ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 511, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 29 marzo 1995 dal Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, nel procedimento penale a carico di Bau' Alessandro ed altri, iscritta al n. 358 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1995; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 1996 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che il Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione, dell'art. 511, primo comma, del codice di procedura penale, "nella parte in cui prevede il potere-dovere del giudice di dare lettura dei verbali delle prove assunte nello stesso procedimento penale in fase dibattimentale da diverso giudice successivamente dichiaratosi incompatibile per ritenuta diversita' del fatto"; che il giudice a quo premette che gli imputati erano stati inizialmente citati a giudizio dinanzi a diverso pretore, il quale, all'esito del dibattimento, aveva disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero per ritenuta diversita' del fatto; successivamente, gli imputati venivano nuovamente citati a giudizio dinanzi allo stesso pretore che, in applicazione della sentenza di questa Corte n. 455 del 1994, si asteneva per incompatibilita'; il procedimento perveniva alfine all'attuale remittente, il quale, effettuata l'istruzione dibattimentale (consistita, in pratica, in una rinnovazione del precedente dibattimento), sollevava la questione nei termini sopra indicati; che, ad avviso del giudice a quo il denunciato obbligo di lettura, con conseguente utilizzabilita' dei verbali della pregressa fase dibattimentale svoltasi dinanzi al primo giudice, comporta "gravi incongruenze e distonie rispetto ai principi generali posti a fondamento del codice di rito"; che, in particolare, sarebbe irragionevole (art. 3 della Costituzione) considerare rispettosa del principio di immutabilita' del giudice la semplice operazione formale della lettura degli atti, con conseguente introduzione, all'interno della fase dibattimentale, di una sorta di istruzione scritta; inoltre, risulterebbero lesi i principi dell'oralita' e dell'immediatezza del dibattimento, sanciti nelle direttive numeri 2 e 66 della legge di delega, con violazione, quindi, dell'art. 76 della Costituzione; che il remittente osserva ulteriormente che, qualora la disciplina censurata dovesse ritenersi legittima, sarebbe allora irragionevole, lesivo della direttiva della massima semplificazione del rito pretorile (art. 2, numero 103, della legge di delega), nonche' del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (con violazione, pertanto, degli artt. 3, 76 e 97 Cost.), l'aver previsto la possibilita' di assumere una seconda volta i testimoni gia' esaminati in precedenza sui medesimi fatti; e che sarebbe altresi' irragionevole la permanenza dei verbali delle prove assunte nella prima fase di istruzione dibattimentale nel fascicolo per il dibattimento, "posto che tale istruzione non potrebbe non essere ritenuta strettamente collegata al primo decreto di citazione, poi superato dal secondo emesso a seguito della trasmissione degli atti stessi"; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata, in quanto, a suo avviso, la norma impugnata, contrariamente alla tesi del remittente, non andrebbe interpretata nel senso di imporre - almeno nel caso di specie - la lettura degli atti del primo dibattimento. Considerato che l'eccezione di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura dello Stato, consistendo nel rilevare un presunto errore interpretativo sulla norma impugnata commesso dal giudice a quo attiene, in realta', al merito della questione; che occorre, innanzitutto, rilevare che dal dispositivo dell'ordinanza di rimessione (sopra testualmente riportato) risulta che il petitum e' inequivocabilmente circoscritto alla sola questione relativa all'obbligo di lettura dei verbali della pregressa fase dibattimentale; deve, di conseguenza, ritenersi che le considerazioni svolte dal remittente in ordine alla necessita' di assumere nuovamente i testimoni gia' esaminati nel precedente dibattimento, nonche' alla permanenza nel fascicolo per il dibattimento dei verbali della prima fase dibattimentale, non costituiscono autonome censure, bensi' esclusivamente argomenti addotti a sostegno dell'unica questione sollevata; che questa Corte, con la sentenza n. 17 del 1994 - premesso che il rispetto del principio di immutabilita' del giudice di cui all'art. 525, secondo comma, del codice di procedura penale impone che, in caso di mutamento del giudice stesso, si proceda alla integrale rinnovazione del dibattimento - ha gia' avuto modo di affermare che la disciplina relativa alla utilizzabilita' dei verbali dei mezzi di prova assunti in una precedente fase dibattimentale da un diverso giudice va rinvenuta nell'impugnato art. 511 del codice, dato che detti verbali fanno parte del contenuto del fascicolo per il dibattimento a disposizione del nuovo giudice; che cio' vale indubbiamente anche per il caso, come quello di specie, in cui il mutamento del giudice e' conseguito alla trasmissione degli atti al pubblico ministero da parte del primo giudice, all'esito del dibattimento, ai sensi dell'art. 521, secondo comma, del codice di procedura penale, e alla successiva astensione per incompatibilita' del giudice medesimo in applicazione della sentenza di questa Corte n. 455 del 1994 (restando ovviamente salva, in quest'ultima ipotesi, la distinta regola di cui all'art. 42, secondo comma, cod. proc. pen., circa la delimitazione dell'efficacia di singoli atti precedentemente compiuti dal giudice astenutosi); che, cio' posto, deve escludersi che la disciplina impugnata - la quale, come chiaramente risulta dal tenore letterale della norma, impone al giudice la lettura (ovvero, a certe condizioni, la sola indicazione) dei verbali di dichiarazioni, di regola dopo il nuovo esame della persona che le ha rese, con conseguente utilizzabilita' degli atti stessi ai fini della decisione - violi alcuno dei parametri costituzionali invocati; che, invero, come si e' detto nella citata sentenza n. 17 del 1994, la pregressa fase dibattimentale conserva indubbiamente il carattere di attivita' legittimamente compiuta, per cui certamente non e' irragionevole, ne' lesivo dei principi di oralita' e immediatezza del dibattimento, che la medesima, attraverso lo strumento della lettura (successivamente alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale), entri nel contraddittorio delle parti e venga recuperata ai fini della decisione; che, infine, in ordine all'invocato art. 97 della Costituzione, va ribadita l'assoluta estraneita' del principio di buon andamento e di imparzialita' dell'amministrazione al tema dell'esercizio della funzione giurisdizionale (da ultimo, sentenza n. 84 del 1996); che, in conclusione, la questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.