ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, comma 6,
 della legge 25 marzo 1993, n. 81 promosso con ordinanza emessa il  14
 e 26 luglio 1995 dal tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo
 sul   ricorso   proposto   da   Nodari   Leonardo   ed  altri  contro
 l'amministrazione comunale di Teramo ed altri, iscritta al n. 792 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visti gli atti di costituzione di Nodari Leonardo ed altri;
   Udito  nella  udienza pubblica del 5 marzo 1996 il Giudice relatore
 Renato Granata;
   Uditi gli avv.ti Pietro Referza e Paolo Barile per Nodari  Leonardo
 ed altri.
                            Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso del giudizio proposto da Nodari Leonardo ed altri
 contro l'amministrazione comunale  di  Teramo  ed  altri  -  giudizio
 avente  ad  oggetto l'annullamento della proclamazione degli eletti e
 delle operazioni elettorali per il rinnovo del consiglio comunale  di
 Teramo, sotto il profilo che, avvenuta la proclamazione dell'elezione
 alla  carica  di  sindaco,  si  e'  proceduto alla determinazione del
 numero  dei  seggi  spettante  a  ciascuna  lista  senza  far   luogo
 all'attribuzione  del  60% dei seggi del consiglio al gruppo di liste
 collegate al sindaco proclamato eletto al primo turno - il  tribunale
 amministrativo  regionale  per  l'Abruzzo  (con ordinanza del 14 e 26
 luglio 1995) ha sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 7, comma 6, della legge 25 marzo 1993, n. 81, per contrasto
 con  gli  artt.  3,  primo  comma,  48,  secondo  comma,  e  97 della
 Costituzione nella  parte  in  cui  prevede  il  conseguimento  della
 maggioranza  assoluta  (con  le  parole "ma abbia superato il 50% dei
 voti validi") quale condizione per l'attribuzione del 60%  dei  seggi
 del  consiglio  comunale  in favore delle liste o del gruppo di liste
 collegate al candidato proclamato sindaco al primo turno.
   Premette il tribunale rimettente che a seguito della  consultazione
 elettorale  svoltasi  il  23 aprile 1995 per l'elezione del sindaco e
 del consiglio comunale del comune di Teramo (che e' comune  con  piu'
 di  15.000  abitanti) e' risultato eletto al primo turno il candidato
 alla carica  di  sindaco,  Angelo  Sperandio,  avendo  conseguito  la
 maggioranza  assoluta dei voti validi. Poiche' poi il gruppo di lista
 collegato al  candidato  proclamato  sindaco  al  primo  turno  aveva
 conseguito  solo  la maggioranza relativa dei voti validi (poco oltre
 il 49%) ma non la maggioranza assoluta dei voti  validi  (cosi'  come
 prescrive l'art.  7, comma 6, cit. per l'attribuzione del c.d. premio
 di  maggioranza)  il riparto dei seggi tra le varie liste o gruppi di
 liste e' avvenuto con il criterio proporzionale.
   Se pero'  -  prosegue  il  tribunale  rimettente  -  l'intento  del
 legislatore  e'  stato  quello  di  garantire una stabile maggioranza
 consiliare in appoggio al sindaco per  assicurare  la  governabilita'
 dell'ente  locale,  si  appalesa irragionevole che l'attribuzione del
 premio di maggioranza avvenga al primo turno solo nell'ipotesi in cui
 la lista o le liste collegate al sindaco  abbiano  superato  in  tale
 turno   il   50%  dei  voti  validi  e  non  anche  nell'ipotesi  del
 conseguimento  di  una  maggioranza  relativa,  o  di  un   risultato
 minoritario, con il conseguente pieno dispiegarsi di quell'effetto di
 trascinamento  sotteso all'obbligo di collegamento e al nuovo sistema
 di elezione  diretta  del  sindaco.    Se  la  ratio  del  premio  di
 maggioranza  risiede  nella  stabilita'  dell'azione amministrativa -
 osserva  il  tribunale  rimettente  -  "sfugge  la comprensione delle
 ragioni per cui alla lista o all'aggregazione di liste  collegate  al
 sindaco  eletto  al  primo  turno che abbia conseguito o un risultato
 minoritario o, addirittura, la maggioranza relativa, ...  com'e'  nel
 caso di specie, non debba essere attribuito quell'incremento di seggi
 atto   a   dare  al  comune  una  stabile  amministrazione".  Ne'  la
 discrezionalita' legislativa trova, in tale ipotesi,  una  plausibile
 giustificazione    nell'interesse    al    rispetto   del   principio
 proporzionalistico e di  uguaglianza  del  voto  (in  relazione  alla
 possibilita'  del  voto  disgiunto), interesse da ritenersi recessivo
 rispetto all'interesse poziore perseguito dal nuovo ordinamento volto
 a favorire  la  costituzione  di  solide  maggioranze  consiliari  di
 sostegno dell'esecutivo, quale emanazione del sindaco.
   Vi   sarebbe   poi  disparita'  di  trattamento  sotto  il  profilo
 dell'ingiustificata equiparazione di situazioni non omogenee:  quella
 in  cui la coalizione di liste a sostegno del sindaco eletto al primo
 turno non abbia conseguito il 50% dei voti validi, pur riportando  la
 maggioranza  relativa,  e  quella  in  cui  il  gruppo  di  liste che
 appoggiano  il  sindaco  eletto  nel  turno  di  ballottaggio   abbia
 riportato  un  numero  di  suffragi  inferiore alla lista o gruppo di
 liste antagonista che ha conseguito al  primo  turno  la  maggioranza
 assoluta.  Solo  nel secondo caso sarebbe rinvenibile una ragionevole
 giustificazione   dell'esclusione   dell'effetto   di   trascinamento
 conseguente all'attribuzione del premio di maggioranza.
   Un  ulteriore  profilo  di  disparita'  di trattamento emerge poi -
 secondo il tribunale rimettente - comparando la disciplina del  primo
 e  del  secondo  turno.  Ed  infatti  nel  turno di ballottaggio, non
 prevedendo la norma nulla in ordine al livello di consensi  che  deve
 ottenere  la  lista  o  l'aggregazione  di  liste raccordatasi con il
 sindaco eletto, ben puo' verificarsi il caso che tale lista o  gruppo
 di   liste   collegate,  pur  ottenendo  meno  voti  delle  liste  di
 opposizione, ottenga  piu'  seggi;  in  tal  caso  l'alterazione  del
 principio  della  parita'  dei  voti  espressi  trova una spiegazione
 nell'intento del legislatore di  garantire  una  stabile  maggioranza
 consiliare  in  appoggio  al  sindaco,  a  favore  della  cui nomina,
 principalmente, si e' espresso il corpo elettorale. Invece - prosegue
 il tribunale rimettente - non si comprende perche' nella elezione del
 sindaco al primo turno debba ritenersi  necessaria  per  la  lista  o
 gruppo  di  liste  collegate al sindaco la maggioranza qualificata ai
 fini dell'attribuzione del 60%  dei  seggi,  e  non  gia'  l'identico
 livello  di  consensi  (che  la  legge non specifica) previsto per il
 secondo turno.
   2. - Si sono  costituiti  Nodari  Lenaro  ed  altri  aderendo  alla
 prospettazione   dell'ordinanza   di   rimessione   e  domandando  la
 dichiarazione di incostituzionalita' della disposizione censurata.
                         Considerato in diritto
   1. - E'  stata  sollevata  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale  -  in  riferimento  agli  artt.  3,  primo comma, 48,
 secondo comma, e 97 della Costituzione - dell'art. 7, comma 6,  della
 legge  25  marzo  1993,  n.  81  (Elezione  diretta  del sindaco, del
 presidente della provincia, del consiglio comunale  e  del  consiglio
 provinciale)  nella  parte  in  cui  richiede  il conseguimento della
 maggioranza assoluta (con le parole ma abbia superato il 50% dei voti
 validi) quale condizione per l'attribuzione del  60%  dei  seggi  del
 consiglio  comunale  in  favore  delle  liste  o  del gruppo di liste
 collegate  al  candidato  proclamato  sindaco  al  primo  turno.   In
 particolare   il   giudice  rimettente  sospetta  la  violazione  dei
 parametri indicati sotto un triplice profilo: a) non viene attribuita
 (negandosi l'assegnazione del  premio  di  maggioranza)  una  stabile
 maggioranza al sindaco eletto al primo turno, ancorche' nessuna delle
 liste  o gruppi di liste che si sono contrapposte al candidato eletto
 sindaco abbiano ottenuto la maggioranza assoluta, e quindi non  viene
 assicurata la governabilita' dell'ente locale; b) vengono trattate in
 modo  eguale  situazioni diseguali che richiederebbero una disciplina
 differenziata (quella in cui la coalizione di liste  a  sostegno  del
 sindaco  eletto  al primo turno non abbia conseguito piu' del 50% dei
 voti validi, pur riportando la maggioranza relativa, e quella in  cui
 il  gruppo  di  liste  che  appoggiano il sindaco eletto nel turno di
 ballottaggio abbia riportato un numero  di  suffragi  inferiore  alla
 lista  o gruppo di liste antagonista che ha conseguito al primo turno
 la  maggioranza  assoluta);  c)  si  determina  una   disparita'   di
 trattamento  della  lista  o  gruppo  di liste collegate al candidato
 eletto sindaco  perche',  in  presenza  di  una  stessa  esigenza  di
 assicurare  la  governabilita'  dell'ente  locale,  e'  prevista  una
 disciplina piu' favorevole per il secondo turno che non per il primo,
 richiedendosi solo per quest'ultimo il requisito  del  raggiungimento
 della  maggioranza  assoluta,  laddove  nel caso di ballottaggio puo'
 conseguire il premio di maggioranza,  perche'  collegata  al  sindaco
 eletto,  una lista riuscita largamente minoritaria, cosi' che, mentre
 nel primo turno vi  e'  una  mera  integrazione  di  una  maggioranza
 assoluta  gia'  conseguita, invece nel secondo turno vi e' (o vi puo'
 essere)   una   ben   piu'   sensibile   alterazione   del   criterio
 proporzionale.
   2. - La questione non e' fondata.
   2.1.  - Innanzi tutto non e' leso il principio dell'eguaglianza del
 voto (art. 48, comma 2, della Costituzione),  giacche'  questo  esige
 che   l'esercizio   del  diritto  di  elettorato  attivo  avvenga  in
 condizioni di parita', donde il divieto del voto multiplo o  plurimo,
 ma  non  anche  che  il  risultato  concreto  della manifestazione di
 volonta' dell'elettorato sia proporzionale  al  numero  dei  consensi
 espressi,  dipendendo  questo  invece  dal concreto atteggiarsi delle
 singole leggi elettorali (sent. nn. 39 del 1973,  6,  60  e  168  del
 1963,  43  del  1961);  fermo  restando  in ogni caso il controllo di
 ragionevolezza.
   2.2. - Ne'  e'  leso  il  principio  di  eguaglianza,  non  essendo
 comparabili  il  primo turno di votazioni ed il turno di ballottaggio
 che rispondono a logiche diverse.
   Nel primo turno l'elettorato e' chiamato ad esprimersi  sia  per  i
 candidati alla carica di sindaco, sia per le liste che concorrono per
 la composizione del consiglio comunale. Quindi, ancorche' espresso in
 un'unica  scheda,  il  voto  e'  doppio  e,  secondo  una  precisa  e
 consapevole opzione del legislatore, puo' essere anche disgiunto, nel
 senso che e' possibile che l'elettore voti per un  candidato  sindaco
 e, contemporaneamente, per una lista ad esso non collegata.
   L'ammissibilita'  del  voto disgiunto comporta conseguentemente che
 e' ben possibile che in consiglio vi sia una maggioranza contrapposta
 al sindaco, come anche che vi sia una situazione  di  equilibrio  tra
 consiglieri  eletti  nella lista o nelle liste collegate al sindaco e
 consiglieri eletti in altre liste. Il legislatore, con una scelta che
 rientra  nell'ambito  della  sua discrezionalita', ha deliberatamente
 escluso  di  assicurare  comunque  la  maggioranza  in  consiglio  al
 candidato  eletto  sindaco,  il  quale  quindi  non puo' adagiarsi (e
 puntare esclusivamente) sul suo prestigio personale, ma e'  stimolato
 a   collegarsi   a   liste   che   abbiano   un   effettivo  consenso
 nell'elettorato. Il sindaco "forte" (perche' eletto al primo  turno),
 ma  collegato  ad  una  lista  "debole"  (nel senso che non raggiunge
 anch'essa la maggioranza dei consensi al  primo  turno),  risulta  in
 qualche  modo  penalizzato  (come  si  e' fatto cenno nel corso della
 discussione parlamentare) per un collegamento rifiutato da una  parte
 del suo elettorato che, pur votando lui, non ha pero' votato anche la
 sua  lista  o  addirittura  ha  votato per una lista contrapposta. In
 questa situazione  il  sindaco  dovra'  cercare  una  maggioranza  in
 consiglio  perche'  l'elettorato, utilizzando la possibilita' di voto
 disgiunto, non gliel'ha assicurata. Ed il legislatore ha ritenuto  di
 non  alterare tale situazione che riflette il possibile (e legittimo)
 scostamento tra il  livello  dei  consensi  confluiti  sul  candidato
 sindaco  e  quelli  raccolti  dalla  lista  (o  dalle  liste) ad esso
 collegata.
   E' invece rispettosa della logica del  voto  disgiunto  la  modesta
 correzione  rappresentata dal premio di maggioranza operante al primo
 turno che - come ha esattamente rilevato il  tribunale  rimettente  -
 vale  solo  a  rafforzare  una  maggioranza assoluta gia' conseguita;
 peraltro  solo  eventualmente  (perche'  non  opera  non  solo  se  a
 conseguire  la maggioranza assoluta sia stata una lista non collegate
 al sindaco, ma anche se la lista collegata abbia conseguito gia' piu'
 del 60% dei voti validi) ed in misura mobile (perche' fa pari al  60%
 ogni percentuale di maggioranza assoluta inferiore a tale livello).
   2.3.  -  Nel  turno  di ballottaggio, invece, la prospettiva cambia
 sensibilmente.
   Non c'e' piu' la possibilita' di voto disgiunto,  perche'  si  vota
 soltanto  il  candidato  sindaco  collegato  ad  una  o  piu'  liste.
 L'elettore quindi non puo' piu' esprimere il consenso  al  candidato,
 contemporaneamente,  pero',  bocciando  il  collegamento dal medesimo
 prescelto: la sua manifestazione di volonta' e' necessariamente unica
 e quindi piu' non sussiste alcun ostacolo intrinseco a valorizzare il
 collegamento - nuovamente espresso in questo secondo  turno  mediante
 l'abbinamento  grafico tra il nome del candidato sindaco ed i simboli
 delle liste a lui collegate - al fine di introdurre  un  piu'  rigido
 effetto  di trascinamento attribuendo alla lista collegata al sindaco
 la maggioranza assoluta dei seggi  nella  percentuale  del  60%  come
 premio  di  maggioranza. Salva solo in questo caso l'ipotesi del gia'
 avvenuto conseguimento, nel primo turno, della  maggioranza  assoluta
 da  parte di una lista non collegata al sindaco, eccezione questa che
 rappresenta la residua proiezione, anche nel turno  di  ballottaggio,
 dell'esigenza di tener conto del voto disgiunto.
   Inoltre  la evenienza in cui il premio di maggioranza e' attribuito
 al turno di ballottaggio e' - per definizione  -  quella  in  cui  il
 corpo  elettorale  si  presenta particolarmente frammentato posto che
 ne' alcun candidato sindaco,  ne'  alcuna  lista  hanno  ottenuto  la
 maggioranza  assoluta  dei voti validi al primo turno. Frammentazione
 che invece  manca  nel  caso  in  cui  gia'  il  primo  turno  riveli
 l'esistenza  di un candidato sindaco "forte" che riesce a raggiungere
 la maggioranza assoluta dei consensi, e l'esistenza, insieme, di  una
 lista   a  lui  collegata  altrettanto  "forte"  per  aver  anch'essa
 conseguito la maggioranza assoluta.  Frammentazione  che  neppure  si
 verifica  nella ipotesi che vede contrapporsi ad un candidato sindaco
 "debole", perche' costretto a ricorrere al ballottaggio, una lista di
 opposizione  "forte",  tanto  da  avere  conseguito  la   maggioranza
 assoluta  al  primo  turno.  E' questo carattere frammentato del voto
 espresso  al  primo  turno  che  vale  a  connotare  e  differenziare
 ulteriormente  il  turno di ballottaggio con premio di maggioranza; e
 conseguentemente giustifica una diversa valutazione  del  legislatore
 che,   consentendo  nuovi  collegamenti  e  prevedendo  un  ben  piu'
 sostanzioso premio di maggioranza, mira ad  incentivare  nel  secondo
 turno una aggregazione delle forze in campo piu' accentuata di quella
 rivelatasi insufficiente al primo turno.
   In  conclusione non sono comparabili, al fine dell'attribuzione del
 premio  di  maggioranza,  le  due  situazioni   raffrontate:   quella
 dell'elezione  del  sindaco al primo turno (in cui c'e' il voto anche
 per una lista; c'e' la possibilita' del  voto  disgiunto  e  c'e'  la
 competizione  di  piu' liste e piu' candidati) e quella dell'elezione
 del sindaco al turno di ballottaggio (in cui il voto e' unico; non si
 votano  le  liste  collegate  e  sono   parimenti   possibili   nuovi
 collegamenti; i candidati sono solo due).
   D'altra  parte  la  coerenza  del  disegno complessivo emerge anche
 dall'andamento dei lavori parlamentari, i quali mostrano che,  quando
 il  voto  disgiunto  non  era  previsto  (ed  anzi  era espressamente
 comminata la sua nullita' in un primo testo unificato,  elaborato  in
 seno alla prima commissione permanente della camera: art. 7, comma 4,
 del  testo  presentato nella seduta del 31 luglio 1992), il premio di
 maggioranza operava allo stesso modo al primo turno ed  al  turno  di
 ballottaggio.   Una volta ammesso il voto disgiunto al primo turno e'
 stato necessario,  per  coerenza  intrinseca  della  scelta  operata,
 distinguere   anche  il  premio  di  maggioranza  tra  i  due  turni,
 riducendolo sensibilmente al primo  turno  per  lasciarlo  nella  sua
 originaria   consistenza   ed   effettivita'  soltanto  al  turno  di
 ballottaggio.
   2.4. - Neppure sussiste la violazione del canone del buon andamento
 della   pubblica   amministrazione,   unitamente   a   quello   della
 ragionevolezza.
   Una  volta  che  non  e'  contestata  -  come  il giudice a quo non
 contesta - la legittimita'  costituzionale  del  principio  del  voto
 disgiunto,  e si ammette che l'adozione di tale principio rientra nei
 possibili modelli elettorali che il legislatore puo',  nell'esercizio
 della   sua   discrezionalita',   disegnare,   deve   necessariamente
 riconoscersi anche che la  governabilita'  dell'ente  locale  non  e'
 assunta  come  un  valore  assoluto,  ma  e'  apprezzata  come valore
 specificamente  tutelabile  (giustificandosi   la   alterazione   del
 criterio  proporzionale) soltanto nel caso, di maggior allarme, della
 frammentazione dei consensi  espressi,  che  e'  quello  del  sindaco
 "debole"  collegato  ad  una  o  piu' liste "deboli" (nel senso sopra
 precisato). D'altra parte, che la governabilita' non  sia  un  valore
 assoluto  e'  dimostrato proprio dall'ipotesi, che puo' verificarsi e
 della cui legittimita' non  si  dubita,  della  maggioranza  assoluta
 conseguita  (al primo turno) dalla lista contrapposta, o comunque non
 collegata,  al  candidato  eletto  sindaco. In questo caso (in cui il
 rischio della c.d. "ingovernabilita'" e' massimo) il  sindaco,  salva
 la  facolta'  di  dimettersi  cosi'  provocando  lo  scioglimento del
 consiglio, deve convivere con una maggioranza a se' contrapposta;  ma
 cio'   e'  conseguenza  della  divaricazione  del  consenso  espresso
 dall'elettorato  con  il  voto  disgiunto,  divaricazione,   che   il
 legislatore  intende  rispettare  per  non  premiare  (se non proprio
 penalizzare, come si e' prima ricordato: paragrafo  2.2)  il  sindaco
 che si e' collegato alla lista che non riscuote sufficienti consensi.
   A  maggior  ragione non contrasta con i parametri evocati l'ipotesi
 (considerata  dal  giudice  rimettente)  in   cui   il   rischio   di
 "ingovernabilita'"   e'  minore  perche'  non  c'e'  una  maggioranza
 precostituita favorevole al sindaco, ma neppure ce n'e'  una  di  una
 lista  contrapposta  o  non collegata. Maggiori quindi sono gli spazi
 per la mediazione politica, ferma  restando  anche  in  tal  caso  la
 facolta' di dimissioni con conseguente scioglimento del consiglio.
   3.  - La affermata esclusione della violazione sia del principio di
 eguaglianza e di ragionevolezza, sia di  quello  del  buon  andamento
 dell'amministrazione  pubblica non vuol dire, anche, che l'articolato
 disegno complessivo del legislatore (frutto  di  un  ampio  dibattito
 parlamentare  proprio  in  ordine alle condizioni di operativita' del
 premio di maggioranza) sia privo di inconvenienti in linea  assoluta;
 anzi  si  deve  ammettere che possono derivarne situazioni al limite,
 nelle quali tali inconvenienti assumono particolare  rilevanza,  come
 appunto  si  e'  verificato  nel  caso  di specie, nel quale la lista
 collegata al candidato eletto sindaco al primo turno ha  mancato  per
 pochi  voti  la  maggioranza  assoluta,  ma  ha  pur  sempre ottenuto
 un'ampia maggioranza relativa,in presenza della quale  puo'  apparire
 una   forzatura   logica   ravvisare   una   bocciatura,   da   parte
 dell'elettorato, del collegamento tra il  sindaco  e  la  sua  lista.
 Tuttavia la ragionevolezza del sistema va valutata globalmente, e nel
 suo  insieme,  e  non  gia'  isolando  ipotesi limite che enfatizzano
 inconvenienti soltanto di fatto che possono verificarsi,  ma  che  di
 per   se'   non   inficiano  la  logica  complessiva  del  meccanismo
 elettorale.  Tanto  piu'  quando  si  tratta  di  inconvenienti   che
 risultano  avvertiti,  anche  ripetutamente,  nel  corso  dei  lavori
 parlamentari, ma evidentemente giudicati recessivi in sede di  scelta
 finale  del  sistema ritenuto migliore dal legislatore nell'esercizio
 della sua discrezionalita'.
   Certamente  possono  ipotizzarsi  condizioni  meno   rigorose   per
 l'attribuzione  del  premio  di  maggioranza al primo turno, quale il
 conseguimento della maggioranza relativa (invece che assoluta) ovvero
 di una meno elevata percentuale di voti (ed infatti,  nel  corso  dei
 lavori  parlamentari,  prima che fosse varato il testo poi approvato,
 la condizione richiesta era costituita  dal  conseguimento  del  40%,
 invece  che del 50%, dei voti validi: cfr. emendamento 7.89 nel testo
 presentato nella seduta del 21 ottobre 1992  della  menzionata  prima
 Commissione permanente della Camera). Ed e' probabile che in tal modo
 i  possibili  inconvenienti  diminuirebbero;  e'  certo  pero' che si
 ridurrebbe anche il rispetto della  volonta'  dell'elettorato  quanto
 alla  possibile  bocciatura  del  collegamento  del  candidato eletto
 sindaco. In realta', come si e' gia' accennato, si tratta  di  moduli
 diversi,  alternativi a quello recepito dalla disposizione censurata,
 la eventuale adozione dei quali e' rimessa alla discrezionalita'  del
 legislatore, in quanto implicano la collocazione lungo piu' possibili
 linee  del  delicato bilanciamento tra la previsione (ed il rispetto)
 del voto disgiunto e la  correzione  dei  suoi  effetti  mediante  un
 meccanismo   di   rettifica  in  senso  maggioritario  con  incidenza
 variabile a seconda della linea di bilanciamento prescelta.