IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  di  rinvio  degli  atti  alla
 Corte  costituzionale  letti  gli  atti  del  procedimento n. 1338/95
 r.g.g.i.p.  nei confronti di:
     1) D'Agostini Lionello nato il  6  ottobre  1943  a  Campoformido
 (Udine), ivi residente, via 11 Febbraio n. 58;
     2)  Tomada  Franco  nato  il  2  settembre  1934  a Campoformiodo
 (Udine), residente a Lestizza;
     3) Petris Giovanni nato il 15 giugno 1955  a  Povoletto  (Udine),
 residente  a  Campoformido (Udine), via della Roggia n. 10/2; persone
 sottoposte ad indagini nella loro qualita' di sindaci pro tempore del
 comune di Campoformido, il primo dal 21 luglio  1980  al  16  gennaio
 1987;  il secondo dal 17 gennaio 1987 al 12 luglio 1990; il terzo dal
 13 luglio 1990 sino al 25 ottobre 1994, in ordine:
     1) a piu' scarichi fognari in  corso  d'acqua  superficiale,  nel
 territorio   del   comune   di  Campoformido,  in  assenza  di  alcun
 trattamento depurativo, in assenza di impianto di depurazione, ovvero
 in presenza di depuratore non  funzionante,  eccedente  i  limiti  di
 accettabilita'  stabiliti  dalla  tabella  A  allegata  alla legge n.
 319/76: scarichi avvenuti in data: 17  settembre  1992;  18  dicembre
 1992; 24 dicembre 1992; 11 maggio 1993; 21 aprile 1993;
     2)  all'attivazione  degli scarichi predetti in assenza di alcuna
 richiesta di autorizzazione;
   Vista la richiesta del pubblico  ministero  pervenuta  in  data  20
 febbraio  1995 che instava per il giudizio di costituzionalita' degli
 artt. 3 e 6  d.-l.  16  gennaio  1995  n.  9  e,  in  subordine,  per
 l'archiviazione  del procedimento non essendo il fatto previsto dalla
 legge come reato, ai sensi dell'art. 554 codice procedura penale;
   Premesso in fatto che  dalle  relazioni  di  analisi  eseguite  dal
 Servizio  chimico  ambientale del presidio multizonale di prevenzione
 di Udine emergeva il superamento  alla  data  dei  campionamenti  (17
 settembre  1992; 18 dicembre 1992; 24 dicembre 1992; 21 aprile 1993 e
 11 maggio 1993) da parte delle acque  di  scarico  provenienti  dagli
 impianti  fognari  comunali  di Campoformido, fraz. Basaldella e loc.
 Passons, mai autorizzati,  dei  limiti  di  accettabilita'  previsti,
 eccedendo  piu'  paramentri  tanto i limiti posti dalle tabelle A e C
 allegate alla legge n. 319 cit. quanto il limite della tabella A1 del
 Piano   generale   di   risanamento   delle   acque   della   regione
 Friuli-Venezia Giulia;
   Premesso  altresi'  che gli accertamenti esperiti originati pure da
 plurime denunce di privati, hanno consentito di rinvenirne  la  causa
 nella  presenza  in localita' Basaldella di quattro scarichi di acque
 cloacali  non  trattati  direttamente  (essendo  i   due   depuratori
 installati  inattivi) e sfocianti nell'alveo del torrente Cormor, con
 conseguenti vistosi fenomeni di inquinamento idrico (vds.  consulenza
 tecnica  dd.  4  febbraio 1993 del dott. Giorgio Barbina con allegato
 fascicolo fotografico);
   Premesso  altresi'  che  dalle  recenti indagini disposte da questo
 ufficio in data 19 gennaio 1996 ed evase dal pubblico  ministero  con
 restituzione degli atti in data 6 febbraio 1996, emergeva che in data
 18   settembre   1971,  7  novembre  1980  e  16  dicembre  1983  con
 deliberazioni del consiglio comunale di Campoformido nn. 59,  54/2  e
 166 venivano approvati i progetti per le fognature rispettivamente di
 Villa Primavera, del capoluogo (per cio' che concerne via Grazzano) e
 Basaldella - San Sebastiano, progetti successivamente eseguiti;
                             O s s e r v a
   La  condotta sopra descritta, in virtu' di un consolidato indirizzo
 giurisprudenziale interpretativo degli artt.  1,  9  e  14  legge  n.
 319/1976,   appariva   suscettibile   di   integrare  la  fattispecie
 penalmente sanzionata dall'art. 21, terzo  comma,  legge  cit.  sulla
 base dell'assunto che tutti gli scarichi (da insediamenti produttivi,
 da  insediamenti civili nuovi non recapitanti in pubblica fognatura e
 derivanti  da   pubblica   fognatura)   devono   essere   autorizzati
 espressamente  e  specificamente ex art. 21, primo comma, legge cit.,
 con la generalizzata necessita', la cui omissione e'  punita  appunto
 dall'art.   21,   terzo   comma,  del  rispetto  degli  standards  di
 accettabilita' legislativi, una volta cessato il  regime  transitorio
 di  adeguamento  graduale degli scarichi nei tempi e nei modi fissati
 dai  singoli  P.G.R.A.,  limiti  gia'  integrabili  dalla  disciplina
 regionale  ai  sensi  dell'art.  14  legge  cit.  solo  in senso piu'
 restrittivo (cfr. Cass. 2 febbraio 1994 n. 1215,  ric.   p.m.  contro
 Vannicola;  Cass.  25 giugno 1993 n. 958, ric. p.m. contro Bruschini;
 Cass. 25 giugno 1993 n. 963, ric. Battistessa piu' 1; Cass.  3  marzo
 1992  n. 2331, ric. p.m. contro Aloisi, specificamente pronunciate in
 materia di scarichi di pubbliche fognature).
   Il  sistema  e'  stato  profondamente  alterato   dalle   modifiche
 successivamente  apportate  da  una serie di norme che, a partire dal
 d.-l. 15 novembre 1993 n. 454 perpetuato sino al d.-l. 17 marzo  1995
 n.  79,  finalmente  convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172, erano
 primariamente dirette a ridisciplinare  proprio  gli  scarichi  delle
 pubbliche  fognature  (e degli insediamenti civili che non recapitano
 in pubbliche fognature), pur  essendosi  ampliate,  nel  corso  delle
 varie  novellazioni,  ad introdurre sostanziose immutazioni pure agli
 scarichi da insediamenti produttivi.
   In particolare, per quanto qui rileva, da un lato l'art.  1,  d.-l.
 n.  79/1995, sostituendo l'art. 14, secondo comma, legge n. 319/1976,
 ha mantenuto l'attribuzione  in  capo  alle  regioni  del  potere  di
 disciplinare  gli  scarichi  delle  pubbliche  fognature  in  sede di
 redazione  dei  rispettivi  piani   di   risanamento   delle   acque,
 conformandosi ai dettami della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del
 21  maggio  1991  (escluso  il  potere  di  incidere  sui  limiti  di
 accettabilita' definiti "inderogabili", per  i  parametri  di  natura
 tossica,  persistente e bioaccumulabile) e salva l'applicabilita', in
 via transitoria e nelle more di tale definizione, delle  prescrizioni
 gia'  adottate  e,  in  particolare,  delle  direttive presenti nella
 delibera 30 dicembre 1980 del  Comitato  interministeriale  (art.  1,
 terzo comma, d.-l. n. 79/1995); dall'altro lato l'art. 3 del d.-l. in
 esame, sostituendo in toto l'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976,
 ha   depenalizzato    l'inosservanza  dei  limiti  di  accettabilita'
 stabiliti dalle regioni ai sensi del (nuovo) art. 14, secondo  comma,
 per tale condotta introducendo una sanzione amministrativa pecuniaria
 da  lire  tre  milioni  a  lire trenta milioni, inapplicabile secondo
 quanto  stabilito  dalla  legge  di  conversione  "nei  confronti dei
 pubblici  amministratori  che  alla  data   di   accertamento   della
 violazione  dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati
 alla depurazione delle acque".
   Trattasi  di  disposizione  che,  per  quest'ultima  parte,  pareva
 affetta  da  gravi e plurimi vizi di legittimita' costituzionale, per
 violazione degli artt. 3, 9, secondo camma, 32, 10, 25, secondo comma
 e 77 della  Costituzione,  gia'  sottoposti  al  vaglio  della  Corte
 costituzionale  con  ordinanza  di  questo  ufficio  dd. 6 marzo 1995
 (iscritta al n.  264 R.O.) in relazione all'allora  vigente  art.  3,
 primo  comma,  decreto-legge  16  gennaio  1995  n.  9,  recentemente
 restituita per un nuovo esame della  rilevanza  della  questione  nel
 giudizio principale (Corte costituzionale ord. 15/29 dicembre 1995 n.
 535)   attesa  la  mancata  conversione  in  legge  nei  termini  del
 decreto-legge n. 9/1995 e  le  modifiche  introdotte,  appunto,  alla
 complessiva  disciplina  dal  sopravvenuto  decreto-legge n. 79/1995,
 convertito in legge n. 172/1995.
   Rileva sul punto questo ufficio che  il  tenore  della  norma  gia'
 precedentemente    impugnata   per   vizio   di   legittimita'   pare
 identicamente riprodotta nella sua sostanza dall'art. 3, primo comma,
 d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995 n.  172
 che,  salvo  alcune  modifiche  ininfluenti ai fini in esame ("... e'
 punita con la sanzione amministrativa da  lire  tre  milioni  a  lire
 trenta  milioni"  anziche'    "...  e'  punita  con  la sola sanzione
 amministrativa da lire tre  milioni  a  lire  trenta  milioni,  salvo
 diversa    disposizione   della   legge   regionale")   ha   ribadito
 l'intervenuta depenalizzazione del  superamento  dei  limiti  fissati
 dalle  regioni  (e  nelle  more  di  tale fissazione di quelli sinora
 vigenti),  fatta  eccezione  per  i  parametri  di  natura   tossica,
 persistente  e bioaccumulabile (che, peraltro, non vengono in rilievo
 nella presente vicenda) e  l'applicabilita'  a  tali  condotte  della
 sanzione  amininistrativa  nella  misura su indicata:  scelta che, in
 virtu' dell'autorevole orientamento  interpretativo  della  Corte  di
 cassazione   (S.U.   27  giugno  1994  n.  7394),  comporta  altresi'
 l'esenzione  da  qualsiasi  sanzione  (sia  di  natura   penale   che
 amministrativa)  per  i  fatti  di violazione dei limiti tabellari da
 parte dei titolari delle pubbliche fognature  consumati  sino  al  17
 marzo   1995   (data   di   scadenza  dell'ultimo  decreto-legge  non
 convertito) atteso il tenore dell'art.1 legge n. 689/1981 e l'assenza
 di ogni disposizione transitoria nella  legge  n.  172/1995  tale  da
 rendere  applicabile  anche  per  il passato, ai fatti commessi prima
 dell'entrata  in  vigore  del  decreto-legge  n.  79/1995,  la  nuova
 sanzione amministrativa prevista dall'art. 3, primo comma, sicche' le
 condotte  di  tal  natura  mantenute sino al 17 marzo 1995 resteranno
 indenni da ogni sanzione, sia essa penale sia amministrativa.
   Alla luce, pertanto, delle modifiche solo  formali  presenti  nella
 legge ora in vigore, si valuta di riproporre in termini rafforzati la
 questione   di   costituzionalita'   di   tale  norma,  qui  reputata
 ininfluente l'introduzione nell'art. 3,  primo  comma,  ultima  parte
 legge   n.   172/1995   in   sede   di  conversione  della  causa  di
 inapplicabilita'  della  sanzione   "nei   confronti   dei   pubblici
 amministratori   che  alla  data  di  accertamento  della  violazione
 dispongano  di  progetti  esecutivi  cantierabili  finalizzati   alla
 depurazione  delle  acque",  riferendosi,  la  stessa  a parere della
 scrivente,   all'inapplicabilita' della nuova sanzione amministrativa
 sulla quale l'Autorita' giudiziaria non ha alcuna  competenza  e  non
 gia'  di  una  sanzione  penale  (che non viene piu' in rilievo per i
 fatti pregressi ai sensi dell'art. 2, secondo comma, cod. pen.),  qui
 contestandosi la scelta legislativa di fondo di degradare ad illecito
 amministrativo  la  condotta,  sicche'  solo nell'eventualita' di una
 preliminare declaratoria di illegittimita' della norma  la  questione
 della  cantierabilita'  dei  progetti  di depurazione potra' assumere
 attualita' nel giudizio penale; e reputata  altresi'  irrilevante  la
 questione  dell'inammissibilita'  dell'apparente  impugnazione di una
 norma penale di favore, atteso che l'intervento domandato alla  Corte
 non   mira   alla  creazione  di  una  nuova  fattispecie  penale  ma
 all'eliminazione di un (supposto) regime di favore per una  categoria
 di  persone  -  pubblici  amministratori  - introdotto in deroga alla
 disciplina generale, ripristinando pure per essi  un  reato  previsto
 dalla   norma   previgente  di  cui  qui  si  denuncia  l'irrazionale
 abrogazione e modifica, sotto il vigore della quale la  condotta  era
 stata  tenuta (comunque ante 15 settembre 1993), sicche' neppure puo'
 porsi un problema di assenza dell'elemento soggettivo del reato e  di
 buona fede in capo alle persone sottoposte ad indagni.
   Non   si   valuta,  al  contrario,  di  ripresentare  la  questione
 originaria di legittimita' dell'art. 6, secondo comma,  decreto-legge
 n. 9/1995, pur sostanzialmente riprodotto dall'art. 6, secondo comma,
 decreto-legge n. 79/1995, convertito in legge n. 172/1995, attesto il
 tenore  del  nuovo  art.  9, ult. comma, legge n. 319/1976 introdotto
 dall'art.  6, primo comma, legge n. 172/1995 che equipara al rilascio
 dell'autorizzazione  allo  scarico  l'approvazione  dell'impianto  di
 pubblica  fognatura, nel caso intervenuto, per quanto gia' precisato,
 in date ben precedenti all'accertamento degli scarichi.
   La questione di costituzionalita' dell'art. 3, primo  comma,  prima
 parte,  d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995
 n. 172 si ripropone, invece, per i seguenti motivi.