 e 2313 c.c. Violazione dell'art. 2473 del  cod.  civ.  Errata  e
 falsa  applicazione  dell'art.  2  della  lettera  invito. Eccesso di
 potere per difetto di istruttoria, per falsita' di  presupposti,  per
 ingiustizia  manifesta,  per  sviamento dell'interesse pubblico e per
 derivazione.    La  illegittimita'  e  pretestuosita'  dei   ritenuti
 "collegamenti"  sarebbero  di palmare evidenza, atteso che le nozioni
 di controllo e collegamento tra societa' sono previste dall'art. 2359
 del cod. civ. e nella specie  nessuna  delle  imprese  costituite  in
 forma  societaria  possiede  o  detiene  quota  di  altra  societa' e
 conseguentemente  non  sussiste  il  presupposto  per  ipotizzare  la
 sostanziale  unitarieta'  della conduzione economica di piu' societa'
 strategicamente aggregate, ossia del  fenomeno  che  da'  luogo  alla
 fattispecie  cui  si  riferisce  l'art.  2359  del cod.   civ. Ne' la
 suddetta fattispecie,  in  carenza  dei  presupposti  previsti  dalla
 legge, potrebbe farsi derivare dalla identita' di sede tra societa' o
 tra  sede  di  una  ditta individuale con il luogo di residenza degli
 amministratori di una societa' di capitali. Ne' potrebbe  attribuirsi
 rilevanza  alla circostanza, dettata da ragioni di economia, che piu'
 imprese  hanno  delegato  un  medesimo  soggetto  per  effettuare  il
 "sopralluogo"  previsto  dalla  lettera  invito,  o  ai  rapporti  di
 parentela tra legali rappresentanti di singole societa' dotate o  non
 di  personalita' giuridica.  Infatti le societa' di capitali ed anche
 le societa' in accomandita semplice sono soggetti  autonomi  rispetto
 alle persone dei soci.
   Anche  il  motivo  di esclusione della impresa Comil S.r.l. sarebbe
 palesemente illegittimo, in quanto il mutamento  della  denominazione
 sociale  non  incide sulla soggettivita' della societa', che resta la
 medesima.
   I provvedimenti impugnati sarebbero anche conseguenti a istruttoria
 carente;  essi  si   baserebbero   su   presupposti   inesistenti   e
 sembrerebbero  determinati  da  un  fine  discriminatorio e riduttivo
 della partecipazione.  L'atto di esclusione delle sei imprese  citate
 vizierebbe   poi   anche   tutti   gli   altri  successivi  impugnati
 provvedimenti.
   L'amministrazione e l'ACMAR si sono costituite in giudizio ed hanno
 controdedotto ex adverso.
   La controinteressata ACMAR, peraltro, unitamente  al  controricorso
 depositato  il  18 ottobre 1995, ha presentato istanza ex art. 3-bis,
 comma terzo,  della  legge  11  febbraio  1994,  n.  109,  nel  testo
 introdotto dall'art. 9 del d.-l. 3 aprile 1995, n. 101, convertito in
 legge 2 giugno 1995, n. 216, chiedendo che il giudizio venisse deciso
 nel  merito  senza  anticipato  esame dell'istanza cautelare proposta
 dalla ricorrente e, conseguentemente, che venisse fissata udienza  di
 trattazione del merito.
   Alla  seduta  di camera di consiglio del giorno 19 ottobre 1995, il
 presidente della sezione e della seduta, sentiti le diverse tesi  dei
 difensori della ricorrente, da una parte, e della controinteressata e
 dell'amministrazione, dall'altra, in ordine alla necessita' o meno di
 farsi  luogo  all'esame  dell'istanza  cautelare,  in  presenza della
 richiesta ex art. 9, d.-l. n. 101/1995, ha dapprima sospeso la seduta
 stessa  riservandosi  di  decidere sulla questione preliminare. Indi,
 con decreto presidenziale, espressamente  dichiarato  reclamabile  al
 collegio, n. 1090/1995, depositato in segreteria il successivo giorno
 20 ottobre 1995, ha rilevato che il terzo comma dell'art. 9 del d.-l.
 n.  101  del  3  aprile  1995,  dev'essere interpretato "nel senso di
 consentire la facolta' di permutare la trattazione cautelare  con  la
 trattazione del merito a breve".
   Quindi,  fissata l'udienza di merito al giorno 30 novembre 1995, ha
 dichiarato improcedibile la domanda cautelare proposta in ordine alla
 controversia in epigrafe.
   In data 25  ottobre  1995  la  ricorrente  ha  tuttavia  presentato
 reclamo  al  collegio  avverso  il  decreto presidenziale di cui s'e'
 detto, al fine di ottenerne la  riforma,  sostenendo  che  l'art.  9,
 terzo  comma,  della  legge  2  giugno  1995,  n. 216 non puo' essere
 interpretato nel senso che l'istanza, da tale  norma  consentita,  di
 decisione  nel  merito  impedisce  che  si possa decidere anche sulla
 questione cautelare, quando la relativa camera di consiglio sia stata
 gia'  fissata,  pena  una  irragionevole  disparita'  di  trattamento
 derivante dalla mera iniziativa delle parti.
   In  via  subordinata  ha  eccepito  l'illegittimita' costituzionale
 della norma predetta richiamandosi al contenuto e alle motivazioni di
 cui all'ordinanza  del  n.  47  del  30  agosto  1995  del  tribunale
 amministrativo  regionale  della  Lombardia con la quale essa e' gia'
 stata rinviata alla Corte costituzionale. Ha sollevato poi  ulteriori
 profili  d'illegittimita'  della ripetuta disposizione per violazione
 dell'art.  3   della   Costituzione,   atteso   che   essa,   secondo
 l'interpretazione   resa  nel  decreto  presidenziale  in  questione,
 produrrebbe i suoi effetti su situazioni dissimili.   Infatti  per  i
 lavori al di sotto dell'importo comunitario verrebbe negato nei fatti
 il  rimedio,  alternativo  al  ricorso, di cui all'art.  12, legge n.
 142/1992 e alla direttiva CEE n. 89/665,  e  non  sarebbe  consentita
 tutela risarcitoria.
   In   ordine   al   detto   reclamo,   chiedendone  il  rigetto,  ha
 controdedotto l'ACMAR.
   Alla camera di consiglio del 16 novembre 1995, sono stati sentiti i
 difensori delle  parti.  Il  patrono  dell'amministrazione  ha  anche
 adombrato l'illegittimita' costituzionale della norma in questione in
 quanto  essa  consentirebbe al controinteressato di far soggiacere la
 p.a. alla sua iniziativa. Indi la questione sottoposta al collegio e'
 stata assunta in decisione.
                             D I R I T T O
   1.  -  Nell'ambito  del  procedimento  giurisdizionale   instaurato
 dinanzi  a  questo  tribunale amministrativo regionale col ricorso in
 epigrafe la ricorrente impresa  Mortellaro  dott.  Giuseppe  avanzava
 istanza   di   sospensione   dell'esecuzione   degli  atti  impugnati
 (sostanzialmente:    deliberazione  in  data  20  maggio  1995  della
 Commissione amministratrice dell'Azienda municipalizzata gas acqua di
 Ravenna  di  annullamento dell'aggiudicazione provvisoria in un primo
 tempo proclamata in favore della ricorrente in esito  all'esperimento
 della licitazione privata per l'affidamento dei lavori di "estensione
 reti  gas  acqua  e  relative  prese d'utenza"; esclusione dalla gara
 suddetta dell'impresa Mortellaro e di altre cinque ditte partecipanti
 per ravvisati rapporti di "collegamento" tra  le  ditte  stesse,  con
 rideterminazione    della   media   delle   offerte   e   conseguente
 aggiudicazione definitiva dei lavori alla soc. coop.  a r.l. ACMAR di
 Ravenna).
   Peraltro  il 18 ottobre 1995 - giorno precedente quello fissato per
 la  camera  di  consiglio  di  esame  dell'istanza  cautelare  -   la
 controinteressata  ACMAR  depositava  istanza  ex  art. 31-bis, terzo
 comma, della legge 11 febbraio 1994, n.  109,  nel  testo  introdotto
 dall'art.  9  del d.-l.  3 aprile 1995, n. 101, convertito in legge 2
 giugno 1995,  n.  216,  con  la  quale,  avvalendosi  della  facolta'
 riconosciutale  dalla  detta norma, chiedeva che la questione venisse
 decisa nel merito.
   A seguito di cio' il presidente della sezione, sentiti i  difensori
 delle  parti nella seduta di camera di consiglio del 19 ottobre 1995,
 rilevava, con decreto n. 1090 del 20 ottobre 1995, che  la  norma  in
 questione doveva essere intesa nel senso di consentire la facolta' di
 permutare  la  trattazione cautelare con la trattazione del merito "a
 breve" e quindi, fissata l'udienza di merito per il 30 novembre 1995,
 dichiarava improcedibile l'istanza cautelare.
   Avverso tale  decreto  presentava  reclamo  al  collegio  l'impresa
 Mortellaro    chiedendone    motivatamente    la    riforma   ovvero,
 subordinatamente,  la  rimessione  alla  Corte  costituzionale  della
 questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 9, terzo comma,
 citato, per i profili evidenziati in narrativa.
   2.  -  Il  reclamo  in  questione  va  preliminarmente   dichiarato
 ammissibile,  atteso  che  quando  non  sia previsto un diverso mezzo
 d'impugnazione avverso i  provvedimenti  dell'organo  giurisdizionale
 monocratico,   esso   costituisce   il   rimedio   normale  contro  i
 provvedimenti  stessi,   rispondendo   al   principio   generale   di
 organicita', speditezza ed economia processuale.
   3.  -  La  questione  di diritto sottoposta al collegio col reclamo
 suddetto,  sul  quale  si  deve  decidere   (al   fine   di   passare
 eventualmente  all'esame  dell'istanza  cautelare),  e'  quella della
 corretta interpretazione dell'art.  9,  terzo  comma,  del  d.-l.  n.
 101/1995.    Recita  tale  disposizione:  "Nei giudizi amministrativi
 aventi ad oggetto controversie  in  materia  di  lavori  pubblici  in
 relazione  ai  quali  sia  stata  presentata domanda di provvedimento
 d'urgenza, i controinteressati e l'amministrazione resistente possono
 chiedere che la questione venga decisa nel  merito.  A  tal  fine  il
 presidente fissa l'udienza per la decisione della causa che deve aver
 luogo   entro  novanta  giorni  dal  deposito  dell'istanza.  Qualora
 l'istanza sia proposta all'udienza gia' fissata  per  la  discussione
 del  provvedimento d'urgenza, il presidente del collegio fissa per la
 decisione nel merito una nuova udienza  che  deve  aver  luogo  entro
 sessanta  giorni  e  autorizza  le  parti  al  deposito  di memorie e
 documenti fino a quindici giorni prima dell'udienza  stessa".    Cio'
 stante,  si tratta in questa sede di stabilire se la presentazione di
 un'istanza di decisione nel merito precluda oppure no l'esercizio del
 potere del giudice adito di sospensione dei provvedimenti  impugnati.
 Sullo  specifico  punto  il collegio ritiene che l'interpretazione di
 tale disposizione contenuta nel decreto  presidenziale  n.  1090/1995
 sia  ineccepibile  e  quindi  da  confermare.    Pur  nel  difetto di
 un'esplicita previsione al riguardo sembra infatti al collegio stesso
 che  la  ripetuta  norma   stabilisca   chiaramente   che,   con   la
 presentazione  della detta istanza, resti interdetta, pur nel ricorso
 dei presupposti di cui all'art. 21 della legge 6  dicembre  1971,  n.
 1034,  la  possibilita'  di  sospendere  i provvedimenti impugnati da
 parte del giudice amministrativo.  Ed in effetti appare evidente  che
 nella  norma  in  questione  la  finalita'  ,  rispondente  al comune
 interesse di tutti i protagonisti della vicenda giudiziaria, di  mera
 accelerazione  delle  controversie  in materia di lavori pubblici, si
 coniuga   con   la   tutela   dell'interesse,    piu'    circoscritto
 soggettivamente,   all'ultimazione   dei  lavori  senza  intralci  ed
 interruzioni   che   non   siano   quelli   rivenienti   dal   sicuro
 riconoscimento dell'illegittimita' dell'operato dell'amministrazione.
   A  tal fine il legislatore ha previsto un meccanismo di "scambio" o
 "permuta" della fase di trattazione dell'incidente cautelare  con  la
 definizione  del  merito  stesso  della controversia in tempi brevi e
 comunque   tali   da   assicurare,   nella   ratio   legis,    l'equo
 contemperamento  degli  interessi del ricorrente (da una parte) a non
 vedere pregiudicata definitivamente la propria posizione, con  quelli
 dell'amministrazione   e   del  controinteressato  (dall'altra)  alla
 prosecuzione  dei  lavori  nelle   more   della   definizione   della
 legittimita'  e  regolarita'  della posizione acquisita in virtu' dei
 provvedimenti impugnati.
   Ne' puo' ritenersi che vi sia differenza di disciplina,  sul  punto
 in  questione,  tra  l'ipotesi  in  cui la richiesta di decisione nel
 merito sia prodotta prima della fissazione della camera di  consiglio
 per  la  discussione  dell'istanza  cautelare  e  quella  in cui tale
 richiesta  sia  prodotta  a  camera   di   consiglio   gia'   fissata
 (persistendo,  secondo  la  ricorrente,  almeno  nel secondo caso, il
 potere  dovere  del   giudice   di   pronunciarsi   sull'istanza   di
 sospensiva),  dal  momento  che  ad  entrambe  le  fattispecie  resta
 applicabile la disposizione generale ed  omnicomprensiva  di  cui  al
 primo  periodo  del terzo comma dell'art. 9, in base al quale, quando
 vi sia comunque domanda di provvedimento d'urgenza, la  questione,  a
 richiesta  dell'amministrazione  o  dei  controinteressati, va decisa
 direttamente nel merito, e quindi con elisione  completa  della  fase
 cautelare.
   4.  -  Da  tale  lettura, che appare l'unica possibile, della norma
 ridetta,  conseguirebbe  inevitabilmente  il  rigetto  del  "reclamo"
 proposto  dalla  ricorrente impresa Mortellaro, ma il collegio reputa
 di dover soprassedere da una pronuncia in tal  senso,  ritenendo  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 9, terzo comma, del d.-l. n. 101/1995, nella parte  in  cui
 implicitamente  introduce il divieto per il giudice amministrativo di
 sospendere  i  provvedimenti  impugnati.    Per  questo  aspetto,  in
 effetti,  la  possibile  e  pervero del tutto legittima esecuzione da
 parte dell'amministrazione degli  atti  gravati  puo'  tradursi,  nel
 difetto   di   una   tempestiva  sospensiva,  in  una  definitiva  ed
 irreversibile  lesione  degli  interessi  sostanziali   delle   parti
 ricorrenti,  alle  quali  resterebbe  precluso di poter realizzare in
 tutto o in parte l'opera illegittimamente  appaltata  a  terzi.    Va
 tenuto  infatti  conto  che,  anche  in  presenza  del  piu' rigoroso
 rispetto dei termini stabiliti dal legislatore da parte  del  giudice
 amministrativo,  al tempo strettamente necessario per la fissazione e
 l'esame del merito della controversia  va  comunque  aggiunto  quello
 assegnato  dalla legge per il deposito della relativa sentenza, senza
 considerare poi i tempi eventualmente necessari per l'espletamento di
 sempre possibili incombenti istruttori e di quelli occorrenti per  la
 definizione  del  secondo  grado di giudizio, per il quale, di fronte
 all'interpretazione  sopra  illustrata  della  norma  in   questione,
 potrebbe  ritenersi  inapplicabile  lo  stesso  art. 33, terzo comma,
 della legge 6 dicembre 1971, n.  1034,  in  funzione  di  un'identica
 esigenza  di rapida decisione nel merito anche da parte del Consiglio
 di Stato (cfr. T.A.R. Lombardia, MI, III, ord. n. 47  del  30  agosto
 1995).    Il rischio quindi di una realizzazione dell'opera nel corso
 del processo non sembra un'ipotesi astratta, soprattutto  per  lavori
 di  non  grandissimo  rilievo (in termini, T.A.R. Lombardia, MI, III,
 ordinanza citata).   Di fronte a  tempi  processuali  non  facilmente
 gestibili  e  destinati  a  protrarsi  al  di  la' di quanto forse il
 legislatore ha ipotizzato, sembra dunque al collegio  che  l'art.  9,
 terzo  comma,  del  d.-l. n.   101/1995, convertito in legge 2 giugno
 1995, n.  216,  sia  in  contrasto  con  gli  art.  24  e  113  della
 Costituzione,  considerato che la garanzia della tutela dei diritti e
 degli   interessi    legittimi    deve    avere    la    connotazione
 dell'effettivita',  risultando  altrimenti la tutela stessa meramente
 nominale e fittizia (vedi ordinanza citata).   E se e'  vero  che  la
 tutela  cautelare  non  e'  in  se  stessa  costituzionalizzata e non
 inerisce quindi ad ogni tipo di giudizio, e' anche vero che essa deve
 ritenersi  pero'  coessenziale  e  connaturata   alla   giurisdizione
 amministrativa  di annullamento, per la quale non vale il meccanismo,
 proprio  di  altre   giurisdizioni,   della   sicura   reintegrazione
 successiva del diritto violato, e quindi, a fronte dell'esecutorieta'
 ed  imperativita' che connotano ontologicamente l'atto amministrativo
 lesivo  di  interessi  legittimi,  solo  la   sospensione   cautelare
 dell'atto  stesso  puo'  evitare  un  pregiudizio spesso irreparabile
 della posizione  e  degli  interessi  sostanziali  del  ricorrente  e
 consentire  a  questi di pervenire alla definizione della vertenza re
 adhuc integra.  Ne' puo' ritenersi che  l'eventuale  possibilita'  di
 dar  successivamente  inizio ad un processo davanti all'A.G.O. per il
 risarcimento del danno sia di per se' sufficiente ad  apprestare,  ai
 sensi  delle  richiamate  norme  costituzionali, un'adeguata garanzia
 alternativa sul piano giurisdizionale.  Infatti,  se  la  tutela  cui
 fanno riferimento i principii costituzionali dev'essere effettiva, e'
 evidente  che  cio'  non  puo'  aversi  se  non col conseguimento del
 vantaggio auspicato, rispetto al quale il succedaneo dell'equivalente
 pecuniario a titolo di risarcimento del danno  rappresenta  solo  una
 parte  dello specifico interesse sostanziale inizialmente perseguito.
 Il risarcimento per equivalente e' insomma sempre qualcosa di diverso
 e  di  secondario   rispetto   all'oggetto   finale   della   pretesa
 (aggiudicazione  dell'appalto)  e cio' tanto piu' quando, come spesso
 accade, il danno attenga alla lesione di un interesse "strumentale" e
 quindi di  una  mera  "aspirazione"  del  soggetto  ad  un  vantaggio
 definitivo,  con  conseguente  risarcimento  in  questo caso del solo
 danno derivante da c.d. "perdita di chance".  Va considerato  inoltre
 che  il  risarcimento  del  danno  in  materia  di  appalti di lavori
 pubblici e' previsto dall'art. 13 della legge 19  febbraio  1992,  n.
 142  per  le sole violazioni del diritto comunitario o delle relative
 norme interne di  recepimento,  sicche'  tale  risarcimento  potrebbe
 anche  essere  negato per gli appalti d'importo inferiore alla soglia
 comunitaria (oltretutto la norma contenuta nell'art.  32 della  legge
 11   febbraio   1994,   n.  109,  che  aveva  sostanzialmente  esteso
 l'applicabilita' dell'art. 13 sopra citato all'intera  materia  delle
 opere   pubbliche,   e'  stata  eliminata  nella  nuova  formulazione
 dell'art. 32 suddetto recata dalla legge  n.  216/1995).  Sotto  tale
 profilo  quindi  l'eliminazione della tutela cautelare disposta dalla
 norma sospettata d'incostituzionalita' appare anche in contrasto  con
 l'art.  3  della  Costituzione,  applicandosi ugualmente a situazioni
 diverse,  appalti  d'importo  superiore  e  inferiore   alla   soglia
 comunitaria,  ma  con  effetti  piu'  gravi nella seconda delle dette
 ipotesi.  Da ultimo l'art. 9, terzo comma, che ne occupa, appare,  ad
 avviso  di  questo  collegio,  nella parte in cui comporta l'elisione
 della  fase  cautelare  del  giudizio  amministrativo  a  seguito  di
 un'istanza  di  decisione  del  merito  avanzata  anche  soltanto dal
 controinteressato,   ulteriormente    in    contrasto    con    norme
 costituzionali  e  precisamente con l'art. 97 della Costituzione, dal
 momento che obbliga  la  stessa  l'amministrazione,  che  e'  poi  la
 diretta  portatrice  dell'interesse  pubblico, a soggiacere alla mera
 iniziativa del controinteressato,  e  cio'  anche  quando  motivi  di
 opportunita',    prudentemente   apprezzabili   dall'amministrazione,
 indurrebbero altrimenti quest'ultima  a  preferire,  sin  dalla  fase
 cautelare,   il  vaglio  del  giudice  amministrativo  sulla  vicenda
 contestata,  piuttosto  che   prendere   comunque   un   rischio,   o
 dell'esecuzione di un atto sub judice o dell'intervento in autotutela
 sull'atto stesso.
   5.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  come  sopra
 delineata, oltre ad  essere  non  manifestamente  infondata,  e'  poi
 ovviamente rilevante, dipendendo dalla sua risoluzione, in un senso o
 nell'altro, la decisione del "reclamo" che ne occupa e quindi l'esame
 o meno dell'istanza cautelare.
   E la questione resta rilevante anche dopo il passaggio in decisione
 della  causa  a  seguito  della  udienza  di  discussione  del merito
 tenutasi il 30 novembre 1995, atteso che  nella  relativa  camera  di
 consiglio  dello  stesso  giorno  (in  cui  questo  collegio ha anche
 proceduto ad ulteriore esame della  presente  questione)  sono  stati
 disposti  incombenti istruttori e quindi, non essendo ancora definita
 la causa, permangono  la  possibllita'  e  l'interesse  ad  un  utile
 espletamento della fase cautelare del giudizio stesso.
   6.  -  Alla  stregua  delle  considerazioni  che  precedono, questo
 tribunale dichiara ammissibile il reclamo proposto al collegio  dalla
 ricorrente;  sospende  peraltro  l'esame  dello stesso ed il giudizio
 cautelare  (ferma  dunque  restando  allo  stato   l'improcedibilita'
 dell'istanza  di  sospensione  degli  atti  impugnati e salvo riesame
 della  medesima  istanza  a  seguito  della  pronuncia  della   Corte
 costituzionale); rimette gli atti alla Corte stessa per l'esame della
 questione  sollevata  e,  per l'ipotesi che la relativa pronuncia non
 intervenga prima della decisione definitiva di merito  da  parte  del
 T.A.R. della controversia in epigrafe, dispone la formazione di copia
 autentica  degli  atti  da trattenere per l'ulteriore trattazione del
 merito della causa dopo l'espletamento  dell'istruttoria  decisa  dal
 tribunale alla camera di consiglio del 30 novembre 1995.